Messa crismale. L’omelia dell’arcivescovo

Mons. Maffeis ai numerosi sacerdoti e fedeli convenuti: «Non è spreco, amici, il tempo che dedichiamo al Signore»

Lo scorso anno, in occasione della Messa crismale, vi esprimevo la gratitudine per la cordialità con cui avete accolto un sacerdote che scendeva dal nord, chiamato a diventare vostro Vescovo. Quest’anno giungo a questa celebrazione da sud, dalla Visita ad limina, e porto a tutta la Comunità diocesana la premura e la vicinanza del Santo Padre.

A quella del Papa unisco la mia riconoscenza per il servizio che, voi sacerdoti, assicurate al nostro popolo, per il tanto bene – per lo più nascosto – che fate, per il perdono che donate in nome di Dio, per quel vostro passare di casa in casa, ancor più visibile in questo tempo di benedizioni: siete il volto della Chiesa, disponibile a incontrare ogni famiglia nella sua umanità, ad ascoltarne la voce, a condividerne ferite, preoccupazioni e speranze. Ne sono segno e strumento gli oli che benediremo fra poco e che, attraverso di voi, rafforzeranno i catecumeni, confermeranno i cresimati, porteranno conforto agli ammalati.

Eminenza e cari confratelli: è un cammino di santità quello che abbiamo abbracciato con l’ordinazione; una santità che non è spenta dalla nostra debolezza e nemmeno dalle nostre miserie, se sappiano affidarci con umiltà e fiducia alla misericordia di Dio, come la donna peccatrice che a Betania unse di olio profumato i piedi di Cristo: un gesto che suscitò lo sdegno di Giuda, che lo considerò come uno spreco sconsiderato.

Non è spreco, amici, il tempo che dedichiamo al Signore. Non è spreco la nostra preghiera, il sostare nel silenzio delle nostre chiese, la nostra frequentazione della Parola di Dio, il nostro amore all’Eucaristia. Non è spreco, è condizione per leggere con occhi di fede la vicenda umana.

Rinnoveremo tra poco le promesse del giorno della nostra ordinazione proprio per ridirci chi siamo, in Chi abbiamo posto la nostra speranza, a Chi abbiamo affidato la nostra vita. È questa amicizia che ci abilita a chinarci – come simbolicamente faremo domani sera – sui piedi dei fratelli, per “portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, promulgare l’anno di grazia del Signore”.

L’amicizia con il Signore rimane la condizione per andare avanti come uomini di Dio, in un ministero che si svolge spesso tra tante fatiche e pochi riconoscimenti. Avvertiamo il peso di strutture, ereditate da un passato che non c’è più. Soffriamo il peso del carico pastorale, gravato dall’accorpamento di più parrocchie. Si fa sentire il peso della salute e dell’età. Non è senza conseguenze nemmeno il peso per la fine di un certo modello di Chiesa: la portata del cambiamento in cui siamo coinvolti, ci mette a confronto con una società plurale, con linguaggi non immediati e insieme con la necessità di non attendere, ma di saper andare incontro a persone che spesso non sono cresciute in una cultura cristiana.

Non è facile. Anzi, in certi momenti di solitudine o di incomprensione si può arrivare a provare un senso di smarrimento, di inutilità e di amarezza. Più che la gioia del profeta sperimentiamo l’afflizione, che ci fa essere noi per primi bisognosi di consolazione.

Dove attingere fiducia e respiro pastorale per attraversare questa stagione?

Indico due ambiti che considero indispensabili.

Il primo è la coscienza di appartenere a un presbiterio, all’interno del quale non solo condividiamo i problemi, ma ci stimiamo, animati da sentimenti di fraternità e di collaborazione. La verità del nostro ministero passa dalla ricerca e dalla custodia di questa comunione tra noi. Costa la fatica di alimentarla con l’amicizia, il ricordarsi l’uno dell’altro, la fedeltà agli incontri spirituali e formativi sia a livello diocesano che di zona.

L’altro ambito è quello delle comunità. Ringrazio l’intero popolo di Dio per il rispetto e l’amore che porta ai sacerdoti, non a una loro figura ideale, ma a voi, alle vostre persone concrete, prese nella loro umanità e nella loro storia. Questa vicinanza delle comunità – oltre che sostenervi – contribuirà a promuovere e a suscitare la disponibilità di nuove vocazioni.

Lavorate per coinvolgere e formare gruppi di uomini e di donne che possano assicurare – anche nella realtà più piccola – la preghiera, l’ascolto della Parola, l’annuncio, la visita alle famiglie, la Comunione ai malati e l’attenzione ai bisognosi. Sono ambiti in cui aiutarci a precisare e a valorizzare al meglio la ricchezza costituita dai nostri diaconi. Sono tematiche su cui dovremo confrontarci con coraggio e con pazienza nei nostri organismi, anche con il nuovo Consiglio pastorale diocesano, che stiamo mettendo a punto. Sono argomenti che affido a tutte le parrocchie, unità e zone pastorali, al cuore di ogni credente: solo insieme riusciremo a individuare la strada per continuare a far risuonare in noi e nella città degli uomini la parola liberante del Vangelo.

Ci accompagni la tenerezza materna di Maria, Madonna delle Grazie.

Don Ivan

Vescovo

 

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Saluto introduttivo del vicario generale don Simone Sorbaioli alla Messa crismale 2024

 

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