Il Becco del Grifone – n. 37

Aria di visita pastorale…

Dettaglio del Postergale della cappella di San Bernardino in Cattedrale.

Dagli scritti dell’archivista don Arturo Gabrijelcic, il bellissimo resoconto della prima visita pastorale del vescovo Napoleone Comitoli nella cattedrale di San Lorenzo.

 

Nel prossimo mese di novembre l’arcivescovo Ivan Maffeis darà inizio alla sua prima visita pastorale dell’archidiocesi. Uno tra i momenti più intensi della vita diocesana, quello della visita pastorale, permette non solo al vescovo di vivere a stretto contatto con la comunità cristiana affidata alle sue cure, ma di tratteggiare in maniera precisa il volto del territorio diocesano sia dal punto di vista materiale che spirituale. Tra le pagine più interessanti conservate nel nostro archivio diocesano, spiccano certamente quelle contenenti i resoconti delle visite pastorali del vescovo Napoleone Comitoli, sia per il carisma pastorale del presule, sia per la maestria dei notai cui era affidato il compito della redazione.

Il vescovo Napoleone Comitoli svolge il suo episcopato a cavallo tra il 500 e il 600, un periodo di anni, cioè, che racchiude molto dell’antica chiesa Perugina e nello stesso tempo ne porta avanti un laborioso travagliato trentennio di trasformazione e traduzione operativa dei canoni tridentini. La prima visita del Comitoli si svolge tra il 1592 e il 1594. La sua figura è quella di un deciso riformatore, una sorta di San Carlo perugino, la cui preparazione curiale romana, unita a pietà, zelo e consapevolezza, hanno permesso di incidere profondamente nel tessuto della nostra diocesi, non senza resistenze e contrasti anche vivaci sia di chierici che di laici. Nel contesto globale della visita che in tre anni intensi si svolge a tamburo battente tra il questionario iniziale, la visita stessa, il sinodo successivo e la visita ad limina, ne fanno un efficace e significativo intervento pastorale il cui resoconto è una delle più complete radiografie fisiche e pastorali della chiesa perugina di quel periodo. La visita del vescovo Comitoli inizia dalla cattedrale di San Lorenzo. Sono tre gli aspetti nei quali si esplicita questa visita: l’aspetto materiale, cioè la descrizione delle parti interne della cattedrale funzionali alla liturgia, l’aspetto personale che riguarda gli addetti al servizio chierici e laici, e infine l’aspetto funzionale che descrive l’organizzazione liturgica feriale, festiva e devozionale con gli oneri annessi al culto.

Il notaio Marco Torello descrive come il lunedì mattina del 3 febbraio 1592 alle ore 9 del mattino il vescovo Comitoli iniziò la sua prima visita nella cattedrale di San Lorenzo. Col folcloristico corteo dei chierici e laici di fine 500 e attraverso la cornice della Perugia descritta dall’ Eusebi nella sua pianta del 1602, il Comitoli fece il suo pontificale ingresso dalla porta della fontana e dopo aver svolto tutti i riti prescritti dal pontificale romano, dette inizio alla visita materiale del massimo tempio perugino. La prima visita del vescovo è di norma a colui la cui presenza focalizza e condiziona la distribuzione degli spazi e il comportamento dei fedeli: il Santissimo Sacramento. Dopo averlo adorato il vescovo ne visitò il contenitore, il tabernacolo, che trovò dorato e artisticamente lavorato sopra l’altare maggiore, incastonato entro una struttura che il notaio descrive come “grandissima e ornata”, ed oggetto di meraviglia fino a quando sarà rimossa, smantellata e ridotta a legna da ardere nell’ottocento, tranne il tabernacolo che è giunto fino a noi. Nel pomeriggio dello stesso 3 febbraio 1592, il vescovo visitò l’altare maggiore sopra il quale trovò appoggiata alla grande mole artistica di Bino Sozi alta quasi 5 metri e sopra descritta. Subito dopo l’altare maggiore il vescovo Comitoli attraversò la navata e si portò a visitare il fonte battesimale che trovò ubicato a sinistra della porta entrando dalla parte della Fontana. Per sistemarlo fu smantellato l’altare di San Giovanni che apparteneva alla famiglia Ranieri. Voltando le spalle all’altare maggiore, a differenza degli altri vescovi che prendevano a destra, monsignor Comitoli continuò la visita sul lato sinistro verso l’altare di Sant’Onofrio passando davanti allo spoglio angolo dove oggi sorge l’altare di Sant’Emidio. Il Comitoli notò le insegne una unione o congregazione del clero diocesano detta anche fraternità di Pilo (cioè sepolcro), perché il suo scopo era quello di suffragare i sacerdoti defunti.

 

Ritratto del vescovo Napoleone Comitoli

 

Proseguendo la visita il vescovo saltò l’organo intermedio e si portò a visitare l’altare dello Spirito Santo più conosciuto come cappella Oradina (oggi del Santissimo Sacramento), fatta costruire da Polidoro Oradini in memoria dell’illustre fratello Giulio.  Aveva accanto una piccola sacrestia. Proseguendo lungo la navata sinistra, Comitoli trovò l’altare della Madonna del Verde situato immediatamente prima della porta che immetteva sull’allora Piazza della Paglia. L’immagine della Vergine proveniva dal vecchio San Lorenzo ed oggi è custodita nel museo della cattedrale. Oltre la porticina verso Porta Sant’Angelo, il vescovo non trovò più un altare dedicato alla Santa Croce; pochi metri più avanti poté invece visitare la cappella di San Bernardino ceduta nel 1515 dal Capitolo all’Arte della Mercanzia che l’officiava mediante un cappellano. Dove si trova l’attuale monumento funebre del vescovo Andrea Giovanni Baglioni, benemerito per la ripresa della costruzione della cattedrale, e ivi sistemato dal vescovo Pecci nel 1849 all’indomani del rifacimento del pavimento, il Comitoli  visitò il sesto e ultimo altare prima della porta di fondo, l’altare di San Ivo (o Ivone e Marta), oggi scomparso. Transitò quindi davanti alla porta maggiore o primaria, la quale non aveva ancora l’attuale bussola né il portale esterno. Oltrepassata poi la porta di fondo, il vescovo si imbatte nel primo dei nove altari della navata destra, dove oggi è stato sistemato dal vescovo Pecci, nel 1855, il monumento funebre del vescovo Marcantonio Oddi, ma che il Comitoli trovò dedicato a San Sebastiano.

Immediatamente accanto e circondata di balaustra con grata di ferro fin dal 1501, e di ricco bancale del 1520, il vescovo volle visitare quanto Perugia avesse più di gelosamente custodito, la cappella di San Giuseppe o del Sant’Anello, ma non poté visitarla che al pomeriggio a causa delle sue diversificate chiavi divise tra 13 depositari. La convergenza pomeridiana di tutti e 13 i privilegiati depositari delle chiavi permise al vescovo di poter ammirare e venerare quel singolare anello di onice che la tradizione locale fa risalire allo sposalizio della Vergine. Immediatamente dopo il sacello del Sant’Anello, il Comitoli trovò la tomba del vescovo Andrea Giovanni Baglioni, la cui lapide sepolcrale porta la data del 1451, segno che gli fu eretta entro l’ancora funzionante San Lorenzo vecchio, e poco dopo la sua morte avvenuta nel 1449. Ancora pochi passi e il vescovo visitò l’altare che fu di San Matteo. Oltrepassando la porta principale interna che dà sulla piazza, il Comitoli trovò il fonte battesimale già descritto, che aveva preso il posto dell’altare precedente dedicato a San Giovanni. Dove oggi sorge l’altare del Gonfalone il vescovo trovò un altare dedicato ai santi Caterina, Maddalena e Nicola. Saltando per il momento i confessionali e salendo i tre gradini del transetto destro, che oggi sono due per il rialzamento del pavimento nel 1849 ad opera del vescovo Pecci, il Comitoli visitò l’altare di San Barnaba situato dove oggi sorge l’altare del Crocifisso. Sempre su questo ripiano a destra, guardando l’attuale altare del crocifisso, il vescovo notò il crocifisso a rilievo con, da ambedue i lati, vari angeli e santi affrescati dal Perugino(!), che ne facevano un insieme mirabile. Proseguendo la sua visita il Comitoli scese dal transetto destro per risalire verso la cappella dell’ultimo altare dedicato a San Francesco, oggi dell’Assunta. Probabilmente il gonfalone di Berto di Giovanni era ancora appoggiato a questo altare.

Prima di procedere alla visita delle altre parti del tempio, il vescovo emanò alcuni decreti relativamente agli altari della cattedrale; quindi, si portò lungo la navata destra per visitare i confessionali. Già li conosceva ma non gli erano piaciuti ed ora poteva intervenire con l’autorità che i canoni tridentini gli consentivano. Al Comitoli non passò inosservato il pavimento che l’obbligava ad ogni passo a stare attento dove poggiare i piedi per il numero incredibile di pietre tombali che vi erano, chiamate, col vano sottostante, i Pili. Quelle pietre avevano la foggia più varia e avevano sporgenze pericolose. Il numero incredibile di pili, già antecedente al Comitoli, ci aiuta a capire perché il notaio Riccardi, riferendo il rito dell’assoluzione dei defunti solito a farsi dal vescovo in visita pastorale nella nostra cattedrale, diceva come avvenisse ubique, il vescovo, cioè, faceva le sue aspersioni in ogni direzione. Poiché abbiamo parlato delle tombe o pili del pavimento, non è male accennare anche ad una specie di cimitero esistito temporaneamente nel perimetro del chiostro e più recentemente prospiciente la sacrestia, ed al cui suolo anche ultimamente sono emerse tombe molto povere e recenti. Ma più caratteristico appare il fornice sopraelevato ad uso di cimitero che nel settecento i canonici avevano ricavato dietro la tribuna dell’abside.

Continuando la visita e volgendo lo sguardo compiaciuto alla spaziosa navata percorsa verticalmente da 10 slanciati pilastri, fiorenti in cima in fasci di ramificati costoloni, il vescovo Comitoli non poteva non penare, al vedere l’opposta e caotica asimmetria che ingombrava tutta la navata centrale: le banche per la predica invadevano il centro della chiesa ed erano rivolte verso l’altare maggiore e trasversalmente a seconda della loro altezza rispetto al pulpito. Alcune si trovavano lì da tanto tempo e provenivano dalla precedente cattedrale, altre invece erano più recenti. Il vescovo visitò anche l’organo che era sistemato dove oggi c’è la tela di San Sebastiano. Era ancora il primo organo dei cinque  successivi che la nuova cattedrale ha avuto.

L’ultima visita all’interno della cattedrale e prima di recarsi in sacrestia fu fatta al coro maggiore posto dietro l’altare. Allora vi incombeva un enorme ed artistico candelabro in legno dorato. Terminata la visita delle navate, il vescovo Comitoli passò alla sacrestia della quale visitò tutto l’occorrente necessario al culto divino. Ordinò di mettere crocifisso, immagini sacre e testi di preghiere dove il clero era solito prepararsi per la celebrazione della Messa e anche di esporre alla vista le tabelle dei legati con i rispettivi oneri in Messe o altro. Venerò quindi i resti mortali dei tre papi morti e sepolti a Perugia, ma la loro collocazione non gli piacque per cui provvide più tardi nel 1615 ad effettuarne una più degna.

Accanto a questa descrizione fisica della chiesa cattedrale, non mancano certamemte le annotazioni e le disposizioni di ordine pastorale di cui magari faremo menzione in altre occasioni. Dalle dettagliate cronache giunte fino a noi, appare come la cura che il vescovo Napoleone Comitoli riservò per la vista della cattedrale non venne meno durante il tragitto che lo portò a visitare tutte le parrocchie del territorio diocesano. Le riforme da lui attuate in quel travagliato periodo hanno contribuito fortemente a formare quell’identità di chiesa diocesana che ancora oggi ci contraddistingue.

Auguriamo all’arcivescovo Ivan, nel giorno in cui ricorda il terzo anniversario di ordinazione episcopale, che la sua prossima visita pastorale possa portare ad una vera “crescita del gregge che è la gioia del pastore”.