A dodici giorni dal morto ammazzato per strada di notte, Perugia si è risvegliata il 5 ottobre con un altro grave episodio di cronaca nera avvenuto, sempre nelle ore notturne, nella frazione di Ponte Felcino. Si tratta di un uomo ucciso in auto da colpi d’arma da fuoco, esplosi durante l’inseguimento delle forze dell’ordine, mentre stava fuggendo con dei complici dopo un furto ad una tabaccheria.
Il parroco di Ponte Felcino, mons. Alberto Veschini, vicario episcopale della IV Zona pastorale dell’Archidiocesi, ha così commentato quest’episodio ai microfoni di «Umbria Radio», l’emittente diocesana a diffusione regionale: «Non mi meraviglio per quanto è accaduto. Simili gravi episodi accadono in tutte le città e dappertutto». Nel contempo si è detto molto dispiaciuto e sconvolto nell’apprendere che un «uomo è stato abbandonato come un cane dai suoi compagni. E’ una cosa molto disumana».
Ponte Felcino non è un centro abitato «dei migliori», ha proseguito il parroco, e «presenta molte criticità, perché è un quartiere dormitorio e le persone native sono sempre più anziane. La gente percepisce un po’ di paura e come comunità stiamo tutti facendo la nostra parte affinché si mettano più controlli». Mons. Veschini ha messo anche il dito nella piaga nel dire: «Dovremo come cittadini assumerci delle responsabilità nel momento in cui continuiamo ad affittare le case vecchie senza denunciare alle autorità chi ci abita…». Così, ha commentato il parroco, «ci diamo la zappa sui piedi!».
Altro tema trattato da mons. Veschini è stato quello dei migranti ospitati nel locale ostello, che «vengono percepiti come nemici – ha detto –, ma di fatto non hanno mai commesso cose contro la legge. Noi cerchiamo di operare per la conoscenza, la riconciliazione, l’integrazione. Ci sono molte forze che stanno agendo e non solo all’interno della comunità parrocchiale, ma anche a livello sociale come la Pro-loco, che sta facendo un bel lavoro. Non è facile e ci vuole del tempo, perché le persone – ha ribadito e concluso il parroco – vivono Ponte Felcino come un dormitorio, perché è comodo a loro per andare in città a lavorare».