Che cosa spinge una ragazza dodicenne – Agnese era poco più di una bambina… – cosa la spinge a non piegarsi all’editto dell’imperatore, a rifiutarsi di abiurare, a tener testa a chi le impone di sacrificare agli idoli, arrivando piuttosto a subire il martirio? Come scrive Sant’Ambrogio, “erano tutti stupefatti che si presentasse a rendere testimonianza a Dio lei, che non aveva neppure raggiunto gli anni per disporre di sé…”.
Che cosa spinge una ragazza di diciannove anni – Chiara, figlia di un’agiata famiglia di Assisi – cosa la spinge a evitare un matrimonio che l’avrebbe sistemata, a lasciare di notte la casa paterna, a vestire l’abito del penitente, a dar vita al primo convento femminile della famiglia francescana, rimanendovi fino alla morte quale madre spirituale? Cosa significa e a che cosa attinge quella povertà vissuta che – come scriverà lei stessa – “è beata e, per coloro che la amano e la scelgono, riserva ricchezze eterne”?
Cosa spinge Madre Sara Donata e le nostre Sorelle Povere ad abbandonare la barca nella quale avevano raccolto i loro progetti di vita per chiudersi tra le mura in questo monastero, nutrendosi di preghiera, di formazione permanente, di carità nei confronti di tutti? Che senso ha che, in un contesto come il nostro, ci sia ancora chi con serenità, determinazione e tenacia abbraccia la Regola dell’Ordine, che Innocenzo IV approvò due giorni prima della morte di Santa Chiara, in quel lontano 9 agosto 1253?
La risposta che accomuna Sant’Agnese con le nostre Sorelle Povere, passando per Santa Chiara è una e una soltanto: l’aver trovato il tesoro nascosto, la perla preziosa, per avere la quale si è disposti a lasciare ogni altra cosa. Sì, per far spazio a Cristo è necessario imparare a lasciare, a perdere – e che altro dovrebbe essere la vita di un cristiano, se non una continua restituzione?! – perché Lui possa prendere dimora in noi, fino a porsi come “sigillo sul cuore”…
Questo è il senso della sequela umile e povera che ha caratterizzato la vita dei Santi: farsi poveri per condividere in tutto la sorte dei poveri, unicamente perché Cristo è vissuto così e ha scelto i poveri a rappresentarlo nel mondo. È una povertà che assume le fattezze del servizio, sostenuto dalla convinzione che “nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore”.
Oggi siamo qui in tanti, certamente per ringraziare Alpini e benefattori tutti dell’amicizia, del lavoro, della gioia e della gratuità con cui avvolgono la vita di questo monastero. In realtà, care Sorelle Povere, la prima gratitudine è per voi, per quello che siete nella Chiesa e nel mondo. Con le parole dell’ultima e commuovente lettera di Santa Chiara ad Agnese di Praga, oggi diciamo a voi: “Vi consideriamo un aiuto di Dio stesso e un sostegno di noi, membri fragili del suo corpo inesprimibile”.
Monastero di Sant’Agnese
Perugia, 21 gennaio 2023