Omelia per la festa di S. Caterina, patrona dei ceramisti – Deruta, 25 novembre 2022

Un saluto cordiale ed affettuoso al vostro parroco, don Nazzareno, ai Sindaci – a partire da Michele Toniaccini – a ciascuno di voi, con una particolare attenzione a quanti operano nel settore pregiato della ceramica. Siamo qui a celebrare insieme la vostra patrona, S. Caterina, la cui vicenda – espressa anche negli affreschi del Trecento che impreziosiscono questa chiesa – ci riporta nell’Egitto del IV secolo.

Caterina, giovane cristiana di famiglia nobile, proprio per non aver voluto rinunciare alla sua fede, è prima condannata a morte attraverso una grande ruota dentata che avrebbe dovuto straziarne il corpo, infine viene decapitata. Proprio il supplizio della ruota ha contribuito a renderla protettrice di tutti gli artigiani che usano questo strumento nel loro lavoro quotidiano.

Tra questi, da secoli ci siete voi, ceramisti. La vostra presenza è testimonianza di uno stile di vita, che tiene insieme il lavoro e la preghiera. Da una parte, infatti, con il forte senso del lavoro che vi anima, esprimete il valore di un artigianato unico, che affonda le sue radici nel Medioevo; dall’altra, con la vostra devozione a S. Caterina, ci aiutate a riconoscere il primato di Dio, a dirci che il Signore sta prima di ogni altra cosa, come la stessa Caterina ci testimonia con la sua saggezza, oltre che con il coraggio con cui seppe affrontare il martirio.

Certo, qualcuno potrebbe anche chiedersi perché il lavoro debba essere accompagnato dalla preghiera: che cosa porta questa nostra celebrazione all’attività di chi già lavora con onestà e competenza? Cosa aggiunge a una tradizione che vi ha fatto conoscere e stimare in tutto il mondo? E ancora: che ha a che fare la fede con il caro energia, con gli investimenti a cui avete dovuto far fronte per affrontare una normativa sempre più stringente o con la difficoltà a reperire nuova manovalanza?

Che cosa aggiunge la preghiera a tutto questo? Dal punto di vista economico, probabilmente poco. Anzi, potrebbe perfino essere considerata come una perdita di tempo, un tempo sottratto all’attività… Invece, proprio la preghiera, proprio la fede cristiana, ci educa a ricordare che accanto e oltre la produttività c’è altro. C’è il valore dell’amicizia, degli affetti, della famiglia, della cura della nostra vita interiore e della comunità. Quando trascuriamo questi valori, ci perde anche la qualità del nostro lavoro…

Come avviene per l’esperienza gratuita delle relazioni, anche il rapporto con il Signore richiede di dedicargli tempo, con la disponibilità ad ascoltarlo, a far nostro un po’ alla volta il suo sguardo. È questo sguardo che ci rende più liberi, più disponibili, anche più motivati nel lavoro; ci aiuta a dare un’anima a ciò che facciamo e a ciò che siamo.

In particolare, dalla comunione con Dio si giunga a un rapporto nuovo tra noi. Che significa non solo superamento di divisioni e rivalità, ma anche – in positivo – capacità di attenzione e  di confronto, di cooperazione e di unione.

Si arriva allora a porre le condizioni favorevoli per affrontare insieme le conseguenze della pandemia e le tante difficoltà del mercato, realizzando quello spazio comune che promuove capacità e talenti e diventa garanzia o perlomeno aiuto alla salvaguardia della sopravvivenza e dello sviluppo delle singole aziende artigiane.

La parola biblica che abbiamo ascoltato ci sollecita a non permettere che i problemi ci rinchiudano in noi stessi, ricordandoci che non siamo semplicemente in balia di eventi più grandi di noi. È una speranza che si basa sulla promessa di Dio, che non vien meno: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, assicura il Signore. Chiediamo, per intercessione di S. Caterina, che questa fiducia ci sostenga anche nei giorni difficili. Lei, che è già presso Dio, ci aiuti a lavorare senza perdere mai di vista la meta verso la quale siamo incamminati.