Ad Agello di Magione, il 10 giugno, vigilia della Solennità del Corpus Domini, si è tenuta la cerimonia di conferimento della Medaglia d’argento al Merito civile alla memoria del coraggioso parroco don Antonio Fedeli. Il sacerdote affrontò i soldati tedeschi, autori dell’eccidio di undici giovani contadini partigiani in località Montebuono, inizialmente riluttanti ad autorizzarlo a rimuovere dai campi i corpi di questi giovani (dieci di Agello ed uno di San Savino) per dar loro cristiana sepoltura. Don Fedeli guidò pastorale la comunità parrocchiale di Agello dal 1939 al 1956 e l’Amministrazione comunale di Magione, nel 2018, gli ha intitolato una piazza della frazione a perenne memoria. L’uccisione dei giovani partigiani mal equipaggiati, intenti in un’azione di disturbo per evitare ulteriori razzie di bestiame da parte dei tedeschi in ritirata, avvenne il pomeriggio dell’8 giugno 1944, festa del Corpus Domini, 79 anni fa. La medaglia alla memoria del sacerdote è stata consegnata ai nipoti Gabriella e Mario Fedeli dal prefetto di Perugia Armando Gradone, nel corso di una cerimonia alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili, religiose e militari. Oltre al prefetto Gradone sono intervenuti il sindaco di Magione Giacomo Chiodini e l’arcivescovo Ivan Maffeis.
Solo una pura coincidenza? Mons. Maffeis, nell’intervenire, ha commentato: «Possiamo cavarcela anche dicendoci che si tratta di una pura coincidenza. Sta di fatto che quella sera di giugno del 1944, quando don Antonio si reca, solo, ad implorare i tedeschi per poter seppellire i corpi dei contadini partigiani appena trucidati, quella sera era – proprio come questa – la sera del Corpus Domini. Il Sindaco, Giacomo Chiodini, e Sua Ecc.za il Prefetto Armando Gradone ci hanno aiutati a far memoria dell’eccidio di Montebuono, convinti come siamo di quanto sarebbe colpevole da parte nostra la dimenticanza di chi ha lottato per la libertà e la democrazia del nostro Paese».
Lettura alla luce del Corpus Domini. «A questo punto, più che su don Antonio quale eroe della Resistenza e salvatore di vite umane – ha proseguito l’arcivescovo –, vorrei soffermarmi brevemente sul significato che assume la sua figura, letta appunto alla luce del Corpus Domini. L’amore per il Corpus Domini – per il Corpo del Signore, l’Eucaristia – in don Antonio non rimase una devozione fine a se stessa. Non si è risolta in intimismo, né si è fatta separazione dal mondo. Anzi, è stata la sorgente da cui ha saputo trarre forza per contribuire alla costruzione del Corpus della comunità, ecclesiale e civile».
Pastore dall’animo gentile. Nel tracciare un breve profilo biografico di don Fedeli, mons. Maffeis ha evidenziato che «quest’uomo dall’intensa vita spirituale e culturale realizzò tanto a Colpiccione che ad Agello una serie continua di proposte e di iniziative, come se si trattasse delle parrocchie più grandi del mondo: corsi di aggiornamento, convegni di studio, esercizi spirituali, programmi di preghiera, conoscenza della Parola di Dio e della Dottrina sociale della Chiesa. Pastore dall’animo gentile, premuroso e disponibile, sempre presente e vicino al suo popolo, don Antonio favorì la diffusione di tutti i rami dell’Azione Cattolica, dei Circoli delle Acli, realizzò l’asilo di Agello».
Protesta coraggiosa tragicamente attuale. «Nella sua predicazione – ha proseguito il presule – vibra il suo amore per la Patria e per la pace, il suo ricordo per i caduti, la protesta coraggiosa – e così tragicamente attuale – per la deportazione nell’Europa dell’Est di 28 mila bambini greci, come pure per l’arresto in Ungheria del cardinale Mindszentij. La sua vita parla nella vicinanza ai reduci, nell’attenzione paziente con cui li ha aiutati a sanare le ferite interiori, nella sua carità fraterna, operosa e silenziosa. Nel suo stile di vita: ai familiari che avrebbero voluto acquistargli a un prezzo di favore una Balilla, rispose: “Come potrei transitare con un’automobile per le vie della mia parrocchia, dove vedo passare anziane donne con enormi carichi di fascine e di erba?”».
Testimonianza che non smette di interpellare. «Sì, forse non è solo una coincidenza, un caso, che l’anniversario dell’eccidio cada proprio nella festa del Corpus Domini – si è nuovamente chiesto mons. Maffeis al termine del suo intervento –. Di quel Pane don Antonio è vissuto, fino a farsi a sua volta pane per gli altri. La testimonianza luminosa di questo sacerdote non smette di interpellare la nostra risposta».
Don Antonio Fedeli