In questi giorni in cui ci apprestiamo ad ascoltare molta più musica nell’aria di Perugia, il libro di Jachia e Barbero, “Il sacro nella canzone italiana”, edito da Ancora, ci pone davanti un curioso interrogativo: la musica leggera è la nuova musica sacra?
La musica, tutta, è espressione di ciò che l’uomo ha di più umano: è tramite dei sentimenti, è tensione verso e accoglienza dell’altro, è fantasia, ricerca della bellezza, è slancio verso il cielo. È il linguaggio veramente universale: immediato, ma capace allo stesso tempo di scendere negli angoli più profondi dello spirito. Ed è la presenza di quest’anima umana nella musica a renderla, secondo Jachia e Barbero, sacra, o meglio sacrale.
Una musica dunque non teologica, ma divina in quanto voce dell’infinito che è nell’uomo: è sinfonia di un grido in Madre dolcissima di Zucchero; è un’ode alla vita che sgorga dalla voce di Fiorella Mannoia e della cantautrice Amara in Che sia benedetta; è metafora di un viaggio verso Dio stesso, che attende Roberto Vecchioni alla Stazione di Zima. E non solo.
Così, in un tempo apparentemente madido di parole e storie social, di presenze assenti e ritmi somiglianti, la sacralità della creazione musicale risveglierà l’orecchio del cuore per condurre in nuovi mondi: come disse Beethoven, in fondo, la verità è che “dove le parole non arrivano, la musica parla“.
(A cura della Libreria delle Volte)