
Ricordando la Sacra Ricognizione delle sue reliquie custodite sotto l’altare maggiore della Cattedrale nel novembre 2006
Nel giorno in cui ricordiamo il patrono Sant’Ercolano, le cui reliquie furono solennemente traslate in cattedrale dal vescovo Frigerio, vogliamo ricordare un evento poco noto ai perugini che ha riguardato proprio i suoi resti mortali. Nel novembre 2006, infatti, l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti dispose la ricognizione delle reliquie del Santo. L’ultima apertura della cassa contenente i sacri resti risaliva al 1764 per disposizione del vescovo Filippo Amadei.
Ma andiamo con ordine. Del vescovo Ercolano fa testimonianza san Gregorio Magno nel terzo libro dei Dialoghi (n. 13), dicendolo proveniente dalla vita monastica. Si trovò poi ad operare anche come “defensor civitatis”, che era una carica pubblica per la difesa dei poveri contro le esose ingiustizie del fisco, durante il lungo assedio dei Goti di Totila a Perugia. In quell’assedio fu catturato anche il vescovo, che era uno dei maggiori artefici della resistenza, e condannato a morte per scuoiamento e decapitazione all’altezza di porta Marzia il 7 novembre 547, come riportano i più antichi martirologi. I cristiani ne seppellirono il corpo dapprima nei pressi delle mura urbiche insieme ad un bambino pur esso ucciso; quindi, ad assedio terminato, lo trasferirono nella chiesa paleocristiana di San Pietro, nell’area cimiteriale del colle Caprario. Nel 936 il vescovo Rogerio trasferì il corpo del martire nella chiesa di Santo Stefano del Castellare; quindi, nel 1254, il vescovo Frigerio lo trasferì nella chiesa cattedrale di San Lorenzo in cima all’arce, la quale fu intitolata anche a Sant’Ercolano e ne custodì il corpo in apposita cappella. Le due traslazioni furono rappresentate dal pittore Benedetto Bonfigli (sec. XV) nella cappella del palazzo dei Priori. Nel frattempo, il Comune di Perugia già negli statuti del 1279 aveva eletto il vescovo Ercolano patrono della città, facendo festa il 1° marzo con la luminaria e con l’adozione degli emblemi del Comune, il leone e il grifo. Ed anzi, in tutta l’epoca comunale sant’Ercolano rimase “il principale oggetto della religiosità popolare” (Nicolini); nel suo nome si aprivano matricole e registri. Nel primo trentennio del sec. XIV fu finalmente costruita sul luogo del martirio la bella chiesa ottagonale dedicata a Sant’Ercolano, dove nel 1609 il vescovo Comitoli fece ritrasferire con solennissima processione parte delle reliquie che stavano in cattedrale, racchiudendole in un sarcofago romano del sec. III, trovato presso la chiesa di Sant’Orfeto.
Anche per la vigilia di Sant’Ercolano c’era la tradizione della “luminaria”, cui dovevano partecipare ex officio studenti e docenti dello Studium Perusinum, del quale sant’Ercolano era ed è patrono, come dimostra chiaramente la sua effigie nello stemma dell’Università.
La festa del santo martire, con decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 1610, fu fissata al 1° marzo, giorno presunto della più antica traslazione. Altri decreti della Sacra Congregazione dei Riti sono del 21 novembre 1643 e del 3 marzo 1870. Attualmente è ricordato come vescovo e martire nel Martirologium Romanum il 7 novembre, giorno del suo Dies Natalis.
Il giorno 30 ottobre 2006, alle ore 12, su disposizione dell’arcivescovo Chiaretti, nella cappella detta dell’arciprete, nella sagrestia di S. Lorenzo in Perugia, si ritrovarono alcuni membri della curia perugina insieme ad esperti di vari settori, per dare il via alle operazioni di apertura e ricognizione dell’urna del patrono Sant’Ercolano, che si protrassero anche nei giorni a seguire prossimi alla festa liturgica.
L’Urna prima della ricognizione
Erano presenti all’atto della ricognizione: l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, mons. Gualtiero Sigismondi, vicario generale, i canonici della cattedrale mons. Fausto Sciurpa, mons. Giovanni Battista Tiacci, mons. Giulio Giommini e don Simone Sorbaioli, il cav. Fernando Tibidò, custode della cattedrale, la dott.ssa Isabella Farinelli, archivista diocesana, il medico legale dott.ssa Francesca Barone, la soprintendente dott.ssa Rosaria Salvatore, il sig. Gustavo Sanchirico, ebanista, ed infine mons. Dino Contini, cancelliere arcivescovile, che redasse il verbale dell’evento.
Per prima cosa si procedette a estrarre l’urna contenente le reliquie del santo dalla cella posta sotto l’altare maggiore della chiesa cattedrale aprendo due piccoli cancelli in ottone riccamente decorati. Nella chiusura esterna si può leggere un’iscrizione composta al tempo del vescovo Riccardo Ferniani che indica in quel luogo la presenza delle reliquie di entrambi i santi che portano il nome di Ercolano (“Utriusque Erculani”!). Estratta l’urna, venne portata nella cappella dell’arciprete dove era stato preparato il necessario per la ricognizione. L’arca di legno in noce smaltato e dorato apparve in buone condizioni, non c’erano, infatti, segni evidenti di degrado.
Verbale della ricognizione del vescovo Amadei rinvenuto all’interno dell’urna di legno
Si notò subito che le due serrature del coperchio erano aperte. Interrogato a tal proposito il sagrestano Fernando Tibidò, riferì che si era persa la memoria delle due chiavi del coperchio dell’urna, le quali furono tuttavia rinvenute in un secondo tempo. I sigilli posti dal Vescovo Amadei sul coperchio della cassa di legno erano visibilmente infranti. Aperta quindi la prima cassa, si vide che i sigilli posti nell’urna di piombo, interna a quella di legno, erano invece intatti.
Particolare dei sigilli del vescovo Amadei
Si estrasse poi la cassa di piombo da quella in legno di noce. Il sig. Sanchirico con ogni cautela rimosse le antiche saldature a stagno finché l’arcivescovo non fu in grado di aprire il coperchio e di rimuovere un panno di seta rossa che copriva il contenuto dell’urna, svelando, con grade stupore di tutti i presenti, una grande quantità di ossa ben conservate. Don Giovanni Battista Tiacci propose, prima di continuare, la recita di un Gloria Patri.
L’arcivescovo Giuseppe Chiaretti e il cancelliere mons. Dino Contini rimuovono i sigilli dalla cassa di piombo
Apertura della cassa di piombo da parte di Gustavo Sanchirico
L’arcivescovo svela le ossa custodite dentro l’urna di piombo
Le reliquie vengono disposte su un tavolo per essere analizzate
L’ archivista Farinelli insieme all’arcivescovo
Nei giorni seguenti, il medico legale dott.ssa Barone esegui dettagliate analisi alle ossa, svelando il fatto che nell’urna erano presenti le ossa di due soggetti. Fino ad allora si riteneva che si trattasse dei corpi dei due vescovi santi che portavano il nome di Ercolano. Invece la dott.ssa Barone, specificando che i resti di uno dei due corpi apparteneva ad un ragazzo in età adolescenziale, ci permise di associarli con tutta probabilità al “giovane martire” che secondo il racconto di san Gregorio Magno fu sepolto insieme al vescovo Ercolano.
La dott.ssa Barone analizza le sacre ossa
Nei giorni seguenti, all’interno dell’urna furono rinvenuti pure il Vas Sanguinis, oggetto simbolico riguardante il martirio cruento del santo, e, secondo l’uso antico, alcune monete di epoca romana. Terminati tutti i rilievi e prelevati alcuni campioni di ossa, l’urna fu restaurata e le ossa ricomposte al suo interno.
Oggetti rinvenuti all’interno dell’urna