Perugia, 31 gennaio 2023
Se è vero che, come ripete spesso Papa Francesco, non c’è un santo con la faccia triste, questo vale in massima misura per San Giovanni Bosco. La sua figura è probabilmente il commento più immediato a quanto abbiamo ascoltato poco fa da San Paolo: “State lieti, ve lo ripeto ancora: state lieti! La vostra affabilità sia nota a tutti…”.
Don Bosco sapeva irradiare una gioia incredibile, una gioia che conquistava, tanto che migliaia di ragazzi di strada non esitarono a seguirlo, ad ascoltarlo, ad obbedire ai suoi consigli. La sua opera è l’impresa più grande che la Chiesa abbia saputo realizzare nel diciottesimo secolo, con la fondazione della Congregazione dei Salesiani. Grande educatore dei giovani, capì che andavano preparati non solo sotto il profilo morale, ma anche sotto quello professionale.
A Torino, infatti, era rimasto impressionato e commosso dalla miseria dei tanti adolescenti, che erano affluiti in città senza alcuna sicurezza, senza un luogo in cui mangiare e dormire: cercavano lavoro, senza spesso trovarne o rimanendone sfruttati. Tanti di loro non sapevano né leggere né scrivere: fu per loro che prese in affitto – e in seguito acquistò – un prato con annesso un capannone: vi aprì una scuola serale per le classi elementari. Fu l’inizio di luoghi di accoglienza, Oratori, istituti d’istruzione, scuole agrarie, officine professionali, da cui uscirono operai onesti e capaci. Per i suoi giovani sopportava fatiche e persecuzioni, a partire dalle umiliazioni di quanti per screditarlo volevano farlo passare per matto.
Non ci si improvvisa santi… Figlio di una povera famiglia contadina, per giunta orfano di padre fin dall’età di due anni, ebbe una mamma meravigliosa, Margherita, che gli insegnò sin da piccolo a vivere alla presenza di Dio: “Vedi, la nostra vita è talmente breve che abbiamo troppo poco tempo per fare del bene…”. Don Bosco divenne un lavoratore infaticabile e insieme un grande sognatore, attento a dar concretezza ai sogni: “Camminate coi piedi per terra e col cuore abitate in cielo”.
Intuiva che la via per conquistare l’attenzione, la fiducia e l’amicizia dei suoi coetanei, passava “non dalle botte, ma dalla dolcezza, dalla bontà e dall’amore”. Dallo stare nelle situazioni: come quando in inverno il posto più caldo della casa erano le stalle, dove si passava il tempo pregando il Rosario e raccontando episodi della vita, don Bosco si distingue come abile narratore, capace di farsi ascoltare; così nella bella stagione, quando si allena a fare il prestigiatore, il saltimbanco, per attirare i ragazzi, per farsi ascoltare, per aiutarli ad “amare anche lo studio e la disciplina, imparando a farlo con slancio ed amore”.
Qual è stato il suo segreto? Quando – per divertire gli altri – stava in equilibrio e camminava su una corda tesa tra due alberi, il suo segreto per non cadere stava nel tener fisso lo sguardo sulla meta, evitando di farsi distrarre dalle grida di entusiasmo o dai fischi di chi stava sotto. Nella vita, don Bosco sapeva a Chi guardare; sapeva che “il Signore è vicino”.
E questa fiducia fondava anche il suo desiderio: “Io non voglio altro dai giovani se non che si facciano buoni e che siano sempre allegri. Se volete che la vostra vita sia “allegra” e tranquilla, dovete procurare di starvene “in grazia di Dio”.
Grazie per “i don Bosco” di oggi. Per i genitori, per gli educatori, per la Comunità Salesiana. Possano nutrire una grande pazienza, imparando con fiducia “a lavorare e a confidare nei tempi di Dio” (Papa Francesco).
Per quanti hanno contribuito a plasmare il nostro sguardo, il nostro cuore, la nostra mente, l’abilità delle nostre mani… si alza questa sera la nostra preghiera, la nostra gratitudine e la nostra riconoscenza.
“Don Ivan Maffeis, vescovo”