«Siate Testimoni autentici di carità e di servizio»
E’ l’esortazione rivolta dall’arcivescovo Ivan Maffeis ai nuovi diaconi permanenti, Emiliano Chiattelli e Vito Simone Foresi, ordinati il 10 agosto pomeriggio, giorno della solennità di san Lorenzo, diacono e martire, titolare della cattedrale di Perugia, all’omelia il cui testo integrale è pubblicato di seguito .
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È motivo di gioia per tutti noi la consacrazione di Emiliano e di Simone: sono un dono che il Signore fa alla vita e alla missione della nostra Chiesa, in questo giorno in cui la memoria di San Lorenzo ci mette davanti il modello di colui che serve, un modello a cui non stancarci di guardare.
Un saluto cordiale e riconoscente, oltre che ai candidati, alle loro famiglie, all’equipe che ne ha curato la formazione, ai sacerdoti, ai diaconi e alle comunità che li accompagnano con la preghiera, la stima e l’amicizia.
E un augurio ai nostri Amministratori, anch’essi chiamati a svolgere un servizio impegnativo per il bene della Città.
La Parola di Dio illumina questo momento di grazia, che culminerà tra poco nell’imposizione delle mani.
La prima lettura ci ha presentato un momento drammatico della vita di Elia. Il profeta è giunto al limite delle forze: cercato e braccato a morte, è invaso dalla paura, che lo spinge a fuggire. Affronta il deserto, ma arriva a essere così stanco e sfiduciato da dire: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”.
Probabilmente, quella di Elia è un’esperienza nella quale non facciamo fatica a riconoscerci. In certi passaggi dell’esistenza, dopo averci creduto ed esserci impegnati a fondo, ci siamo accorti di non essere riusciti a cambiare la situazione, di non aver risolto nulla: si è presi, allora, da un senso di scoraggiamento, che frena, quasi impedisce, il cammino. Come se tutto si rivelasse inutile.
Proprio nel momento del buio, quando Elia si sente sconfitto e abbandonato, s’accorge invece dalla presenza di un angelo. Pensate alla vostra esperienza: Dio non fa mai mancare un segno della sua Provvidenza, si fa vicino attraverso una persona amica, attraverso un’ispirazione, una parola, un segno che ti assicura di non essere solo.
Dio non abbandona. Si fa nostro cibo, ci viene incontro nel dono del Figlio, che di sé può dire: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo… per la vita del mondo”.
È innanzitutto di questa fede che voi, Emiliano e Simone, diventate testimoni; è fede che arricchisce la Chiesa; è fede che vi rende annunciatori liberi e coraggiosi della Parola di Dio, anche in situazioni non facili, dove si rinnovano le mormorazioni, i dubbi e le proteste di chi non sa andare oltre l’ovvio. Proprio come avviene nel Vangelo: “Costui non è forse il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?…”.
Per custodire la fede e non venir meno lungo la via – lo dico a voi, come a me stesso e a tutti – curate la preghiera personale, frequentate la Parola di Dio, partecipate all’eucaristia della comunità: sarete capaci di donarvi con gratuità, di servire senza la ricerca di interessi e tornaconto, fino a farvi a vostra volta pane per la fame di tanti.
Rispetto a un contesto che spesso alimenta aggressività e rancore – al quale rischiamo perfino di abituarci – testimoniate che è possibile vivere diversamente: come esorta San Paolo, “scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda…. Camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi”. Sono parole della seconda lettura, tolte dalla Lettera agli Efesini, che potremmo definire come la “Costituzione” della Chiesa.
In mezzo al deserto di questo tempo siate una sorta di viatico eucaristico per il prossimo in mezzo al quale vi troverete. Parlate al cuore della gente, portatele la gioia e la fiducia che nascono dal banchetto eucaristico, seminate a larghe mani la speranza, siate testimoni autentici di carità e di servizio. E se dovete privilegiare qualcuno, sappiate riconoscere – come ha fatto San Lorenzo – nei poveri, nei bisognosi, nei carcerati, in quelli a cui la nostra società nega la possibilità di rialzarsi, il vero tesoro della Chiesa.
Gli ebrei di cui parlava il Vangelo erano scandalizzati dall’idea che Dio potesse abbassarsi fino a farsi uomo. È una mentalità ancora ampiamente diffusa: chi è grande, chi conta agli occhi del mondo, non si china, non si abbassa, punta a farsi servire. Tra voi, Emiliano e Simone, non sia così. Fate vostra la logica liberante del Vangelo, imitate lo stile di vita di Gesù: sarete trasparenza dell’amore di Dio per ogni uomo.
Don Ivan, Vescovo