«Questa festa ci vede celebrare insieme la famiglia e la consacrazione verginale, in realtà noi facciamo memoria, innanzitutto, della Fedeltà di Dio. Il “Sant’Anello” è l’anello dell’Amore con cui Dio si unisce all’umanità, a ciascuno di noi in un rapporto sponsale». Così l’arcivescovo Ivan Maffeis nell’omelia pronunciata alla celebrazione eucaristica, in una gremita cattedrale di San Lorenzo di Perugia, domenica 17 settembre, Giornata delle famiglie e conclusiva della Festa diocesana della Madonna delle Grazie (12-17 settembre) la cui icona, dipinta da un allievo del Perugino su una delle colonne della navata centrale della cattedrale, è molto venerata dai fedeli perugini e non solo, come anche il “Sant’Anello”, menzionato dall’arcivescovo, l’antico prezioso monile diventato nei secoli “simbolo” che rinvia al fatto storico del matrimonio di Maria e Giuseppe, quindi all’origine della famiglia cristiana.
Concelebranti sono stati l’arcivescovo emerito, il cardinale Gualtiero Bassetti, l’arciprete della cattedrale, mons. Fausto Sciurpa, e diversi sacerdoti impegnati nella Pastorale familiare e nella preparazione alla vita consacrata.
Al centro della celebrazione, la consacrazione all’Ordo Virginum dell’insegnante Antonella Papalini e la famiglia con gli operatori dei corsi per fidanzati nei precorsi prematrimoniali e nell’accompagnamento delle coppie nei primi anni di vita matrimoniale. A loro l’arcivescovo ha rinnovato il “mandato” davanti all’immagine della Madonna delle Grazie, impartendogli una benedizione “speciale”, come anche alle famiglie presenti. Famiglie che hanno proseguito la loro Giornata (nel pomeriggio) con laboratori e momenti aggregativi e culturali, per piccoli e adulti, a cura degli addetti del Museo del Capitolo della Cattedrale.
La misura del perdono non è mai colma. «Secondo la logica del mondo le due forme, famiglia e consacrazione verginale – ha evidenziato l’arcivescovo nell’omelia –, sono agli antipodi ma in realtà non sono solo forme complementari, esprimono, certamente in maniera diversa, l’unica risposta che siamo chiamati a dare all’Amore gratuito con cui Dio avvolge ogni persona. Noi viviamo alla sua Luce, alla Luce di questo Amore. Come dice san Paolo: “Viviamo, respiriamo e ci muoviamo in Lui”. Viviamo del suo perdono e della sua misericordia che è vera, ci dice la Parola di Dio di questa domenica, nella misura in cui nell’accogliere questa misericordia diventa lo sguardo con cui interpretiamo le nostre relazioni. “Quante volte devo perdonare”, si chiede san Pietro. Gesù ci dice che bisogna perdonare sempre, “fino a settanta volte sette”, perché la misura del perdono non è mai colma».
Il perdono ricevuto motivo del perdono fraterno. Mons. Maffeis, commentando il Vangelo, ha esortato i fedeli ad avere misericordia nei confronti del prossimo non usando «due pesi e due misure nel pensare che l’indulgenza ci deve quasi essere dovuta», perché «quando si tratta degli altri diventiamo, a volte, duri, rigorosi, esigenti… Il Vangelo ci educa a sentire che il perdono ricevuto deve cambiare il nostro modo di pensare e di rapportarci. Il perdono ricevuto diventa il motivo, la misura del perdono fraterno».
Bisogno come del pane quotidiano. «Sappiamo come in tutte le nostre famiglie – ha ricordato l’arcivescovo – è proprio il perdono quello che riavvia anche le relazioni ferite. Noi viviamo di quel perdono che tante volte passa attraverso uno sguardo, un gesto, una rinnovata disponibilità. Di questo perdono noi abbiamo bisogno come del pane quotidiano, ma questo perdono diventa tale nella misura in cui proprio come il pane lo sappiamo condividere, spezzare, donare … Ci sono tanti papà, tante mamme, tanti sposi che ne sanno più di me al riguardo. Non stanchiamoci di perdonarci, anche di chiederci scusa, ma soprattutto l’esperienza dell’incontro con la Misericordia di Dio, che prende volto in Gesù Cristo, ci porti ad essere persone che sanno fare anche per primi il passo».
L’Anello, sigillo della fedeltà al Signore. «La memoria di questa Misericordia infinita di Dio diventi risposta di vita – ha auspicato mons. Maffeis –. Il nostro cuore sarà il vero “Sant’Anello”, sarà la parte che completa la metà di Dio. Sarà quell’anello che ci unisce alla nostra sposa, al nostro sposo, Antonella (rivolgendosi alla neo consacrata, n.d.r.), quell’Anello che sigilla in noi la fedeltà al Signore».
L’arcivescovo, avviandosi alla conclusione, ha rivolto preghiere e ringraziati al Signore, in modo particolare, «per chi è chiamato a curare la formazione degli sposi, perché trova tempo, modo ed energie per accompagnare e sostenere la famiglia», oltre a chiedere di «pregare il Signore per le vocazioni alla vita consacrata di cui Antonella è segno con la sua vita, il suo lavoro e con la fraternità che la lega alle altre membra dell’Ordo Virginum».
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Breve nota biografica della neo Ordo Virginum Antonella Papalini
Antonella Papalini è l’undicesima donna consacrata all’Ordo Virginum dell’Archidiocesi di Perugia Città della Pieve, la ventunesima delle otto Diocesi dell’Umbria.
«Sono nata, cresciuta e vivo in una frazione a Nord del comune di Marsciano, Spina, ed ho 59 anni – racconta –. Sono un’insegnante di religione cattolica della scuola primaria nei luoghi dove abito. La mia famiglia mi ha educato fin da piccola ai principi della fede cristiana, con al centro l’Eucarestia domenicale. Nella mia crescita personale è stata molto importante la parrocchia: ogni tappa mi ha fatto scoprire l’Amore del Signore, la bellezza della celebrazione della Liturgia delle ore, servire il Signore nei vari servizi di catechesi ai fanciulli, di membro del Consiglio pastorale e ministro straordinario della Comunione».
«La chiamata nell’Ordo Virginum – spiega Antonella – nasce da un passo del Vangelo di Matteo (19-10,12), durante un campo scuola della parrocchia e da una lettera lasciata lì dal Signore per me dove mi ribadiva il suo Amore per me, il Signore mi sceglieva per qualcosa di meraviglioso. Quelle parole mi entrarono nel cuore e mi diedero tanta gioia: attraverso il discernimento con il parroco, don Marco, che mi ha fatto conoscere l’Ordo Virginum, ho scoperto questa chiamata».
«La mia chiamata – evidenzia Antonella – è un dono immeritato che raggiunge la mia persona nell’umanità sempre bisognosa di redenzione: essa ha origine nella grazia di Dio che con tenerezza e misericordia ha agito nella mia vita. Scoprire che Dio è Fedele alla sua Parola, che ti Ama nonostante il tuo peccato, le tue paure, le tue fragilità, mi dà la possibilità di vivere il Battesimo in modo più profondo, scoprendo che la Parola di Dio è una parola che salva, guarisce. La sponsalità, l’importanza del rapporto con Gesù, il fatto che c’è una Chiesa madre che ti accoglie e conferma il carisma della Verginità e anche la scoperta di non essere sola, ma inserita in un corpo di sorelle a servizio della Chiesa».
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