Omelia per la Solennità dell’Immacolata – Perugia, Istituto Don Bosco, 8 dicembre 2022

Un pensiero riconoscente a voi, amici dell’Istituto – in particolare al direttore, don Claudio Tuveri, e al Presidente, Fausto Santeusanio – come pure a quanti sono coinvolti nel cammino educativo salesiano, dove ai ragazzi si affiancano ex allievi/e.

Un paio di mesi fa, incontrandoci per la celebrazione dei cent’anni di presenza salesiana a Perugia, abbiamo ripreso l’intuizione, cara a don Bosco, dell’educazione come “cosa del cuore”. Con la vostra disponibilità a frequentare la vita dei ragazzi, ad ascoltarli e a lasciarvi coinvolgere, a mescolarvi a loro – amando ciò che loro stessi amano e divenendo nel contempo fra loro interpreti dell’amore di Dio e promotori della loro crescita umana – voi Salesiani ci avete testimoniato che non esistono “casi irrecuperabili”.

Riavvolgiamo, allora, un momento il nastro del tempo e torniamo a un altro 8 dicembre, quello del 1841. Don Bosco si sta preparando per celebrare la Messa, quando assiste a un episodio spiacevole, che in realtà segnò l’inizio dell’Oratorio. Il sagrestano aveva cercato invano di coinvolgere un ragazzo, Bartolomeo, a servire la Messa: davanti al rifiuto del giovane, l’altro si mise a picchiarlo, obbligandolo a fuggire. A questo punto, don Bosco lo fa richiamare e gli parla con dolcezza, scoprendo che aveva 16 anni ed era senza una famiglia, senza alcuna istruzione né scolastica né religiosa, ma con grande disponibilità a imparare. In quella prima lezione, don Bosco – dopo essersi inginocchiato a pregare un’Ave Maria – gli insegnò a fare il segno della croce…

“A Bartolomeo si aggiunsero altri giovani… – racconta il Santo – Pensai soprattutto a quelli che uscivano dal carcere. Toccai con mano che i giovani che riacquistano la libertà, se trovano un amico che si prenda cura di loro, sta loro accanto nei giorni festivi, trova per loro un lavoro presso un padrone onesto, li va a trovare qualche volta lungo la settimana, dimenticano il passato e cominciano a vivere bene. Diventano onesti cittadini e buoni cristiani”.

Veniamo ad oggi e lo facciamo con due passaggi di altrettante lettere, fra quelle che mi sono giunte dal carcere: “Padre, le chiedo aiuto e glielo chiedo davvero con il cuore in mano, in quanto provengo da un lungo periodo di detenzione e sto vivendo un profondo sconforto emotivo, che nasce dalla fatica a trovare un’occupazione. Sono un ottimo cuoco, pasticcere, piazzaiolo, giardiniere… Ho tanta volontà di adeguarmi a qualsiasi mansione lavorativa di cui lei abbia bisogno. Spero che accoglierà questo mio grido d’aiuto e se non riuscisse la ringrazio comunque di cuore” (F.). “Vescovo, so di aver sbagliato e le chiedo il perdono di Dio e un aiuto per non essere dimenticato per questa mia lunga carcerazione. Le chiedo di aiutarmi a poter lavorare, perché stando in cella inattivo penso sempre al mio reato e ne sto male moltissimo” (A.).

Sono testimonianze vive e “scomode”, che confermano la bontà dell’intuizione di don Bosco e del cammino che, sulle sue orme, avete intrapreso.

“Non possiamo avere Dio per Padre, se non abbiamo la Chiesa per Madre”, ripeteva il nostro Santo. E la maternità della Chiesa si esprime nel farsi accanto, nel condividere, nel sostenere, nell’offrire forme concrete di aiuto. Non dimentichiamoci di questi nostri fratelli, che hanno bisogno di trovare una porta aperta per non finire accartocciati nella disperazione. A volte mi chiedo dove sarei io, se non avessi trovato persone, che mi hanno offerto prospettive e percorsi di vita… Torna alla mente la cronaca della Festa dell’Immacolata del 1922: nelle cronache si sottolinea il raccoglimento e la devozione dei circa 200 giovani che quel giorno si accostarono alla Comunione, “dei quali gran parte, prima della venuta dei Salesiani a Perugia, preferiva alla Chiesa la strada”.

Il mistero che celebriamo – l’Immacolata concezione della Vergine – assicura che questa nostra storia, pur segnata dal “no” del male del peccato, rimane nelle mani di Dio e della sua Provvidenza. Nell’umiltà e nella disponibilità di Maria riconosciamo la vittoria di Dio e il “sì” di una nuova umanità, della quale chiediamo la grazia di poterne essere partecipi.