A due giorni dal Concistoro il neo cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti ha fatto visita alla Casa Circondariale in località Capanne (Pg), varcando con la sua auto il cancello principale poco dopo le ore 10 di lunedì 24 febbraio, intrattenendosi per quasi quattro ore e consumando il pranzo nella mensa interna.
A dargli il benvenuto sul grande piazzale del Carcere, il direttore, la dott.ssa Bernardina Di Mario, e il comandante della Polizia penitenziaria, il dott. Fulvio Brillo. Dopo l’incontro con il personale amministrativo ed educativo, il porporato, accompagnato anche dai cappellani don Cesare Piazzoli e don Saulo Scarabattoli e da un nutrito gruppo di volontari dell’Associazione perugina di volontariato (Apv) promossa dalla Caritas diocesana, ha dapprima incontrato i detenuti e successivamente le detenute, salutando personalmente ognuno di loro.
«Ciascuno ha avuto una parola da dirmi – ha commentato il cardinale Bassetti – e questo è il cuore della vita di queste persone che vivono un’immensa sofferenza interiore. Come vescovoho una “grande famiglia” da seguire e voi (rivolgendosi ai detenuti, n.d.r.) siete al suo primo posto». Più che parlare il cardinale ha voluto ascoltare e un giovane gli ha chiesto: «eminenza, può portare il saluto dei detenuti di Perugia al Papa?». L’arcivescovo Bassetti ha risposto: «Certo e lo farò anche presto, perché giovedì prossimo sarò in Vaticano, alla Congregazione per i vescovi, della quale sono membro, ai cui lavori prenderà parte il Santo Padre». Un altro giovane detenuto gli ha chiesto della confessione dei peccati ed un altro ancora, di religione musulmana, gli ha detto: «c’è un solo Dio che ci accomuna tutti». Una detenuta l’ha salutato dicendogli: «ho conosciuto la fede e oggi sono più in pace con me stessa e ho imparato a volermi bene». Un’altra gli ha consegnato un piccolo dono-ricordo dell’incontro a nome delle detenute presenti con scritto “salire di più, per servire di più con la stessa preghiera / Le ristrette del nuovo Complesso di Capanne Perugia”. Un’altra gli ha dato un biglietto con scritto “ci dà la vita e la forza e tanta fede dentro di noi e il suo spirito aiuta la nostra speranza”. E un’altra ancora ha voluto regalargli una piccola coroncina del Rosario con un bigliettino con scritto “Essere legati tra noi e con Maria…”.
I detenuti e le detenute hanno chiesto al cardinale di aiutarli e lui ha risposto: «tutto l’aiuto con la mia preghiera e con l’affetto. Hanno bisogno di tanta umanità – ha commentato – e si sono avvicinati per salutarmi, ma anche per dirmi una parola all’orecchio, farmi partecipe di quello che avevano dentro e qualcuno anche il pentimento. E’ stato un momento di grande verità».
Il cardinale ha molto apprezzato l’intervento del direttore del Carcere pronunciato davanti sia ai detenuti che alle detenute. «Eminenza, nel darle il benvenuto a nome di tutti coloro che lavorano e vivono in questa struttura – ha detto la dott.ssa Di Mario –, desidero ringraziarla per aver scelto ancora una volta il Complesso penitenziario di Capanne, come prima tappa delle sue visite pastorali, così come avvenne allorquando giunse come arcivescovo di Perugia. La scelta non è casuale, testimoniando l’attenzione che ella vuole riservarci, affinché i principi di giustizia, carità, dignità e solidarietà, trovino effettiva e concreta attuazione fuori e dentro il Carcere. Mi fa piacere ricordare la sua toccante affermazione, che mi ha molto colpito e che riporto testualmente: “La porpora non è un onore, un privilegio o un motivo di orgoglio, bensì un servizio alla Chiesa, come ha detto il Papa”».
«Le sue parole rispecchiano il suo stile – ha proseguito il direttore –, improntato alla essenzialità evangelica, alla pura missione pastorale, in piena sintonia con il rinnovamento voluto da Papa Francesco. La prego di gradire la mia personale e commossa riconoscenza, per il significato spirituale e morale che la sua visita assume. E’ un segno importante, di cui le siamo grati dal profondo. E’ rilevante per il mondo esterno, che freneticamente vive oltre queste mura; lì dove queste persone sono invisibili, lei porta visibilità. E’ altresì significativo per i politici ai quali il suo gesto, di assoluta precedenza, manifesta l’urgenza di una soluzione ai molteplici problemi legati alla detenzione. In carcere si vive un’esperienza dura, difficile, ma necessaria per scontare errori ai quali non è possibile rimediare se non attraverso la perdita di uno dei beni più preziosi: la libertà. Questo, per ciò che concerne l’umana giustizia».
«Al carcere, definito solo “Istituto di pena”, legittimamente destinato alla salvaguardia e sicurezza pubblica – ha commentato il direttore avviandosi alla conclusione –, di solito non si associa anche il concetto di riscatto. Per chi ha fede, infatti, c’è l’attesa di un altro giudizio, che non ha bisogno di passare per vari gradi, né di prove, né di testimonianze, essendo esatto per definizione. Su questo potrà incidere il percorso interiore che si compie tra queste mura. Avere la consapevolezza di non essere soli, sentirsi oggetto di un pensiero o di una preghiera costanti, aiuta a non mollare, incoraggia a trasformare un’inutile attesa di fine pena in un processo intimo di rinascita. Per questo confidiamo nella sua parola, nella sua preghiera e nel suo paterno sostegno spirituale».
Il cardinale ha ringraziato il direttore e i suoi collaboratori per l’ospitalità riservatagli, intrattenendosi anche con i volontari dell’Apv, ringraziando anch’essi per il servizio che svolgono nel mettere in pratica il passo evangelico “ero carcerato e mi avete visitato”. Ha salutato i detenuti e le detenute nel dire loro: «ritornerò presto tra voi, in occasione della Santa Pasqua».
Incontrando all’inizio della sua visita il personale educativo, il porporato ha voluto ribadire il significato della sua presenza all’interno del carcere a due giorni dal Concistoro: «ci sono tante categorie che chiamiamo poveri, ma le altre le posso incontrare tutti i giorni. Gli unici che non possono venire da me sono i carcerati, gli ultimi. Se sono gli ultimi vorrei che fossero i primi per me».
Il cardinale ha parlato anche dello scottante tema del mondo carcerario italiano, affermando che in questo ambito «non vogliamo essere il fanalino di coda dell’Europa… Non guardiamo a questa struttura (il Carcere di Capanne, n.d.r.) che tutto sommato è nuova, dove gli ambienti si presentano bene e non c’è problema di sovraffollamento. Ma considerando la situazione generale delle carceri italiane, credo ci sia veramente tanto, tanto da fare».
Nella Casa Circondariale perugina attualmente vivono 447 persone che devono scontare una pena, di cui 387 uomini e 60 donne. A sorvegliare loro ci sono 226 agenti di Polizia penitenziaria, rispetto ai 284 previsti dall’organico ministeriale, una carenza soprattutto dei ruoli degli ispettori e dei sovrintendenti, come anche tra il personale educativo, che conta cinque unità rispetto alle 7 previste. E per quanto riguarda il personale amministrativo, manca la figura di un vice direttore.
Il cardinale, intrattenendosi poi con gli operatori dei media che lo hanno seguito nella visita, ha detto di voler essere «il vescovo di tutti. Non solo dei credenti, ma di tutte le persone che in qualche modo desiderano avere un riferimento con me e devono sentirsi libere di poterlo fare. Perché nel momento in cui il Signore mi ha dato questo incarico, mi ha detto: “Io ti affido un popolo”. Non mi ha detto quello dei battezzati o dei credenti. Chiunque di questo grande popolo vuole avere un riferimento ha il diritto di farlo».