«La Chiesa in uscita prende forma anche dal sentiero di spiritualità che il Papa sta percorrendo in Italia: don Mazzolari e padre Puglisi, don Milani e don Tonino Bello. Tutti in apparenza accomunati dall’essere definiti “preti scomodi”». E’ quanto scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo ultimo articolo ospitato nella rubrica Dialoghi de Il Settimanale de «L’Osservatore Romano», in edicola venerdì 27 aprile, già consultabile sul sito: http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/ITA_2018_017_2604.pdf
Una definizione giornalistica di successo.
“Preti scomodi”, precisa il porporato, è «una definizione giornalistica di successo, ma che in realtà non restituisce molto della profondità spirituale e pastorale di questi sacerdoti. La cui caratteristica principale non è tanto la scomodità — tratto ineludibile del cristianesimo più autentico — ma lo spirito profetico. Quello di chi annuncia Cristo senza compromessi con la mondanità, di chi non si rinchiude nelle sicurezze terrene e riesce a vedere oltre l’orizzonte delle aspettative umane.
Questi preti, spesso in solitudine, hanno dunque tracciato un cammino di fede che le intemperie del tempo non hanno cancellato né rimosso e che l’anima popolare non ha dimenticato. Sono tracce, insegnamenti e spunti per il mondo attuale che Francesco sta raccogliendo e rilanciando».
Un’eredità preziosa viva, attuale, concreta.
«Questi sacerdoti italiani – prosegue il cardinale hanno lasciato, infatti, un’eredità preziosa che non si può esaurire nel momento commemorativo o nella riflessione intellettuale. Non si tratta di un’eredità culturale da confinare nei libri di storia o di apologetica, ma di un’eredità viva, attuale, concreta: una luce per i nostri giorni. Un esempio si è avuto durante la recente commemorazione del venticinquesimo anniversario della morte di don Tonino Bello. Parlando davanti a migliaia di fedeli, il Papa non ha solo ricordato le sue virtù esemplari, ma prendendo spunto dalle sue opere e dalle sue parole ha lanciato un vigoroso appello per la pace nel Mediterraneo. Da quella terra, che don Tonino Bello chiamava una «terra-finestra» da cui poter «osservare tutte le povertà che incombono sulla storia», è possibile agire concretamente oggi per contribuire a trasformare questo «bacino di civiltà» da «arco di guerra teso» in «arca di pace accogliente» afferma Francesco».
Costruire un Mediterraneo di pace.
«Parole attualissime proprio oggi che la Chiesa in Italia – evidenzia il presidente della Cei – è impegnata nel costruire un Mediterraneo di pace per superare i conflitti dei paesi rivieraschi e le morti dei migranti in mare. Bisogna poi osservare come le parole di don Tonino Bello parlino al mondo attuale ma al tempo stesso si leghino con altre visioni del passato. La «terra-finestra» di don Tonino Bello rimanda, infatti, in alcuni tratti, alla «storiografia del profondo» di La Pira. E l’identica propensione a costruire un mondo pacificato trova nel Mediterraneo un crocevia di eccezionale importanza per l’Europa. Così come l’amore per i bisognosi di don Tonino Bello rimanda alla visione di Mazzolari che vedeva nei poveri una sorta di fratelli carnali di Gesù. E la cura dei giovani accomuna don Puglisi e don Milani seppur da prospettive lontane».
Tre dimensioni sociali di vivere la fede.
Nell’avviarsi alla conclusione della sua riflessione, il cardinale Bassetti si sofferma su: «Pace, poveri, giovani. Tre dimensioni sociali di vivere la fede. Tre campi di azione missionaria in cui queste figure (Mazzolari, Puglisi, Milani e Bello, n.d.r.) hanno dato tutto se stessi senza risparmiarsi, senza volgere lo sguardo dall’altra parte, senza alzare i muri dell’indifferenza o il velo di una fede ipocrita. Si tratta ovviamente di esperienze diverse, vissute in periodi storici differenti e in luoghi diversi, ma che delineano un’Italia cristiana e popolare su cui è opportuno meditare e da cui bisogna prendere esempio. In definitiva, il sentiero che sta indicando il Papa in Italia è un mosaico variopinto di esperienze di fede, vissute in pienezza e originalità, tra sofferenze e scarse gratificazioni. Ma con un unico comune denominatore: essere dei profeti per il nostro tempo».