Nota biografica dell’arcivescovo metropolita Ivan Maffeis
Famiglia, parrocchia e seminario sono gli ambienti dove monsignor Ivan Maffeis, arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve dall’11 settembre 2022, matura la vocazione al sacerdozio. È nato a Pinzolo, in provincia e arcidiocesi di Trento, il 18 novembre 1963, primo di sette figli, quattro maschi – Ivan, Sergio, Marco, Cristian – e tre femmine – Nadia, Lara, Elena -, cresce in un’umile famiglia, ma laboriosa, con tanta dignità e umanità cristiana, intenta al sacrificio e alla condivisione.
La famiglia. Quando i genitori, Santo, falegname, e Licia, casalinga, apprendono che Ivan vuole entrare in Seminario a Trento, chiedono al loro secondo genito se è d’accordo, perché la scelta del fratello maggiore comporterebbe per Sergio la rinuncia agli studi e, di conseguenza, andare a lavorare con il padre. Non c’è sufficiente denaro in casa per permettere a due figli di studiare. Un esempio di «educazione alla fraternità, senza fare differenza tra figli, non facendo mai diventare il seminarista-prete prima degli altri», commenta monsignor Maffeis nel raccontare il suo essere cresciuto «in una famiglia numerosa e di questo sono grato al Signore. Sono riconoscente ai miei genitori per il tempo che hanno dedicato alla famiglia, avendo avuto sempre amore ed attenzione per tutti i figli. Siamo molto uniti, condividendo gioie e sofferenze, grazie all’esempio di nostro padre e di nostra madre. Con semplicità e fedeltà ci hanno insegnato a riconoscere i segni della vita e della provvidenza. Grazie ai nostri genitori abbiamo compreso che il Signore non ci avrebbe mai abbandonato, anche nei momenti più duri. Penso alla morte di Marco avvenuta a causa di un incidente sul lavoro».
“Cristo in voi”. Per questo, aggiunge, «sono convinto, come ricorda san Paolo nella lettera ai cristiani di Colossi, “Cristo in voi” (1, 27), che Cristo già abita il cuore dell’uomo e costituisce la sorgente dell’incontro e della comunione». Quel “Cristo in voi” scelto da monsignor Maffeis come suo motto episcopale, espressione anche del suo impegno per l’annuncio missionario nell’incontrare e nell’ascoltare il prossimo. Rappresenta «l’umiltà di chi, anche di un vescovo, cerca di cogliere la presenza di Dio in ogni uomo, di custodirla, di sostenerla e di incoraggiarla, di far sì che possa essere una presenza viva e vivificante. “Cristo in voi” è lo sguardo di fiducia sulla vita e sull’umanità – sottolinea –. Sulla storia “Cristo in voi” c’è già!».
La parrocchia. La testimonianza dei suoi parroci con la loro vita volta all’accoglienza di tutti, senza fare distinzioni, influenza non poco la chiamata al sacerdozio del futuro arcivescovo Maffeis fin dai suoi primi servizi in parrocchia. «Dietro al loro fare – racconta – c’era un grande amore e rispetto per il prossimo. La loro grande passione per l’umanità della nostra gente di montagna non era un’umanità astratta, ma si rifletteva nella vita in famiglia».
Il seminario. Il seminario fa maturare ancor più la vocazione del giovane Maffeis e per questo ambiente ha «una gratitudine molto forte. Il seminario, con i suoi formatori, educatori, insegnanti, ha avuto una capacità grande nell’ascolto e nell’aiuto a far trovare a ciascuno la propria strada. La Chiesa ha tanto investito su di noi per diventare uomini e non solo di Chiesa. Io devo molto ai miei formatori e insegnanti, perché sono stati come dei padri, figure autorevoli per la loro umanità illuminata dalla loro fede».
Dall’ordinazione e primi incarichi pastorali al sacerdote giornalista. Ivan Maffeis viene ordinato sacerdote il 26 giugno 1988 dopo aver compiuto gli studi superiori e filosofico-teologici presso il Seminario arcivescovile di Trento. Dopo due anni di cappellano a Mori, è studente a Roma dove ottiene il dottorato in Scienze delle Comunicazioni Sociali alla Pontificia Università Salesiana. Parroco a Ravina-Romagnano dal 1994 al 2000 ed assistente diocesano di Azione cattolica nel triennio 2000-2002, don Maffeis, giornalista e autore dalla penna felice, dirige dal 2000, anno del Grande Giubileo, il settimanale Vita Trentina, Radio Trentino inBlu e l’Ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Trento. Per sei anni è anche segretario nazionale della Fisc, la Federazione dei settimanali diocesani.
Il servizio alla Chiesa italiana. La proficua esperienza al servizio della stampa diocesana trentina, porta don Maffeis ad essere chiamato in Cei, nel gennaio 2010, con l’incarico di vice direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali che dirige dal maggio 2015 al settembre 2019. Trasferendosi a Roma lascia la direzione dei mezzi della comunicazione sociale diocesana di Trento. Da ottobre 2015 all’ottobre 2020 ricopre l’incarico di sottosegretario e portavoce della Cei, stretto collaboratore dei segretari generali, prima il vescovo Nunzio Galantino e quindi il vescovo Stefano Russo e dei cardinali presidenti Angelo Bagnasco e, da ultimo, Gualtiero Bassetti. «Un’esperienza straordinaria ed unica – così la definisce monsignor Maffeis –, quella di servire la Chiesa italiana». Particolarmente coinvolgente e impegnativo è, per il sacerdote trentino, il periodo della pandemia da Covid-19 nel doversi costantemente relazionare nella fase acuta dell’emergenza sia con le Istituzioni governative sia con la Santa Sede e le Diocesi. «È stata un’esperienza di profonda sofferenza mentre si fermava il Paese – ricorda l’arcivescovo –. Sono grato alla Chiesa per la fiducia accordatami nei cinque anni di sottosegretario e portavoce Cei, soprattutto per avermi fatto toccare con mano la passione di tutti i vescovi e la vitalità di tante comunità italiane perché innervano il territorio abitando la città dell’uomo, piantando la “tenda” non su un monte ma nella città».
Legato alla sua terra. Gli impegni in Cei non allontanano don Maffeis dalla comunità diocesana di origine e il fine settimana non esita a ritornare in Trentino, nella sua Val Rendena, a Sant’Antonio di Mavignola, frazione di Pinzolo, per presiedere le celebrazioni eucaristiche festive e condividere un cammino comunitario di fede. Alla scadenza del mandato in Cei chiede di tornare a casa per poter ritornare a fare il parroco. L’arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, suo compagno di infanzia e di seminario, gli affida la parrocchia di Rovereto come parroco di San Marco e Sacra Famiglia (con Trambileno, Vanza, Noriglio e Terragnolo). Una permanenza di meno di due anni, prima della nomina di papa Francesco ad arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, avvenuta il 16 luglio 2022. Sempre nel 2022 il Santo Padre lo conferma consultore del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, per essersi distinto sia nell’intensa attività di docente in Comunicazioni sociali, prima presso lo Studio Teologico Accademico Tridentino, e negli anni romani presso le Pontificie Università Salesiana e Lateranense, sia nel suo incarico di responsabile della comunicazione sociale e portavoce della Cei.
Il primo messaggio. Nel suo primo messaggio da arcivescovo eletto di Perugia-Città della Pieve, esprime profonda riconoscenza al Papa per la missione affidatagli e gratitudine per l’amicizia dimostratagli dal vescovo ed amministratore diocesano monsignor Marco Salvi, dall’arcivescovo emerito il cardinale Gualtiero Bassetti e da tutti i presuli dell’Umbria, rivolgendosi al suo nuovo Gregge con queste parole: «Vengo fra voi per mettermi in ascolto di questa preziosa terra di santi e di bellezza, della quale chiedo con umiltà di divenirne figlio; vengo per amare questa Chiesa con tutte le mie forze, in un servizio di preghiera e di dedizione; vengo per condividere – alla luce del Vangelo di Gesù Cristo – “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” di ciascuno. Offro la disponibilità a incontrare e a lasciarmi incontrare nella maniera più ampia e diretta possibile. Con un pensiero affettuoso vorrei raggiungere in particolare i presbiteri, i religiosi e le religiose; quindi, i malati e quanti, per le ragioni più diverse, sono feriti dalla vita e preoccupati per il futuro. Ai rappresentanti delle Istituzioni civili assicuro il contributo della comunità ecclesiale nella ricerca e realizzazione del bene comune».
Una scelta di campo. Alquanto significativa è la scelta di essere ordinato vescovo a Perugia, perché, come lui stesso spiega, «vuole essere una scelta di campo, quella di dire: arrivo da umile prete, arrivo chiedendo d’esser figlio di questa Chiesa prima ancora che padre. Questo per me diventa espressione del desiderio di incarnarmi, di sentirmi a casa. D’altra parte le radici trentine, la famiglia, la Chiesa…, io spero che possa diventare non tanto una nostalgia, ma una possibilità in più. Vista dal Trentino, l’Umbria è una terra meravigliosa, di santi e di bellezze artistiche e naturali incredibili. Per altro verso il Trentino ha da offrire accoglienza, turismo ed una storia significativa. Credo che se le nostre due Chiese troveranno una sorta di collaborazione, uno scambio, questo possa andare a beneficio di tutti pensando anche ad un “gemellaggio”, dalla testimonianza di fede all’ambito sociale e culturale per la crescita comune delle nostre Chiese e delle nostre comunità civili».
Nel solco di chi l’ha preceduto. Nel rapporto con le istituzioni, monsignor Maffeis sottolinea: «Cercherò, nel mio piccolo, di inserirmi nel solco di chi mi ha preceduto», facendo sue le parole di apprezzamento del cardinale Bassetti a «quell’“armonia perugina tra la compagine ecclesiale e quella civica, e tra coloro che ne esercitano le responsabilità». L’arcivescovo Maffeis aggiunge: «Il sogno di ciascuno di noi è quello di vivere in una città non da stranieri ma da cittadini, da persone. La disponibilità della Chiesa, penso a quanto hanno fatto i miei predecessori nel rapporto con le istituzioni civili, testimonia la volontà di camminare insieme, di cercare il bene comune, di portare ciascuno per la propria parte la disponibilità di lasciarci reciprocamente contaminare ed aiutare a sostenere la fatica e le gioie dell’esserci come comunità cristiana».
Uomo e Pastore di «una umanità estremamente bella». Lo evidenzia il suo confratello nell’episcopato monsignor Lauro Tisi, nel sintetizzare lo stile di uomo e di presule di monsignor Ivan Maffeis, a conclusione di questa nota biografica. «Un’umanità caratterizzata da uno stile estremamente umile – commenta l’arcivescovo di Trento –. Don Ivan è molto capace di essere vicino alle situazioni di bisogno e durante la pandemia, da parroco di Rovereto, si è distinto per un’attenzione particolarissima al mondo della sofferenza e del dolore. Lui si è fatto vicino in maniera importante, e gli è stato riconosciuto da tutti, a chi in casa perdeva le persone a causa del Covid. Ha un talento in questa capacità di essere prossimo della fatica e del dolore. Accanto a questa umanità, che porta con sé, molto bella, con questa caratteristica della vicinanza agli ultimi, ha un bagaglio sul piano comunicativo di prim’ordine, ma non solo perché ha lavorato per un decennio nell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei, ma perché la sua penna è estremamente interessante. Negli anni in cui ha diretto il nostro giornale diocesano Vita Trentina, tutti gli riconoscevano l’estrema abilità nello scrivere come anche al ricorso alle immagini. Le sue frasi molto profonde sono figlie della sua umanità, attraverso le quali riusciva a farsi ascoltare dal mondo laico che ha avuto sempre grande rispetto per lui, perché è riuscito ad essere con il giornale un uomo “ponte” tra mondo ecclesiale e mondo laico. Inoltre, su questo terreno, don Ivan è veramente capace perché negli anni alla Cei ha dovuto gestire spesso situazioni anche molto delicate e lo ha fatto conquistando presso le istituzioni civili una grande stima. Con diverse persone laiche ha costruito un rapporto istituzionale che poi si è tramutato in un rapporto di stima e di amicizia. Anche sul piano della spiritualità, e la terra umbra è ricca ad iniziare dalle figure di Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi, coltiva, a livello personale, una dimensione di preghiera molto intensa. Per cui è un uomo che ha una grande capacità di frequentare il terreno della spiritualità e delle figure della santità cristiana e quando si parla dell’Umbria parliamo di giganti. Don Ivan è un lievito e un buon sale non solo per la Chiesa perugino-pievese, ma per tutto l’episcopato italiano che lui, del resto, conosce molto bene».
A cura di Riccardo Liguori
direttore Ufficio stampa diocesano