
Ci voleva la sinergia e complementarità di due studiose quali Maria Luisa Meo, linguista, e Marilena Rossi Caponeri, archivista storica, per produrre un saggio documentato e completo come Castel della Pieve. L’età del Perugino (Città della Pieve, 2023) la cui premessa metodologica e storiografica è ampiamente mantenuta nei risultati.
Nella messe di libri usciti per il cinquecentesimo anniversario della morte di Pietro Vannucci (1523), la maggior parte di taglio monografico molto specifico, se ne distingue perché, meno ambizioso e più angolato all’apparenza, finisce in realtà per essere una corposa, articolata e utilissima summa di storia locale (sia pievese, sia perugina) ben inquadrata nel contesto italiano tra XV e XVI secolo (e oltre). Precisando che di storia italiana – sic – si tratta, pur nella dolorosa consapevolezza, espressa dai cronisti e filosofi dell’epoca (citati nel testo), della frammentazione politica tra interessi particolari e quelli delle superpotenze.
Facendo perno sul pittore pievese e sulla sua famiglia, anch’essa descritta nelle varie ramificazioni, le autrici allargano il campo alla vivace comunità pievese, tutt’altro che marginale, anzi centrale nei rapporti tra i molti personaggi che la vicenda peruginesca incrociò, in primis la famiglia Bandini, le cui vicende si intrecciarono a quelle dei potentati perugini.
L’età, precisa Maria Luisa Meo, è quella di «lotte intestine, disordini e pestilenze… rivolte e violenze», ma non di meno «attraversata dal volontariato laico e caritatevole, da voci di misericordia e purezza e da una fioritura artistica di grande importanza», che non si comprenderebbe se non in questa chiave, e che riflette questa stessa temperie o, talora, ne rappresenta il desiderio di sublimazione.
Una sezione del volume è la trascrizione delle Riformanze comunali disponibili nella seconda metà del Quattrocento, nelle quali tra l’altro il padre di Pietro, Cristoforo, compare tra le magistrature cittadine. I documenti sono conservati in parte in originale nell’Archivio storico comunale, in parte in trascrizioni e regesti sei-settecenteschi di originali, andati perduti, nel fondo di mons. Fiorenzo Canuti (il sacerdote studioso nato a Cetona nel 1876 e morto a Città della Pieve nel 1968) presenti nello stesso Archivio comunale e nell’Archivio diocesano.
Non mancano, da parte delle due autrici, ipotesi di lavoro originali e ben documentate, tenendo conto, oltre che delle fonti d’archivio, della ricca bibliografia oggi disponibile (nonché di quella classica, sostanzialmente riconducibile allo stesso Canuti).
Il volume è stato presentato a Perugia venerdì 17 gennaio, con l’intervento del vicario generale mons. Simone Sorbaioli. Una bella occasione, per tutti, per sapere di più sulle proprie radici identitarie; una lezione di storia, dove ogni nozione è spiegata con chiarezza “visiva”, senza dare nulla per scontato. Epoche e persone da cui ci separa una distanza temporale, ma a cui ci lega – come ha sottolineato mons. Sorbaioli – un’altrettanto innegabile contiguità culturale.