L’omelia del cardinale Gualtiero Bassetti pronunciata all’ultima S. Messa pro populo, nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia, domenica 17 maggio, trasmessa in diretta dai media e sui social ecclesiali

Fratelli e sorelle,

nella vita c’è un’esperienza ancora più tragica di quella di essere orfani: è quella di vivere da orfani senza esserlo. Mi direte: ma come è possibile? Eppure, tutti siamo esposti a questa tentazione: vivere senza Dio, non incrociare mai il suo sguardo, ignorare la sua mano tesa, trascurare la sua parola, volendo così costruire la propria torre di Babele, e credere che vivere da orfani sia felice.

Nelle parole di Gesù, abbiamo la proposta di un magnifico progetto di vita: “se mi amate, osserverete i miei comandamenti – che sono i comandamenti dell’amore – ed io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito, un difensore, un consolatore, perché rimanga con voi per sempre: lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce”.

“Se mi amate”. Nelle parole di Gesù abbiamo la delicatezza di una proposta, non un imperativo categorico, non una costrizione, ma l’invito libero e liberante di un Dio che ama, che ti dona gioia, ti nutre, ti consola, e che ti comunica la sua pienezza d’amore: il dono dello Spirito Santo.

Fratelli che mi ascoltate, io vi assicuro che sarete davvero beati se coglierete questo invito alla libertà e accoglierete il Paraclito, lo spirito che vi difende dalle insidie del male e del demonio, e vi dona la libertà vera di figli di Dio.

Ma, ditemi voi, se ci può essere qualcosa di più rassicurante per noi della parola di Gesù: “non vi lascerò orfani: verrò da voi!”. “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più, voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”. È lo Spirito Santo che ci rende in pienezza fratelli di Gesù, perché figli dello stesso Padre. È lo Spirito Santo che attesta nel nostro cuore che siamo figli di Dio. È lo Spirito Santo che ci rende tempio e dimora di Dio. Se riconoscessimo questa nostra grandezza e dignità, come cambierebbe la nostra vita! Da quante meschinità, egoismi, ripiegamenti su noi stessi, ci sentiremmo immediatamente liberati. Come sapremmo sempre riconoscere la nostra dignità di figli di Dio e riconoscerla nei fratelli!

Quanti medici, infermieri – ho avuto testimonianze dirette – in questo tempo di pandemia, si sono chinati sul morente, tracciando un segno di croce! Un medico ha detto “io ho dato l’estrema unzione”: sì, tu hai compiuto l’atto di amore più grande che si potesse esprimere, perché hai riconosciuto in colui che moriva la dignità di una persona umana, di un fratello, di un figlio di Dio!

Concludo ritornando alla domanda iniziale da cui siamo partiti, rivolta da Gesù ai suoi discepoli nell’ultima cena: “se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. È la prima volta nel Vangelo che Gesù chiede ai discepoli di amarlo. Sino ad allora aveva chiesto che amassero il Padre, i poveri, i piccoli, che si amassero a vicenda fra loro. Ora, poco prima di morire, chiede che amino Lui. Certo, vi è una domanda di affetto, ma l’amore per Gesù non termina a Lui, si riversa in abbondanza su di noi. Dice Gesù: “chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Questa fiammella di amore, che lo Spirito Santo depone nel cuore di ciascuno di noi, è la forza interiore che ci sostiene nel cammino della vita e ci fa crescere ad immagine del Signore Gesù. È l’energia, fratelli, che rigenera la nostra vita e il mondo.

Gualtiero card. Bassetti