Introduzione dell’arcivescovo Ivan Maffeis all’Assemblea ecclesiale diocesana

Il primo pensiero è di profonda gratitudine per questa vostra presenza: è una partecipazione che testimonia l’amore per la nostra Chiesa, per quella Chiesa che siamo e che – con il contributo di ciascuno – vorremmo rendere sempre più la Chiesa di Gesù Cristo, comunità fraterna, vivificata dal suo Spirito. Grazie all’equipe con cui abbiamo preparato quest’Assemblea, in particolare, al Vicario per la pastorale, don Simone Pascarosa, al Vicario generale, don Simone Sorbaioli, agli amici dell’Opera Don Guanella che ci ospita, a chi si è reso disponibile per organizzare anche materialmente l’accoglienza.

Poco meno di un mese fa, nel corso del suo viaggio in Ungheria, Papa Francesco incontrava la comunità dei Gesuiti. Uno di questi gli ha chiesto come riuscire a riconciliare la Chiesa con la realtà di oggi, come trovare la voce di Dio amando il nostro tempo.

Nella sua risposta il Papa – dopo aver rimandato alla centralità del Concilio – ha messo in guardia dalla tentazione di reagire con la chiusura al cambiamento d’epoca in cui siamo immersi: “Il flusso della storia e della grazia – ha detto – va da giù a su, come la linfa di un albero che dà frutto. Andando indietro non si conserva la vita, mai”.

I processi e le trasformazioni che viviamo sono radicali e coinvolgono tutti gli ambiti della vita umana. Ciascuno di noi si interpreta sempre più a partire dalla propria prospettiva individuale, animati da una forte esigenza di emancipazione e di autodeterminazione, di una libertà di cui siamo tutti gelosi; nel contempo, ci ritroviamo alla ricerca di sicurezze affettive e veritative. Non basta a nessuno un presente che porta a fare della precarietà una condizione di vita: avvertiamo l’urgenza di uscire da una solitudine esistenziale, che ci lascia poveri di memoria come pure della fiducia che consente di guardare avanti, di impegnarsi, assumersi responsabilità, unirsi per una causa comune.

Come credenti avvertiamo il peso e la contraddizione di un fare che mette in secondo piano la vita fraterna, la preghiera, la carità.

Non intendiamo aumentare il numero di chi porta acqua alla fontana del lamento, come non accettiamo nemmeno di veder ridotte le nostre parrocchie a mere stazioni di servizio e di consumo religioso. Ci chiediamo, piuttosto: in una cultura che non riesce più a decifrare le parole, i segni e i simboli del linguaggio cristiano, cosa significa annunciare la Parola, vivere i sacramenti, essere e costruire Chiesa, proporre itinerari formativi?

La nostra Assemblea nasce dalla volontà di assumere un ripensamento della presenza ecclesiale sul territorio e, quindi, della nostra pastorale come un’occasione per intercettare le opportunità e le risorse che abitano anche questo tempo. Come ci ha ricordato con saggezza biblica don Alessio Fifi, sono tante le porte che lo Spirito ci spalanca davanti: occorre riconoscerle e avere il coraggio di attraversarle, di uscire, per incontrare e per lasciarsi incontrare.

Vogliamo aiutarci a mettere a fuoco approcci e modalità, ambiti, luoghi e priorità su cui investire. E questo ci chiede il coraggio – la profezia – del confronto franco e fraterno.

È da questo confronto che ci verranno intuizioni, provocazioni e spunti su cui con un gruppo di voi intendo lavorare quest’estate per arrivare a un nuovo appuntamento assembleare in autunno, che diventi l’occasione per una prima restituzione.

L’orizzonte di fondo, le grandi linee sulle quali muoverci, le ribadite ieri Papa Francesco, nell’incontro con noi, Vescovi delle Chiese che sono in Italia, e con i referenti diocesani del cammino sinodale.

Ecco le tre consegne del Papa:

la prima: “Continuate a camminare, lasciandovi guidare dallo Spirito, per essere una Chiesa preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo in stile di gratuità e di cura, coltivando la libertà e la creatività proprie di chi testimonia la lieta notizia dell’amore di Dio rimanendo radicato in ciò che è essenziale. Una Chiesa appesantita dalle strutture, dalla burocrazia, dal formalismo faticherà a camminare nella storia, al passo dello Spirito, rimarrà lì e non potrà camminare incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

La seconda consegna che il Papa ci ha fatto è quella di “fare Chiesa insieme, facendo crescere sempre più uno stile di corresponsabilità ecclesiale”. Cosa significa essere vescovo, presbitero, religioso, religiosa, consacrata, diacono, laico… in questo tempo e in questa Chiesa?

– Infine, la terza consegna: “Essere una Chiesa aperta, che lasci trasparire il cuore di Dio: un cuore aperto a tutti e per tutti. Dovremmo domandarci quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito ed è arrabbiato con la Chiesa”.

Su questo scenario di fondo – che ora approfondiamo con l’intervento della dott.ssa Paola Bignardi, lasciandoci provocare poi anche da alcune testimonianze – dopo il lavoro estivo e alla luce dell’Assemblea autunnale, impegneremo gli uffici diocesani, perché ci forniscano i sussidi, i mezzi, gli aiuti con cui accompagnare il cammino. Toccherà quindi alle zone, alle unità pastorali e alle comunità parrocchiali la programmazione pastorale sul territorio.

Buon lavoro!

                        don Ivan, Vescovo