Omelia della celebrazione del Mercoledì delle Ceneri 2023, chiesa dell’Università degli Studi di Perugia

Siamo in un ambiente dove il tempo, per molti versi, è scandito dai corsi, dagli esami… e cosa c’entra tutto questo con la Quaresima? La Quaresima, che iniziamo questa sera, non è un di più, non è un altro corso, un altro esame, è, piuttosto, lo spirito con cui affrontare i corsi, gli esami della vita, dai più piccoli a noi vecchietti.

La Quaresima ci riporta a “casa” e il profeta Gioele lo ha detto con forza: “ritornate, ritornate”. Ritornare a “casa” è un’immagine che parla al cuore di ciascuno, perché noi siamo nella misura in cui noi abitiamo e sappiamo che l’abitare – questo lo sanno soprattutto gli studenti fuori sede – non è fatto da quelle quattro pareti, è fatto dai volti delle persone con cui condividi la vita quotidiana.

Oggi iniziamo questo tempo e lo iniziamo con quanto abbiamo nel cuore. Probabilmente nel cuore di ciascuno ci sono preoccupazioni, inquietudini a livello personale, familiare, di relazioni con gli altri. Se poi alziamo lo sguardo, anche senza far lunghi elenchi, ci rendiamo conto di come viviamo un tempo segnato da violenze, da guerre. Penso a cosa sta succedendo in Nicaragua, la persecuzione così dura contro il popolo sta colpendo anche la Chiesa con un vescovo che è stato condannato, venerdì scorso, al carcere, che dovrebbe uscirne nel 2049, un segno di cosa voglia dire diritti umani calpestati. In Iran, dove tanti coetanei dei presenti sono esposti ad una violenza omicida da parte di un regime che in nome di Dio arriva a togliere la vita. E l’anniversario che stiamo per celebrare dell’invasione dell’Ucraina rappresenta una guerra in cui – senza mettere tutto sullo stesso piano – nessuno parla più di pace, di negoziati, di diplomazia.

Quanto bisogno abbiamo, come umanità, di tornare a quella purificazione della memoria, a quel perdono, a quella riconciliazione con cui Giovanni Paolo II aveva aperto la Quaresima del 2000, dell’Anno Santo. Imparare a chiedere perdono, a tornare noi stessi e a tornare a “casa”, quindi far ritorno al Signore, a Colui che è la vita. Nella misura in cui cresciamo nel rapporto con Lui, anche la nostra vita acquista colore, sapore e diventa significativa.

Qui l’appello chiaro di San Paolo a non disperdere questo tempo. Ora è il momento della salvezza, ora è il tempo opportuno. E credo, parlo da ex, ex studente, la tentazione di rimandare qualche esame, qualche appuntamento è in tutti noi. Entrare in quest’oggi di Dio, che è la nostra vita, avvertire che questa vita alla fine è davvero un soffio, siamo chiamati a restituirla non solo alla fine, quello è di natura, siamo chiamati a restituirla giorno per giorno con il nostro stare nella vita davanti al mistero di Dio e davanti al mistero dei fratelli.

La risposta che ci sollecita il Vangelo del Mercoledì delle Ceneri è all’insegna della semplicità, addirittura del nascondimento: “se fai l’elemosina, sei fai il digiuno, se preghi, non sappia la destra cosa fa la tua sinistra”. In un Tempo in cui tutti siamo esposti alle liturgie dei follower, del consenso, dell’approvazione, il Vangelo ci riporta a verità e a libertà, a sentire che siamo importanti non in base ai criteri del mondo, ma che la nostra vita è preziosa anche se non cade nell’ansia della visibilità, della ricerca dell’ammirazione degli altri.

Penso a quanto questa umiltà, a questo vivere nel segreto, nel senso buono, abbia intessuto la vita dei santi, dei tanti santi di quella santità feriale che abbiamo accanto, che hanno intessuto e intessano le nostre famiglie, le nostre comunità con il dono di ciò che sono, del loro tempo, del loro affetto, della loro saggezza, del loro silenzio. Iniziamo questo tempo di conversione come una grazia, un dono, un richiamo a vivere davvero. Per non disperdere questa grazia cerchiamo di portare a casa un piccolo impegno concreto nel conoscere ciascuno il proprio cuore. Un impegno per quel gesto di bontà, per quel gesto di riconciliazione. Quante volte ci trasciniamo in relazioni ferite che impoveriscono da una parte e dall’altra. Per un gesto di carità, per un rinnovato impegno di preghiera. Ciascuno prenda il proprio impegno non come un dovere, ma come un richiamo che nella misura in cui lo facciamo nostro ci aiuterà davvero a rinnovarci interiormente, ad ascoltarci, ad incontrarci, ad essere anche in questo tempo una comunità cristiana che sa farsi lievito, fraternità per la vita di tutti.

 

Don Ivan Maffeis, vescovo