Carissimi sacerdoti, diaconi, consacrati, autorità di ogni genere e grado.
Carissimi fratelli e sorelle, siamo riuniti in questa insigne basilica cattedrale che i nostri antichi padri hanno voluto edificare sul luogo più sacro dell’Arce, sul quale già esistevano, in tempi remoti, i templi pagani.
Essa è dedicata al santo martire romano, il diacono Lorenzo. E questo è il segno che la nostra terra fin dai primi secoli del cristianesimo ha avuto con la città di Roma e il centro del cristianesimo un legame particolare.
In questa chiesa vi è la sede del Vescovo, la cattedra dalla quale egli insegna e ammonisce; ma anche esorta all’amore verso il prossimo e particolarmente verso tutti coloro che si trovano in difficoltà. L’immagine del diacono Lorenzo, con gli strumenti della sua passione, che è oggi posta alla nostra venerazione, ci rimanda ai tempi lontani in cui i cristiani venivano perseguitati e condannati ai più atroci supplizi.
Purtroppo, l’ho sottolineato tante volte, anche i nostri tempi sono bagnati dal sangue di tanti martiri, uomini, donne, religiosi e sacerdoti uccisi in odio alla fede. Ma oltre alla testimonianza del sangue, riservata relativamente a pochi, c’è per tutti una testimonianza più diffusa, dalla quale nessuno deve restare escluso: la testimonianza della carità, che è quell’amore disinteressato che ti fa vedere in ogni persona che incontri un fratello e una sorella.
E’ con la piena avvertenza di questo sacro dovere che oggi nella solennità del patrono, come vostro pastore mi rivolgo a voi, per richiamare tutti al comandamento dell’amore fraterno, senza il quale è impossibile piacere a Dio.
Senza l’amore, lo dice chiaramente San Paolo, noi cristiani siamo nulla e non possiamo neppure parlare di Dio perché Egli, fondamentalmente, altro non è che amore.
Una comunità di credenti in cui non circola più amore è come una pianta in cui non circola più linfa. Un corpo in cui non circola più il sangue della vita.
Ma anche una città, una nazione, che invece che sulla solidarietà e sul bene comune tendesse a fondarsi sull’egoismo e sul privilegio, avrebbe smarrito il senso profondo del suo ruolo ordinatore e della sua finalità civilizzatrice ed umanizzante.
Fratelli carissimi, la figura di San Lorenzo è talmente ricca e poliedrica che i suoi insegnamenti indicano a tutti i credenti come essere fermento e “chiesa in uscita”, per la nostra città e la società in cui viviamo. Diceva 20 anni or sono il cardinale Carlo Maria Martini che la missione del cristiano che cammina nel mondo è quella che consiste nel rendersi disponibile al servizio, all’attenzione ad ogni persona e alla dedizione di sé agli altri fino al dono della vita. Sono parole che ritengo profondamente attuali per la nostra Chiesa e la nostra città.
Non prendiamo scorciatoie: l’essere cristiani non caratterizzato soltanto dai doveri che abbiamo verso Dio o la nostra famiglia, ma dal vivere per gli altri e questo è il vero modo di mettere Dio al primo posto, come ha fatto San Lorenzo.
San Lorenzo viveva dell’Eucaristia e questo lo portava non solo a donare il corpo di Cristo, ma anche il suo corpo e il suo sangue ai fratelli.
La Chiesa non ha altri modi di essere presente nella società che vivendo la sua vocazione al servizio a partire dai piccoli, dai poveri, dallo straniero, dall’orfano e dalla vedova.
Perché questa attitudine, questa vocazione rimanga in tutti noi sempre incandescente, come il buon samaritano, dobbiamo scendere dalle nostre sicure cavalcature.
Anche la carità, cosiddetta politica, che stimola le persone a mettere i propri talenti e le proprie energie a servizio del bene comune per la costruzione della città e dello stato deve nascere dal desiderio di servizio disinteressato.
Ma non si potrà mai conseguire il bene comune se non con strumenti politici buoni e giusti.
Di conseguenza, come diceva il beato Paolo VI, che tra poco più di due mesi verrà canonizzato, la carità deve investire la politica con la propria forza di illuminazione, energia di dedizione, capacità di servizio. Certo tutto questo esige un impegno pedagogico ed educativo molto forte; ma se non si fossero mossi in questo senso i nostri padri, noi oggi non avremmo una carta costituzionale, che rimane un orientamento sicuro.
Tornado alla nostra città, vi invito ad amarla. Perugia ha tante necessità materiali e spirituali, ma ha soprattutto bisogno di persone che la amino con passione e disinteressatamente.
E’ dall’amore per Cristo, per il Vangelo, ma anche per gli uomini, per la storia e dunque per il mondo, che nasce per noi cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, l’esigenza di essere coerenti nel dovere che abbiamo di costruire la casa comune.
San Lorenzo, con la sua fulgida testimonianza, richiama a tutti noi il primato di Dio, su ogni iniziativa umana.
Dio è il Padre che ama per primo e dona a tutti se stesso in Gesù. Il primato di Gesù, Figlio del Padre, immagine dell’uomo perfetto e riferimento per ogni crescita umana autentica.
Nessuno può realizzare se stesso se non in Gesù Cristo, nessuno potrà mai essere persona più autenticamente umana di Lui.
Contemplare Cristo, come ha fatto il diacono Lorenzo e incontrarlo: questa è la vocazione del cristiano. Diceva giustamente il cardinale Martini che l’impresa più alta che si sia realizzata nel mondo è quella della croce e della grazia. Desidero, anch’io, sottolineare il primato della croce e della grazia perché possiamo vivere come Gesù ha vissuto ed amare come lui ci ha amato. San Lorenzo ci è riuscito pienamente e ci invita a seguire il suo esempio.
+ Gualtiero card. Bassetti
arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve
presidente della Cei