Il 2 dicembre dello scorso anno moriva l’Arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che ha guidato la nostra Diocesi dal gennaio 1996 al luglio del 2009, spendendosi con mente e cuore di pastore. Giungeva tra noi passando dalla responsabilità delle diocesi di Montalto e Ripatransone-San Benedetto del Tronto; negli anni diventerà Presidente della Conferenza Episcopale Umbra e Vice-Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Sono contento di unirmi a voi in preghiera – ringrazio, in particolare, per la loro presenza il Card. Gualtiero e i Vescovi Marco e Mario – e di far insieme memoria di Mons. Chiaretti davanti a Dio, il Padre di Gesù Cristo, fondamento della nostra speranza.
“Il Signore è presente tra i poveri, quale che sia il tipo di povertà. Se vi entriamo dentro con amore, stiamo servendo il Signore”, disse Chiaretti il giorno dell’ingresso a Perugia-Città della Pieve, incontrando innanzitutto i giovani dell’Istituto Don Guanella. Quello stesso giorno avrebbe salutato il popolo perugino con queste parole: “Vengo per servire la comunità cristiana, che coincide quasi del tutto con la comunità civile, portandovi l’impegno e la speranza che nascono dalla fede”. Alla fine del suo mandato tra noi, Mons. Chiaretti aveva chiaro che tale coincidenza tra la comunità cristiana e quella civile non esisteva più; lungi dal rassegnarsi, ribadiva l’urgenza – sono parole sue – di “rinnovare la Chiesa diocesana nelle sue strutture missionarie e nella sua pastoralità, non bastando più la pastorale di conservazione fino ad oggi perseguita nelle nostre parrocchie di popolo”.
Il suo servizio si è concretizzato in alcune iniziative particolarmente rilevanti: il primo Convegno Ecumenico Nazionale sul Padre Nostro; il Congresso Eucaristico Diocesano, dedicato al tema “Senza il giorno del Signore non possiamo vivere”; la visita pastorale all’Arcidiocesi; il Sinodo Diocesano, su tematiche riguardanti la vita dei presbiteri, delle famiglie, dei giovani e la cultura cristiana.
Proprio presentando il Documento sinodale, Mons. Chiaretti dava un nome ad alcuni fattori inediti, che avrebbero trasformato radicalmente il nostro tempo: “Gli sconvolgimenti delle guerre che hanno creato profughi, la vasta immigrazione regolare e clandestina, l’impressionante sviluppo della scienza e della tecnica, i mix religiosi autoctoni, la fede cristiana che da anagrafica deve diventare adulta e operosa, i profondi cambiamenti culturali e sociali, la mondializzazione”.
Non si fatica a scorgere in questi titoli – che rimandano ad ampi capitoli – l’orizzonte con il quale siamo chiamati a confrontarci oggi noi stessi e rispetto al quale Mons. Chiaretti invocava quel “salto di qualità, che mette a prova la stessa fantasia creativa dei pastori” e che nel contempo necessita di “una riflessione non frettolosa sul da farsi”; una riflessione per la quale guardava con fiducia al ruolo e alla responsabilità dei laici e, quindi, dei diversi organismi di partecipazione, in particolare dei Consigli pastorali (diocesano, zonale e parrocchiale).
Il Vescovo aveva chiara la consapevolezza che la nuova situazione in cui siamo immersi sollecita la nostra Chiesa ad avere il coraggio di innovare; ma, con altrettanta lucidità, ricordava – ci ricorda – che non si tratta di cambiare per cambiare, quanto piuttosto di ricercare “i modi per far conoscere e amare Colui che – diceva, citando Benedetto XVI – è l’inizio dell’essere cristiano: e cioè non una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”, il Signore Gesù Cristo.
Mons. Chiaretti è stato un uomo di Dio e, proprio per questo, un Pastore buono, che ha voluto bene alla nostra Chiesa e alla nostra Città. Siamo grati al Signore – al quale torniamo ad affidarlo – per la sua vita e la sua opera, per i suoi scritti, la sua predicazione, la sua di vita di preghiera. Insieme a tutti i nostri defunti possa “contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi” e “abitare per sempre nella sua casa”.