
La vicenda dell’uccisione del Beato Giacomo Villa di Città della Pieve.
Sette secoli fa moriva assassinato un generoso giovane di Castel della Pieve in un viaggio di ritorno da Chiusi. Esperto di diritto, aveva difeso strenuamente le ragioni dei poveri. Anche nel suo caso interviene la leggenda: intorno alla sua improvvisata sepoltura fiorì in pieno inverno un pero selvatico; intorno al suo conteso viaggio verso il sepolcro definitivo furono i buoi a dirigersi di loro iniziativa a Castel della Pieve, anziché a Chiusi, quasi a dire, con una sorte di “sanzione divina”, che il paese subalterno s’era definitivamente affrancato dal potere della città dominante, pagando la sua libertà con il sangue di uno dei suoi figli migliori. La leggenda continuò con una singolare “canonizzazione estemporanea” ad opera di papa Benedetto XI, che, in fuga da Roma verso Perugia, sostò a Castel della Pieve e, sentite le gesta del giovane, forse prete, difensore dei poveri, lo proclamò “il santo elemosiniere”.
Di lui narra brevemente la vita ed il culto don Remo Serafini, perché i cittadini pievesi ed i devoti abbiano qualche notizia della eroica vicenda del santo elemosiniere. Il 15 gennaio ricorderemo a Città della Pieve il sacrificio del giovane martire Giacomo, proclamato beato a furor di popolo;
Questa figura di un giovane martire della giustizia e della carità, così moderna nelle sue motivazioni, sia di incoraggiamento e di esempio ai tanti generosi impegnati nel volontariato caritativo.
Presso la porta del Vecciano, o di Santa Maria, Luca Antonio Villa e sua moglie Mustiola possedevano una casa con alcuni beni immobili e conducevano una vita modesta e dignitosa.
Mustiola, mentre era incinta, secondo quanto narra la Legenda, sognò più volte di partorire un figlio, “che reggeva sulle spalle e difendeva una chiesa”
Raccontò il sogno ad un santo eremita, che le annunciò che avrebbe partorito un figlio, che avrebbe restaurato una chiesa, “e per questo amato dagli uomini e da Dio”
Secondo sempre quanto racconta la Legenda, la notte prima di dare alla luce il figlio, Mustiola sognò di partorire un giglio rosso. “Per questo sogno Dio dimostrò che il bambino doveva vivere vergine e dare la vita per difendere la chiesa”.
Il padre Luca Antonio volle che Giacomo imparasse a leggere e a scrivere per diventare “dotto grammatico”. Nello stesso tempo Giacomo frequentava la chiesa con pietà e devozione. I genitori lo inviarono a perfezionarsi negli studi a Siena, dove si laureò in giurisprudenza: divenne avvocato. A Siena si dedicò anche alle opere di carità e fece parte della Fratellanza degli Oblati di S. Maria della Scala, Ospedale del Beato Sorore.
Tornato a Castel della Pieve, ascoltando un giorno il Vangelo in cui Cristo diceva che “chi non rinuncia al padre e alla madre non può essere suo discepolo”, avuta in eredità la casa paterna, la vendette con tutti i beni per amore di Dio. Si dette al servizio dei poveri, “lavando loro i piedi, medicando e fasciando le loro piaghe, rifacendo loro il letto… E perché in legge era sufficientemente dotto, virilmente procurava (difendeva) le cause de poveri, delle orfane e dei pupilli“. Giacomo Villa domandò di essere ammesso, e fu accettato, ne. Terzo Ordine di San Francesco e nel Terzo Ordine dei Servi di María. Fu una scelta spontanea e consapevolmente motivata per lui che era nato presso la porta del Vecciano, a metà strada tra il convento dei Serviti, quello dei Francescani, e l’altro delle Monache di Santa Chiara, e che si era formato e stava vivendo nella penitenza e nella povertà dei Frati dei due Ordini Mendicanti.
Con il ricavato della vendita dei suoi possedimenti, con le elemosine raccolte e anche con il contributo della Comunità, avendo notato il completo degrado e abbandono della chiesetta di San Giovanni Evangelista e dell’ospedale del Vecciano, Giacomo si dette al loro restauro. Come avvocato scoprì che l’ospedale in passato aveva posseduto beni per il soccorso dei poveri e che la diocesi di Chiusi, di cui a quel tempo Castel della Pieve faceva parte, li aveva ingiustamente passati alla mensa vescovile. Giacomo chiese la restituzione di quei beni al vescovo Matteo Medici (1299-1313), frate dell’Ordine dei Predicatori, o Domenicani, originario di Orvieto. Non avendo ottenuto la restituzione, ricorse a vie legali, sostenendo la causa in tribunale a Chiusi, poi a Perugia e infine a Roma.
Ed ebbe sempre sentenza favorevole: i beni dovevano essere restituiti ai poveri! Il vescovo lo invitò a Chiusi per un pranzo. Dimostrò verso di lui molta benevolenza e disponibilità ad eseguire la sentenza di restituzione dei beni.
“Ma da poi licenziato e tornandosi el Beato Jacobbo al suo ospedale, nel cammino fra le Chiane, tra la città di Chiusi e Castello della Pieve, fu assaltato et con armi et pertiche nel capo percosso“. Continua ancora la Legenda: “In quel tempo era vescovo di Chiuscio un mal uomo… Per la via il vescovo lo fece ammazzare“! Così andavano allora le cose… Il suo corpo fu ricoperto di frasche e abbandonato nel bosco, che la tradizione indica in località Le Biffe. Era il 15 gennaio 1304; Giacomo aveva poco più di trent’ anni.
Si racconta che alcuni pastori, passando per il luogo dove era stato abbandonato il corpo del Beato Giacomo, videro un pero selvatico fiorito, benché si fosse in pieno inverno. Si avvicinarono e sentirono una voce: “Io sono el Prete Jacopo, per defenzione della Chiesa ucci-so, non abbiate paura“. I pastori rimossero rami e frasche e scoprirono “il corpo morto col capo percosso e pieno di sangue fresco“.
Tornarono a Castel della Pieve. Riferirono quanto avevano udito e visto. Sorsero allora diversi pareri su dove portare il corpo di questo prete, venerato e stimato santo da tutto il popolo. Chiusi lo voleva, perché era della sua diocesi. Castel della Pieve desiderava che riposasse tra le sue mura, perché vi era nato e vi aveva svolto la sua missione di carità. Anche Perugia voleva quel corpo santo, perché si trovava nel suo territorio. Su consiglio di un saggio il corpo del Beato Giacomo fu posto sopra un carro trainato da giovenchi ancora non domati. Dove fossero andati i giovenchi, li si doveva seppellire e costruirvi una chiesa.
Città della Pieve, processione con L’urna del Beato Giacomo Villa trainata da buoi in ricordo della traslazione del corpo
E i giovenchi si diressero a Castel della Pieve e si fermarono presso la porta del Vecciano dinanzi all’ospedale. Il corpo del Beato Giacomo Villa fu sepolto nella piccola chiesa di San Giovanni Evangelista; la tomba divenne subito meta di più pellegrinaggi.
Nel 1304 il papa Benedetto XI, venendo da Acquapendente, diretto a Perugia, dove morì lo stesso anno in fama di santità, passando per Castel della Pieve circa tre mesi dopo l’uccisione di Giacomo, conosciuti i fatti che di lui si raccontavano, lo definì “L’Elemosinario”. La gente cominciò a venerarlo come “beato”.
Nel 1468 fu fatta la prima ricognizione del corpo del Beato Giacomo e fu trovato intatto “senza alcun segno di corruzione”. I Pievesi vollero allora porre il corpo del martire in un luogo più onorevole e nel 1480 lo deposero sotto l’altare maggiore, perché fosse meglio venerato dalla devozione popolare.
Numerose grazie e miracoli sono stati attribuiti alla sua intercessione. Ebbe molta risonanza la guarigione dalla cecità di una donna di Acquapendente, avvenuta nel 1507, di cui il notaio Teofilo Pela di Tommaso riporta anche i minimi particolari.
Il 22 settembre 1636 fu aperta la cassa del Beato Giacomo per estrarre una costola, che fu posta in una cassettina e mandata in dono al vescovo di Amelia Mons. Perotti, che aveva fatto richiesta di una reliquia. Era tanto l’afflusso dei devoti che nel 1687 l’urna con il corpo del Beato Giacomo, fu solennemente portata in Cattedrale, per consentire la costruzione di una nuova Chiesa. E dopo aver fatto una nuova ricognizione e trasferito in altra urna più decente, il corpo del Beato Giacomo nel 1717 fu riportato nella nuova chiesa, ormai non dedicata a San Giovanni Evangelista, ma al Beato Giacomo. È la chiesa che possiamo ammirare anche oggi e nella quale il Beato Giacomo riceve la venerazione dei fedeli.
La chiesa del Beato Giacomo Villa a Città della Pieve
Negli anni 1727-1728 i Frati di Santa Maria dei Servi, che avevano un convento anche a Città delta Pieve, si adoperarono per ottenere dalla Santa Sede il decreto di Beatificazione. Il padre Iaclini, che seguiva la pratica, coadiuvato dal Vescovo e da alcuni devoti di Città della Pieve, ricercò documenti e testimonianze, presentate alla Sacra Congregazione per riconoscere ufficialmente Beato e Santo Giacomo
Solo nel 1806 la Sacra Congregazione dei Riti, con decreto del 17 maggio, approvò il culto verso il Beato Giacomo Villa, perché a lui rivolto da tempo immemorabile; e concesse di celebrare la S. Messa e l’Ufficio divino in suo onore, esaudendo la richiesta del Vescovo di Città della Pieve Mons. Filippo Becchetti.
Oggi se ne celebra la festa il 15 gennaio e la terza domenica di settembre.
Festa del Beato Giacomo Villa, 15 gennaio 2022