La fine della periferia

Ero un bambino quando nella chiesa parrocchiale venne realizzato un presepio ben poco tradizionale. Al momento dell’inaugurazione, più di qualcuno rimase perplesso. Montagne innevate sostituivano il verde del muschio; il posto dei pastori era preso da moderni alpinisti; alla Grotta, posta nel fondovalle, si giungeva non per sentieri, ma scendendo ripide pareti rocciose.

Chi l’aveva realizzato voleva lasciar intuire che la vera grandezza non sta nell’arrivare a ogni costo sempre più in alto: la nostra umanità fiorisce nell’incontro e quel presepe ricordava che per incontrarsi occorre abbassarsi, scendere le montagne dell’orgoglio e della presunzione, uscire dalle soste sicure dei nostri egoismi…

Betlemme, periferia della storia. Per tutti coloro che si pensano abbandonati o dimenticati, il Natale del Figlio diventa annuncio di speranza: nessun luogo gli è estraneo o lontano. La sua luce avvolge la vita di chi l’accoglie e la rende – come è stato per Giovanni Battista – “lampada che arde e risplende”, perché anche altri possano “rallegrarsi alla sua luce”.

don Ivan, Vescovo