«In questa terza Domenica di Pasqua, abbiamo ascoltato una Parola, così ricca, così incisiva, così appropriata alla nostra vita, che sarebbe davvero un peccato se rimanesse come un suono nelle nostre orecchie e non penetrasse profondamente nel nostro cuore». Così ha esordito il cardinale Gualtiero Bassetti nell’omelia della messa domenicale del 26 aprile celebrata nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia. E’ stata la decima celebrazione eucaristia festiva presieduta dal cardinale, a “porte chiuse”, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, trasmesse tutte in diretta da Umbria Tv, Umbria Radio InBlu e sui social media ecclesiali.
Non sapere attendere. Commentando il passo del Vangelo di Luca, dei due discepoli di Emmaus, il presule ha detto: «Mi colpisce il gesto di Gesù, dinanzi all’insistenza dei due discepoli nel chiedergli: “Resta con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno, ormai, è al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro”. Stamani, cari fratelli e sorelle, questo è anche il nostro grido: “Resta con noi, Signore!”. Resta con noi nei momenti bui, come questo che stiamo vivendo, con problemi enormi e con un futuro che è incerto per tutti. Resta con noi, perché siamo troppo distratti e quindi ci capita spesso, come ai due discepoli di Emmaus, di non sapere leggere al presente la storia del passato… “Noi speravamo – essi dissero – con tutto ciò sono passati tre giorni…” Ecco la consistenza della nostra fede! Tre giorni e sembrano un’eternità… Dobbiamo riconoscere, purtroppo, che non sappiamo attendere».
Dipanare il gomitolo della vita. «Signore noi abbiamo bisogno di te – ha proseguito il cardinale –. Dei tuoi gesti e delle tue parole: speriamo di poter tornare presto a celebrare l’Eucarestia! Te lo chiediamo col cuore, perché abbiamo bisogno di sentire da te la spiegazione delle Scritture, ma soprattutto abbiamo bisogno che la nostra vita si dipani davanti alla tua Parola e non continui ad arrotolarsi su sé stessa, perché questo è il rischio che noi corriamo. Abbiamo bisogno che la Parola di Dio e il cibo dell’Eucaristia, soprattutto, dipanino questo gomitolo che è la nostra vita».
No al ruolo di rimorchi. «Dovremmo essere proprio noi cristiani ad essere innamorati di Cristo e della Chiesa, per poter contagiare gli altri – ha esortato a fare il cardinale –: invece quante volte quasi ci vergogniamo della nostra fede e siamo i primi a dare una controtestimonianza… Dovremmo essere noi credenti a creare novità, come dice il Santo Padre a sviluppare “processi”, a trascinare gli altri con la forza e la freschezza del Vangelo, invece ci ritroviamo spesso rimorchiati».
Coscienza critica della società. Innalzando la preghiera al Signore, il presule ha detto: «Aiutaci a non cedere mai alle superficialità! Rendici vivi, attivi, protagonisti all’interno della società. Rendici più incisivi: non basta essere credenti, occorre essere credibili, capaci di testimonianza, capaci di pronunciare parole di vita, parole vere che escano dalla bocca di Dio! Torniamo ad essere costruttivi e, quando necessario, anche coscienza critica della società, perché sia più sveglia e più attenta nei confronti dei perseguitati, dei poveri, di quanti subiscono violenza, degli ultimi e di tutti coloro che sono soli, nell’abbandono e nelle ristrettezze economiche. Se un tempo si diceva per quest’ultima categoria di persone: “non arrivano alla fine del mese”, oggi, in questo difficile momento, possiamo dire: “non arrivano alla fine della giornata”. Quante volte anche nel volto di tanti cristiani io noto tristezza… Questa tristezza non sia mai dovuta alla sconfitta del Vangelo nella nostra vita e in quella dei fratelli, perché se si sconfigge il Vangelo allora abbiamo ben motivo per essere tristi».
Riconoscere il Crocifisso. «Non ci manchino mai occhi per vedere: ci sono tanti motivi per essere preoccupati e tristi nella nostra vita, in quella delle nostre famiglie e della società. Sono spesso questi i motivi che ci rendono preoccupati, ma è proprio in questo contesto di problemi che il Crocefisso si accosta a noi e spesso non lo riconosciamo fino in fondo. Solo la compagnia di Gesù vivo e Risorto – ha concluso il cardinale – può trasformarci il cuore e la nostra vita. “Resta con noi, Signore!”. Sia questo anche il nostro grido! “Resta con noi”, e allora nella nostra vita non si farà mai sera».