Riapre al culto la chiesa parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino

Il parroco don Luca Delunghi: «È tempo di ritornare a casa dopo un anno di diaspora. Tanti esclamano: “Non vedo l’ora!”»

«La scelta di eseguire i lavori di restauro e consolidamento strutturale dal pavimento al tetto nasce sicuramente in un tempo azzardato, perché sono iniziati subito dopo la fase acuta del Covid-19, esattamente un anno fa. Già la pandemia aveva provocato una prima significativa diaspora di fedeli a cui si è aggiunta quella altrettanto consistente dovuta alla chiusura della chiesa dal giorno seguente la festa del Santo patrono Biagio, il 4 febbraio dello scorso anno». A sottolinearlo è il parroco dei Ss. Biagio e Savino di Perugia, don Luca Delunghi, nell’annunciare la riapertura al culto della chiesa, domenica 26 marzo, V di Quaresima, con la celebrazione eucaristica, delle ore 17, presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis.

«È tempo di ritornare a casa dopo un anno di diaspora – commenta don Luca –. Tanti esclamano: “Non vedo l’ora!”. Questo è molto incoraggiante per riprendere la vita di fede comunitaria contraddistinta anche da un’identità di Chiesa particolare radicata tra la gente. È stato bello vedere tanti volontari nel darsi da fare a pulire le panche e a mettere in ordine i diversi spazi ed oggetti».

Quella dei Ss. Biagio e Savino è una parrocchia “storica” del capoluogo umbro, che conta più di 4mila abitanti, un tempo di periferia, con l’attuale chiesa edificata alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. È la comunità parrocchiale più numerosa di una Unità pastorale molto attiva e solidale formata da sette parrocchie. Tant’è vero che le celebrazioni liturgiche festive della chiesa dei Ss. Biagio e Savino sono state ospitate in quella di San Ferdinando, mentre le attività di catechismo, socio-caritative, aggregative ed oratoriali si sono svolte nelle parrocchie di Santa Maria di Colle, di San Costanzo e di Santo Spirito avendone già in comune diverse. «Bisogna riconoscere la bella intuizione che già da alcuni anni i nostri vescovi hanno avuto nel proporci il modello dell’Unità pastorale – evidenzia don Luca –, come segno profetico di comunione e fraternità tra parrocchie limitrofe».

«Con tutto ciò abbiamo vissuto una grande dispersione – rimarca il parroco – e lo scorso anno, affinché ci fosse un minimo collagene tra la comunità e la parrocchia, ho visitato personalmente tutte le famiglie per incontrare le persone e mantenere i rapporti con quanti non vedevo più alle celebrazioni e agli incontri».

Erano lavori non più prorogabili, precisa sempre don Luca Delunghi, nel sottolineare che «già i miei predecessori, don Orlando Sbicca e don Umberto Stoppa, presenti anche loro alla riapertura di domenica, li avevano auspicati nel vedere le crepe e il cedimento del pavimento marmoreo di oltre un millimetro all’anno con un avvallamento nel punto più estremo che ha raggiunto quasi otto centimetri. Siamo intervenuti, una volta rimosso tutto il pavimento del 1959, con delle gettate di micro pali in cemento. Un intervento che ci ha permesso di realizzare anche il riscaldamento a pavimento. Altro importante intervento è stato effettuato sull’intero tetto a causa delle infiltrazioni d’acqua, coibentandolo con doppio strato di guaina, oltre all’adeguamento degli spazi liturgici secondo le linee della Cei ad iniziare dalla sede presbiterale avvicinata all’assemblea. Il fonte battesimale è stato portato all’ingresso della chiesa, il confessionale posizionato in parallelo alla cappellina che custodirà l’olii sacri e spostato il crocifisso dal centro dell’abside all’assemblea, così da essere più vicino al popolo di Dio, posto in parallelo all’altare dove si trova il tabernacolo. Inoltre sono stati rifatti gli impianti elettrico ed audio».

Don Delunghi annuncia anche che «abbiamo in cantiere, entro fine anno, un affresco su tutta la superficie absidale la cui opera l’andremo ad affidare a breve ad un atelier di alcuni artisti che hanno operato in diverse parti del mondo. La prospettiva è che venga rappresentata nell’affresco la gloria dell’Agnello, insieme ad altre figure della Gerusalemme Celeste; un rimando alla nostra chiesa che è tra le case, immersa tra i palazzi, con l’idea di dare la prospettiva biblica ed anche escatologica della visione della città e delle relazioni che in essa viviamo. Vedere come è stata compresa, vista e vissuta la città nell’antico e nel nuovo Testamento. Il richiamo alla Gerusalemme Celeste è per chi entra in chiesa, affinché possa guardare al futuro, la promessa della vita eterna, alla propria meta».

Il parroco, nell’invitare tutti i fedeli di «ritornare a casa nostra», fa anche un appello ad «essere ancora una volta generosi», perché «c’è un mutuo da pagare di quasi 1.000 euro al mese per 15 anni – ricorda don Luca –. Il bello di questo anno è che c’è già stato un gruppo di parrocchiani, giovani e adulti, che si sta autotassando per sostenere questa uscita mensile e non appesantire l’ordinario della comunità. Si è anche consapevoli che il 60% delle spese per questi lavori è stato sostenuto dalla Cei attraverso il fondo edilizia di culto dell’8xMille alla Chiesa cattolica. Rimanete generosi con la parrocchia – insiste il parroco –, perché, oltre a sostenere le spese dei lavori, la parrocchia ha continuato a rispondere alle necessità di chi suonava, in questi ultimi due anni, al Centro d’Ascolto Caritas, di sostenere l’emergenza per i soccorsi in Ucraina secondo le indicazioni della Caritas diocesana e aiutare la Chiesa diocesana per i tempi in cui è stato chiesto di rendere concreta la solidarietà».