«La vita va accolta sempre, ogni volta che si manifesta nella sua fragilità». Lo ha evidenziato mons. Paolo Giulietti, vescovo delegato ad omnia di Perugia-Città della Pieve, nell’omelia della messa per la XLI Giornata nazionale per la vita, celebrata nella chiesa parrocchiale di San Raffaele Arcangelo del capoluogo umbro la sera del 3 febbraio insieme al parroco don Alessio Fifi e al condirettore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia don Lorenzo Marazzani Visconti. Presenti numerosi fedeli e diversi operatori e volontari dell’Ufficio diocesano con i direttori Maria Rita e Gianluca Carloni e del Movimento per la Vita e del Centro aiuto alla Vita di Perugia. «C’è una fragilità strutturale della vita – ha proseguito il presule – che appartiene al nostro quotidiano: i bambini prima di nascere, gli anziani al termine della vita, gli ammalati… Poi c’è una fragilità straordinaria come l’immigrazione, la crisi economica, l’impoverimento, quei fenomeni che non appartengono all’ordinario svilupparsi della vita. Eppure, come ha detto papa Francesco ai giovani di Panama, chi non abbraccia la vita per quello che è non può accogliere la salvezza».
Mons. Giulietti ha messo in relazione il passo del Vangelo di Luca (Lc 4,21-30) di domenica scorsa con l’invito dei vescovi italiani contenuto nel loro messaggio per la XLI Giornata per la vita, quello di «uscire dai due atteggiamenti dei paesani di Nazareth che rifiutano l’ordinario e non sono aperti allo straordinario. Rifiutano di credere che la salvezza di Dio passi attraverso la persona normale e rifiutano anche di accogliere la libertà di Dio nel fare quello che crede Lui e non quello che vogliono gli uomini nei loro disegni e nelle loro aspettative. Queste due fatiche ci stanno sempre dinanzi a noi come agli abitanti di Nazareth e valgono per ogni occasione di salvezza. La salvezza che ci arriva attraverso la Parola, i Sacramenti e la Chiesa; la salvezza che ci arriva attraverso la vita, perché nella vita è il Signore che ci viene incontro. “Ogni volta che avete fatto questa cosa a uno dei questi piccoli e fragili – dice Gesù – l’avete fatto a me”. L’incapacità di accogliere la fragilità di questa esistenza nel suo ordinario e nel suo straordinario è incapacità di accogliere ancora una volta la salvezza di Dio. Che la celebrazione di questa Giornata per la vita ci aiuti davvero ad abbracciare la vita, a permettere che il Signore, proprio perché noi accogliamo la vita con la sua fragilità per quello che è, ci entri dentro e la salvi, ci salvi e ci renda strumenti di salvezza».
Significativa è stata la testimonianza della signora Maria, una volontaria del Movimento per la Vita e del Centro aiuto alla Vita di Perugia. Quest’ultimo, meno conosciuto, è «una mano concreta nell’accogliere ed ascoltare la donna nel momento più difficile della sua vita – ha spiegato Maria –, nella “fragilità”, come ha detto più volte il vescovo Paolo. La gravidanza non è sempre attesa e felice e noi aiutiamo le donne ad accogliere la vita, affinché non diventi una ferita incolmabile. Le accompagniamo durante la gravidanza e nel primo anno di vita del bambino con un aiuto economico, medico e legale attraverso il “Progetto Gemma” attivo dal 1994, istituito a livello nazionale, che ha dato la possibilità di venire alla vita fino ad oggi a 26mila bambini. Una mano testa, un consiglio… salva una vita umana. Madre Teresa di Calcutta diceva: “bambino non nato è il povero dei più poveri”. Solo l’amore per l’altro può muovere il mondo e noi, con la nostra opera di volontariato, mettiamo tanto amore nell’aiutare queste donne. Nel 2017 le Ivg sono state 100mila su 500mila nati, numeri che parlano da soli. In sei anni di volontaria presso il Centro aiuto alla Vita di Perugia – ha concluso Maria – nessuna donna è tornata a dirmi: “perché mi hai fatto partorire”. Ricordo un caso in cui una mamma di tre figli voleva interrompere la gravidanza perché la sua famiglia stava vivendo un momento molto difficile a livello economico. Il marito, che non voleva il quarto figlio ed era molto arrabbiato con me, una volta venuto alla luce lo porta al Centro e mi dice con voce commossa: “questo è anche tuo figlio”».