
Eminenza, cari confratelli nel sacerdozio: dai diversi territori della Diocesi siamo convenuti in Cattedrale per poi ritornare alle nostre comunità.
Comunità che, in realtà, sono anch’esse qui presenti: ve le portate dentro; nel vostro cuore di pastori trovano casa, mentre contribuiscono a disegnare i vostri pensieri, le vostre preoccupazioni e, forse, anche qualche vostra sofferenza. Incontrandovi, ritrovo in voi i tratti di quella geografia che, nel suo insieme, dà forma ecclesiale a questa nostra terra. Dove nessuna realtà – nemmeno la più piccola o la più lontana – rimane meno importante o periferica, se crediamo che il centro di tutto sia il Signore Gesù.
Lasciandoci guardare da Lui, rinnoviamo le promesse del giorno dell’ordinazione: è un far memoria grata di quella chiamata, alla quale abbiamo appeso la nostra stessa vita. Nel cuore ciascuno ne custodisce la storia, che l’ha portato a lasciare la barca e le reti di altri progetti di vita per seguire il Signore, entrando a far parte di quest’unico presbiterio.
È la realtà: possiamo portare la gioia e il peso del nostro ministero nella misura in cui ci interpretiamo in quell’unità sacramentale che, nel ‘noi’ della Chiesa, ci fa corpo sacerdotale. L’ordinazione e la missione – evidenzia il Concilio – ci uniscono in “un’intima fraternità che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità” (LG, 28).
Ringrazio per l’impegno a restare fedeli ai diversi momenti di incontro; ringrazio chi ha a cuore il confratello in difficoltà o che è provato dalla malattia o impossibilitato dall’età. Il primo dono che siamo chiamati a offrire alla comunità cristiana – e alla stessa società – non è una serie di iniziative o una somma di funzioni, ma la testimonianza di una fraternità vissuta. La nostra assemblea di questa sera ne è segno e richiamo.
Dalla Cattedrale faremo ritorno a casa. L’olio che porterete con voi – che è medicina per gli ammalati, forza per le battaglie della vita, balsamo che consacra – serva anche a lenire le vostre solitudini e le vostre difficoltà e contribuisca a sostenere la vostra dedizione al popolo di Dio.
Non è facile. È alle spalle il tempo in cui ci si muoveva all’interno di un tessuto culturale per molti versi omogeneo. Oggi, accanto a fedeli che partecipano attivamente alla vita della comunità, vivono battezzati che prescindono dall’appartenenza ecclesiale; vi sono anche molti per i quali la proposta cristiana è semplicemente inedita.
In questo contesto, raccogliere il mandato di annunciare in parole e opere l’anno di grazia del Signore, ci richiede l’apostolato dell’ascolto, la capacità di ‘perdere tempo’ con umiltà, pazienza e gratuità, la disponibilità a lasciarsi interrogare dalle situazioni in cui vive la nostra gente, attenti a valorizzare le circostanze della vita umana e familiare, fino a cogliere in ognuna di esse un’attesa a cui offrire la speranza cristiana.
Ci sostiene la relazione con il Signore, che ci introduce nell’oggi di Dio – “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” –, nella sua eternità, che è un’esperienza che facciamo ogni volta che ci lasciamo raggiungere dalla sua misericordia. Un oggi di Dio che si dilata quando, a nostra volta, sappiamo amare, perdonare, servire.
Non siamo soli. La missione ci vede partecipi dell’oggi della Chiesa, il cui mistero accomuna tutti i battezzati e si esprime nella corresponsabilità tra le vocazioni e i diversi stati di vita: probabilmente è questa l’acquisizione essenziale del cammino sinodale, l’orizzonte che ci aiuta a evitare le secche di una solitudine pastorale, che consuma anche per eccesso di generosità.
Grazie del vostro essere servitori della vita. In voi la nostra gente riconosce uomini di Dio, immersi in ciò che non passa, portatori di consolazione perché discepoli della Parola, consacrati che accompagnano all’incontro con Dio. La vostra testimonianza possa farsi proposta vocazionale ai nostri giovani.
Dalla comunione con voi – che siete il mio prossimo – passa il mio servizio di Vescovo. Vi chiedo perdono per quando questa consapevolezza non si è tradotta in disponibilità piena. In autunno inizierò una visita pastorale: sarà motivo per rafforzare i vincoli di fraternità che ci uniscono e ci fanno camminare insieme con le nostre comunità sulle orme del Risorto.
La Pasqua rinnovi la speranza di ciascuno, della nostra Chiesa, di tutta la nostra gente. Di quanti pregano e s’impegnano per la pace.
Don Ivan Maffeis
Vescovo
Fotogallery e cronaca della celebrazione della Messa Crismale: La Messa Crismale in Cattedrale – Diocesi Perugia