“Non vogliamo altre Caroline”. Inizia con questo appello l’incontro di formazione ‘Genitori e figli nella rete’ tenutosi il 19 aprile ed organizzato dall’Oratorio ‘L’Astrolabio’ della parrocchia di San Giovanni Apostolo in Ponte d’Oddi a Perugia, sul tema del cyberbullismo. L’incontro con Paolo Picchio, padre di Carolina Picchio – prima vittima acclarata di cyberbullismo e presidente della Fondazione Carolina – e Ivano Zoppi, presidente della cooperativa Pepita Onlus che da anni si occupa del fenomeno, ha permesso ai presenti (genitori, educatori, professionisti ma anche giovani) di comprendere alcuni aspetti di questo fenomeno sempre più diffuso.
La storia di Carolina. Nel 2013 Carolina, a soli 14 anni, si toglie la vita perché vittima di cyberbullismo. Prima di allora nessuno utilizzava questo termine ma dopo la storia di Carolina – che prima di suicidarsi lascia un biglietto nel quale spiega le motivazioni del suo gesto denunciando tutti i suoi aggressori – il cyberbullismo inizia ad essere studiato come fenomeno. Con il suo gesto Carolina apre le porte in Italia ad una nuova legge. Prima il processo ai suoi ‘amici’ che l’hanno derisa diffondendo un filmato in cui giocavano con il suo corpo – privo di sensi – mimando atti sessuali, poi la legge 71/2017 proposta dalla senatrice Elena Ferrara, ex insegnante di musica di Carolina, che insieme a Paolo Picchio inizia un cammino per il riconoscimento di questo fenomeno. Una normativa, quella italiana, che è la prima legge sul tema in Europa. Dopo quanto accaduto alla figlia, per Paolo Picchio diventa fondamentale raggiungere il maggior numero di ragazzi per informarli e metterli in guardia dal potere delle parole diffondendo un messaggio importante sia per gli aggressori che per gli aggrediti: “tornate a vivere nel mondo reale e a volervi bene”.
Il cyberbullismo. Il potere dei social, l’uso di parole d’‘odio’ nel mondo virtuale, feriscono centinaia di giovani: in Italia, solo nel 2017, sono stati 357 gli adolescenti che non hanno resistito e si sono tolti la vita. La storia di Carolina ha aperto gli occhi agli adulti su un mondo, quello della rete e dei social network. I recenti casi di cronaca, l’episodio del giovane ‘bullo’ di Lucca e il video intimo della 14enne di Milano diffuso tra i compagni di scuola, sono solo alcuni degli episodi che spingono a chiedersi il perché di alcuni comportamenti. Perché invece di fermare il compagno di classe che fa il bullo con il professore gli altri lo filmano e postano il video on-line? Perché a distanza di un anno, il video ‘intimo’ di una giovane viene riproposto e ricondiviso nella nuova scuola? Il problema, allora, non è il cyberbullismo o il bullismo in generale, ma la quotidianità. Questi fenomeni, secondo il presidente di Pepita Onlus, Ivano Zoppi, sono solo il risultato di un malessere diffuso tra i giovani, che fanno un uso distorto dei social e della rete, e degli adolescenti alla continua ricerca di like e visualizzazioni. Il problema alla base è la ricerca di affermazione personale non trovano nel mondo reale, quello degli adulti, e che cercano continuamente nel mondo virtuale.
Il ruolo educativo. Alla luce dei problemi illustrati nel corso dell’incontro, Zoppi lancia un appello agli adulti in generale, genitori, educatori, allenatori sportivi: “riprendente in mano il vostro ruolo educativo”. Fondamentale è spiegare ai giovani il potere dei social e di tutti gli strumenti che consentono la navigazione on line, ma anche diffondere nelle nuove generazioni la ‘cultura del rispetto’: delle regole, di noi stessi e degli altri. Demonizzare la tecnologia e proibirne l’uso, secondo Zoppi, non solo è sbagliato ma anche impossibile: “non possiamo tornare a quando non esistevano i cellulari, ma possiamo educare e rieducarci al rispetto delle regole. Come adulti dobbiamo essere d’esempio per i giovani e accompagnarli ad un uso responsabile e consapevole della tecnologia”. Sono, quindi, due le parole chiave per provare a contrastare il bullismo ed il cyberbullismo: prevenzione e formazione.