“Si direbbe che questa chiesa, ristrutturata dal pavimento fino al tetto, sia un po’ una parabola di tutto il cammino quaresimale che vorrebbe rinnovare tutti noi, dalla testa ai piedi, farci persone nuove”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis ha esordito nell’omelia pronunciata, domenica pomeriggio 26 marzo, nella chiesa parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino di Perugia, riaperta al culto dopo un anno di lavori di restauro e di consolidamento strutturale. “Se nei prossimi mesi sarà realizzato l’affresco dell’abside, completando i lavori – ha proseguito l’arcivescovo –, che tratteggerà l’Agnello, segno del Crocefisso Risorto, e la Gerusalemme, la città Santa, quest’affresco, che ancora non c’è, se chiudiamo per un istante gli occhi e ripensiamo nel nostro cuore al racconto che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo (la resurrezione di Lazzaro, n.d.r.), siamo introdotti nella città santa, in quella vita nuova che viene incontro con il Signore… Gesù prende parte a questo dolore lancinante che la morte porta nel cuore umano. Anche Lui, davanti alla morte di Lazzaro, è turbato, si commuove… Non si tratta di credere in qualche forma di resurrezione, ma di sentire che nella fede già ci siamo fatti partecipi di quest’ultimo giorno”.
“Vivere con questa presenza del Risorto nel cuore, con questa Luce – ha evidenziato mons. Maffeis –, tutto acquista un nuovo valore, come le cose di tutti i giorni, i volti dei fratelli, le relazioni sociali. Vi auguro che questo luogo santo, che oggi torna a rivivere, irradi su ciascuno la grazia del Signore e la sua benedizione raggiuga vicini e lontani, consoli quanti hanno il cuore ferito, renda tutti noi sensibili alle necessità dei fratelli, a partire dai più poveri, qualunque sia la forma di questa povertà. Il Signore ci renda comunità cristiana, parrocchia, tenda piantata tra le case della gente, fontana inesauribile di pace e di fraternità. Buon cammino a tutta la comunità”.
Per la comunità parrocchiale dei Ss. Biagio e Savino e per tutte le altre dell’Unità pastorale, che per un anno hanno accolto celebrazioni liturgiche e attività pastorali della chiesa in cantiere, è stato un giorno di festa e di gioia come si è colto dalle parole del parroco, don Luca Delunghi, pronunciate nel suo intervento di saluto all’inizio della messa a cui hanno preso parte tantissimi fedeli, diversi sacerdoti, tra cui i vicari generale e per la pastorale, don Simone Sorbaioli e don Simone Pascarosa, il sindaco Andrea Romizi e alcuni dei suoi assessori. “Un grande segno – ha sottolineato don Delunghi – è stata l’accoglienza delle parrocchie vicine della nostra Unità pastorale, per questo, a loro, a quelli che sono qui presenti diciamo subito grazie: siete stati il volto, insieme ai vostri parroci, di una Chiesa accogliente e capace di fare spazio e la conferma che le Unità pastorali, anche con i loro limiti, più umani (campanilistici e clericali), hanno un senso. Abbiamo sentito il desiderio di tanti di tornare, non vedendo l’ora di poter varcare nuovamente quelle tre soglie per pregare qui, ma abbiamo anche scoperto la verità profonda che abbiamo bisogno sinceramente di chiederci come stare in mezzo a questo quartiere abitato da tante povertà, concrete ed essenziali, e come essere il volto bello di Colui che ci chiede di collaborare per la realizzazione del suo Regno in mezzo agli uomini”. Il parroco, rivolgendosi all’arcivescovo, gli ha chiesto a nome di tutti i parrocchiani di “aiutarci a comprendere meglio, attraverso questa celebrazione, questo tempo dove stiamo camminando e cosa dovremmo fare perché oggi non sia solo un evento, ma una tappa di questo percorso vissuto insieme”.
Non sono mancate, al termine della celebrazione, le parole di alcuni membri della comunità parrocchiale, alcune anche di “provocazione”, affinché il “ritorno a casa” dopo un anno possa essere letto come opportunità, ripartenza e occasione. “Tutti quanti ci siamo rimboccati le maniche – ha detto uno dei parrocchiani – e con l’incentivo di una salda e lungimirante guida ci abbiamo provato, offrendo continuativamente contributi in tempo, denaro, capacità e servizi. Come diceva mons. Ennio Antonelli (arcivescovo di Perugia dal 1988 al 1995, n.d.r.): ‘la comunità crescerà non con il molto di pochi, ma con il poco di molti’, e noi aggiungiamo: ‘senza nulla togliere a chi ha dato tanto’”.