«Il senso della vita religiosa è seguire Cristo servendo le nostre comunità e la società intera»

L'arcivescovo Maffeis alla celebrazione in cattedrale della Giornata della Vita Consacrata

(Testo integrale)

Omelia arcivescovo Maffeis celebrazione Giornata della Vita Consacrata 2024 in cattedrale

 

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Si è tenuta nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, il 2 febbraio, giorno in cui la Chiesa fa memoria della Presentazione del Signore, la celebrazione eucaristica della Giornata della Vita Consacrata presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme al vicario generale mons. Simone Sorbaioli, al vicario episcopale per la Vita Consacrata mons. Vittorio Gepponi, all’arciprete della cattedrale mons. Fausto Sciurpa, ai canonici e a diversi religiosi sacerdoti.

Allietata dal Coro diocesano “Voci di Giubilo” diretto da don Alessandro Scarda, questa celebrazione, da sempre molto sentita e partecipata, ha visto in San Lorenzo una significativa rappresentanza di comunità e congregazioni religiose, di vita consacrata e giovani in discernimento vocazionale attorno al loro Pastore Ivan, che ha avuto parole di incoraggiamento e di gratitudine per la missione da loro svolta al servizio della Chiesa e delle comunità locali.

«La solenne processione con cui abbiamo aperto la nostra celebrazione – ha esordito mons. Maffeis all’omelia – ha espresso in maniera eloquente il senso della vita religiosa: è un seguire – con le lampade accese della fede e della carità – il Cristo, Crocifisso e Risorto, l’unico “sommo sacerdote misericordioso e degno di fede”, come ci ha ricordato la Lettera agli Ebrei. A questa processione sentiamo spiritualmente partecipi anche le claustrali, come pure tutti i consacrati e le consacrate che, per ragioni di età e di salute, sono impossibilitati a essere qui con noi.

“Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace…”.

Le parole del vecchio Simeone sulle nostre labbra potrebbero risuonare come una resa, davanti a una stagione vocazionale che ci costringe a rivedere radicalmente la presenza diffusa di ieri. È un processo che porta a chiudere conventi, a lasciare città e borghi, a volte in un silenzio desolante; sono partenze che impoveriscono l’intero territorio, privandolo di quel segno di radicalità evangelica a cui la vita religiosa rimanda. Dietro a questo lasciare ci sono, inoltre e soprattutto, le storie delle persone, di uomini e donne che hanno lasciato la barca e le reti e ad abbracciare i consigli evangelici; c’è, quindi, la storia della vocazione di ciascuno, le persone incontrate, gli innumerevoli servizi assicurati dai vostri carismi alle nostre famiglie, alle nostre comunità e alla società nel suo complesso».

L’arcivescovo ha poi esortato i religiosi e le religiose «a non smarrire la dimensione contemplativa, a tener fissare lo sguardo su Gesù: su Colui che – come diceva ancora la Lettera agli Ebrei – “proprio per essere stato messo alla prova e aver sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”. Lo sappiamo per esperienza: se ci chiudiamo sulle nostre preoccupazioni e sulle nostre difficoltà, sui nostri problemi personali e comunitari, finiamo per smarrire il cuore di ciò che siamo; se contempliamo il Signore, se non smettiamo di fidarci di Lui con umiltà e gioia, manteniamo vivo quel fuoco, di cui parlava il profeta Malachia e che è all’origine della vocazione di ciascuno. Questo fuoco parla anche oggi nei vostri occhi, nel vostro cuore, nella disponibilità con cui vi relazionate agli altri, nell’amore che testimoniate alla Chiesa… Questo fuoco, propagandosi, porta la luce del Vangelo e potrà suscitare anche in altri una risposta vocazionale».

 

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