«Questo Bambino, adagiato in una mangiatoia, è il pane che sfama la nostra domanda di senso e di vita»

L'omelia dell'arcivescovo Maffeis della Notte di Natale in una gremita cattedrale di San Lorenzo

Numerosi fedeli, molti anche turisti, hanno gremito la cattedrale di San Lorenzo di Perugia per la celebrazione eucaristica della Notte di Natale presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis, preceduta dall'”Ufficio delle Letture”. Hanno concelebrato il vicario generale, don Simone Sorbaioli, l’arciprete e presidente del Capitolo dei Canonici di San Lorenzo, mons. Fausto Sciurpa, e il parroco della cattedrale, don Marco Briziarelli. Il servizio liturgico è stato curato dal direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, don Francesco Verzini, insieme a diaconi e seminaristi. La celebrazione è stata animata dalla Corale Laurenziana diretta dal maestro Franco Radicchia e all’organo il maestro Adriano Falcioni.

Al termine, l’arcivescovo ha deposto la statuetta del Bambinello nel presepe della cattedrale, raccogliendosi in preghiera. Realizzato dalla “Carletti Diorami & Presepi” di Deruta, il presepe è ambientato in un borgo ispirato allo stile architettonico umbro con punto centrale la riproduzione dell’Arco Etrusco, uno dei simboli della città, dove ha trovato “ospitalità” la Santa Famiglia di Nazareth, come nella grotta di Betlemme.

Mons. Maffeis, nell’omelia (il cui testo integrale è pubblicato di seguito), ha ricordato che «questo Bambino, adagiato in una mangiatoia, è pane che sfama la domanda di senso e di vita che ciascuno porta in sé. Chi vi si accosta, chi si inginocchia davanti a Lui, camminerà dritto nei sentieri del tempo, pellegrino verso la meta, disponibile a lasciarsi incontrare dagli altri e a farsi loro compagno di viaggio».

R. L.

 

Il testo integrale dell’omelia

“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”.

Un bambino… Un bambino non mette soggezione. Non incute timore. Bussa alla porta del cuore, cerca accoglienza, cerca amore.

Cesare Augusto, l’imperatore, è preoccupato di censire, di contarsi, di mettere in mostra la forza. Lui, il Bambino, nasce in una stalla di periferia, nella semplicità, nell’umiltà e nell’insignificanza. E, anche una volta divenuto adulto, non alzerà la voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma esile. Sarà interprete di un nuovo tipo di grandezza, che non passa dalla pretesa, dal sopruso e dalla violenza; porterà vita e relazioni nuove, intessute con i fili della fiducia, della pazienza, del perdono, della fraternità.

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”.

Il Bambino nato a Betlemme è il solstizio, che interrompe l’allungarsi delle notti; è la luce, destinata a giungere ai confini della terra e, più lontano ancora, fino alle profondità misteriose del cuore umano; è il sole, che – nel suo sorgere – argina e asciuga l’angoscia delle tenebre. Se davanti a un mondo, che non conosce né diritto né umanità, possiamo rischiare di ritrovarci insensibili, indifferenti e cinici, posiamo lo sguardo su questo Bambino: è il Principe della pace, il sigillo che assicura che l’ultima parola sulla nostra storia spetta a Dio.

“Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.

Questo Bambino, adagiato in una mangiatoia, è pane che sfama la domanda di senso e di vita che ciascuno porta in sé. Chi vi si accosta, chi si inginocchia davanti a Lui, camminerà dritto nei sentieri del tempo, pellegrino verso la meta, disponibile a lasciarsi incontrare dagli altri e a farsi loro compagno di viaggio.

In questa santa Notte, Dio si è fatto uno di noi, si è fatto “noi” per farci suoi. Entriamo nel mistero del Natale. La Luce è qui. Come i pastori di Betlemme, lasciamocene avvolgere: ne diventeremo a nostra volta segno.

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

Don Ivan Maffeis

Vescovo

 

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