“I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro”, ha affermato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, aprendo mercoledì 3 luglio a Trieste la Settimana sociale dei Cattolici Italiani. Per la diocesi di Perugia-Città della Pieve vi partecipano i rappresentanti della Pastorale sociale del lavoro: Carlo Cerati, Maria Luisa Cotana e Federico Poggianti (nella foto).
Intervenendo davanti al Presidente della Repubblica, il Cardinale ha declinato in particolare due parole – partecipazione e solidarietà – per tratteggiare un ritratto dei cattolici in Italia come “un unico popolo”, che guarda “con preoccupazione al pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla”.
“Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano”, ha esordito il Cardinale sulla scorta del cammino compiuto dalle Settimane sociali in questi 50 anni.
“I cristiani prendono sul serio la patria, tanto che sono morti per essa, ma sanno anche che c’è sempre una patria in cielo e questo ci rende familiari di tutti e a casa ovunque”, ha aggiunto sulla scorta di De Gasperi.
“Non vogliamo accontentarci di facili lamentele sulla crisi della democrazia e sulla scarsa partecipazione al voto”, ha detto il presidente della Cei: “Ci impegniamo per risposte positive, consapevoli, condivise, possibili”. No, allora, all’apatia o alla rassegnazione: “La nostra democrazia può e deve essere migliore e più inclusiva”.
“La solidarietà è verso tutti, non guarda il passaporto perché tutti diventano il nostro prossimo e parte nel nostro futuro”, ha ammonito riguardo alla necessaria attenzione verso i poveri, gli anziani, i fragili, i disabili, “i giovani che sentono di non avere un futuro ma in realtà lo cercano, le donne vittime della violenza maschile, chi lavora in condizioni inaccettabili, alla casa senza la quale non c’è integrazione e nemmeno famiglia e futuro”.
Poi il riferimento alla stringente attualità: “Satnam Singh sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi. Sentiamo totalmente estraneo a noi il caporalato, la disumanità, lo sfruttamento delle braccia che dimenticano e umiliano la persona che offre le sue braccia”.
La solidarietà, per il presidente della Cei, “presidia e difende la vita di tutti, tutela il diritto a nascere come quello ad essere curati e accompagnati fino alla fine, difesi dal dolore e senza che nessuna logica o calcolo affretti la morte di nessuno. La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia”.
Non c’è democrazia, invece, “senza un noi”, senza la difesa della dignità umana “dove è più pesantemente violata”, perché la democrazia “vuol dire contrasto alla cultura dello scarto, alle dipendenze, alle condizioni indegne nelle carceri, ai tanti feriti della malattia psichiatrica”.
Nel suo intervento il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato che “la democrazia non è mai conquistata per sempre: nel cambiamento d’epoca che ci è dato di vivere avvertiamo tutta la difficoltà, e a volte persino un certo affanno, nel funzionamento delle democrazie; oggi constatiamo criticità inedite, che si aggiungono a problemi più antichi”.
“Nella complessità delle società contemporanee, a criticità conosciute, che mettono a rischio la vita degli Stati e delle comunità, si aggiungono nuovi rischi epocali: quelli ambientali e climatici, sanitari, finanziari, oltre alle sfide indotte dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale”, ha continuato Mattarella, mettendo in guardia: “Le nostre appaiono sempre più società del rischio, a fronteggiare il quale si disegnano, talora, soluzioni tecnocratiche”.
La democrazia – ha ribadito – “non è semplicemente un metodo, bensì costituisce lo spazio pubblico in cui si esprimono le voci protagoniste dei cittadini”.
Alla domanda “a cosa serve la democrazia?”, Mattarella ha risposto citando l’art. 2 della nostra Costituzione: “A riconoscere e a rendere effettive le libertà delle persone e delle comunità”.