Convegno “Giovani e il lavoro che (non) c’è” del “Progetto Policoro”. Gli interventi dei relatori Nicoli, Magatti, Giarrizzo, De Bernardo, Fora, Marianelli e Drezzadore

Diversi e qualificati sono stati gli interventi al Convegno dal titolo: “Giovani e il lavoro che (non) c’è”, tenutosi a Perugia, venerdì 20 ottobre, arricchito da non poche testimonianze di giovani che hanno dato vita a realtà produttive di tipo cooperativo, avvalendosi del supporto del “Progetto Policoro” diocesano perugino-pievese e di Confcooperative Umbria, che, insieme all’Ufficio diocesano di pastorale giovanile, hanno promosso questa proficua iniziativa che ha destato l’interesse e la partecipazione di non pochi “addetti ai lavori” e non solo.

I lavori, introdotti da Elisa Calzuola e Timoteo Carpita, coordinatori Giovani imprenditori di Confcooperative Umbria, moderati da Massimiliano Marianelli, coordinatore regionale del “Progetto Policoro” Umbria e delegato per la didattica dell’Università degli Studi di Perugia, e conclusi da Maurizio Drezzadore, consulente del Ministero del Lavoro, sono stati caratterizzati dagli interventi dei docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e di Milano Dario Eugenio Nicoli, sociologo, e Mauro Magatti, economista, del presidente di Confcooperative Umbria Andrea Fora, del fondatore di “Startup Super School” Andrea Giarrizzo, vincitore del premio “Italia giovane”, e di Vincenzo De Bernardo, direttore di Federsolidarietà e responsabile del Servizio civile Confcooperative.

Gli intervenuti sono stati intervistati da Umbria Radio-www.umbriaoggi.news (canale You Tube), le cui risposte hanno sintetizzato i temi trattati nelle loro relazioni.

 

Il lavoro nel rapporto tra giovani, istruzione e vocazione… Superare l’idea un po’ tayloristica del lavoro.

Il sociologo Nicoli si è soffermato sullo studio avviato da tempo con molti colleghi sulla «realtà del lavoro nel rapporto tra giovani, istruzione e vocazione, decisione per la propria vita. Quello che vediamo oggi – ha evidenziato il docente – è che i giovani sono combattuti tra la fluttuazione dell’io, perché sono dispersi e poi vivono in un mondo scettico, e il desiderio di manifestare le proprie prerogative che si possono riassumere nella parola entusiasmo. Solo che sono bloccati per la mancanza di riferimenti, soprattutto di adulti, che possano essere per loro delle guide, e anche dal fatto che nel rapporto con il lavoro, i vecchi canali di inserimento non funzionavano più e occorre costruire dei canali più sensibili. I giovani, come i bambini, e questa è una buona cosa, e non accettano di eseguire un compito in modo pedissequo, mentre invece le imprese si portano ancora dietro l’idea della persona giusta al posto giusto, una concezione un po’ tayloristica del lavoro. Quindi si tratta proprio di un impegno per la vocazione al lavoro della gioventù che riguarda tutte le istituzioni».

 

In tempo di crisi le coop sono capaci di conservare e aumentare i posti di lavoro non solo con fondi pubblici.

Per arrestare la “fuga” di giovani è necessario un patto tra tutti anche per non lasciargli solo debiti e problemi.

L’economista Magatti ha ricordato che «il futuro è sempre carico di futuro e di speranze», anche se, ha sottolineato, «in questo momento tendono a prevalere le paure, però in realtà in mezzo a questa crisi ci sono i germi di un futuro che credo sarà migliore del passato». Sul «mondo delle cooperative» il docente ha detto: «le coop in questi anni sono state capaci di conservare e aumentare i posti di lavoro. Anche loro come le imprese che sono sul mercato sono dentro una trasformazione che dà alle cooperative la capacità di creare lavoro non solo con i fondi pubblici. Questo è uno spazio di innovazione importante, le cooperative migliori si stanno muovendo in Italia in questa direzione e sono sicuro che anche in questa zona ci si sta orientando in questo senso. Il Progetto Policoro dà una grande mano alla costituzione delle cooperative». Su cosa possono fare le Istituzioni per evitare la “fuga” di giovani dall’Italia, Magatti è convinto che non è «un problema di maggiore attenzione da parte del Pubblico, credo che il problema è che c’è una generazione, quella dei nostri figli, che rischia di stare in panchina e di dover andare all’estero. C’è bisogno di costruire un patto tra le Istituzioni, le generazioni più avanti negli anni, le imprese, il territorio, perché i patrimonio che abbiamo (nel senso di “dono del Padre”) non sia bloccato ma si trovi in modo di rimetterlo in gioco. Questo riguarda tutti noi, che dobbiamo trovare il modo che la nostra eredità non siano solo debiti e problemi».

 

 

Ai giovani non chiede solo di creare impresa, ma di credere in se stessi, di avere spirito imprenditoriale.

Andare all’estero per fare tesoro di quelle cose fantastiche che troviamo fuori dell’Italia

I giovani sono stati i «protagonisti del convegno», come li ha definiti il cardinale Gualtiero Bassetti nel suo intervento, e proprio da uno di loro, Andrea Giarrizzo, si sono ascoltate parole concrete di futuro e speranza.

«Sono a Perugia per trasmettere ai giovani un bel messaggio, quello del fare e credere in se stessi – ha detto il fondatore di “Startup Super School” ai microfoni di Umbria Radio –. Ho fondato da un anno una scuola dell’imprenditorialità che tenta di portare l’educazione all’impresa nelle scuole e nelle università italiane per il desiderio ai giovani di creare una start up da una semplice idea. E’ chiaro che quello che chiediamo ai giovani non è tanto di creare un’impresa, perché magari a 16 anni non è così facile, ma di credere in se stessi di avere quello spirito imprenditoriale che li può portare avanti nella vita a superare quelli che sono i momenti più difficili, magari anche della vita privata e non solo lavorativa». Nel chiedere a Giarrizzo quale è il futuro dei giovani, anche di coloro che vanno all’estero, il relatore ha ricordato che «l’Italia è forse il Paese più creativo al mondo e riesce a “sfornare” i giovani migliori al mondo». Inoltre è convinto che si «debba fare un’esperienza all’estero per imparare a relazionarsi con altre culture e altre società. E’ fondamentale imparare l’inglese, è una delle cose che serve di più, se vogliamo esportare non solo il nostro prodotto ma anche la nostra persona». Soprattutto, ha concluso Giarrizzo, «se riusciamo a fare tesoro di tutte quelle cose fantastiche che troviamo fuori dell’Italia, portale da noi e crearne qualcosa è ancor meglio».

 

Il Servizio civile dà più opportunità di lavoro: lo prova una pubblicazione scientifica di valutazione di impatto.

“Giovani verso l’occupazione: impatto del Servizio civile nella cooperazione”, è stato uno degli argomenti affrontati dal convegno, affidato a Vincenzo De Bernardo, di Confcooperative. «I giovani attraverso il servizio civile nel mondo della cooperazione vedono un futuro – ha sostenuto il relatore –, perché abbiamo dimostrato l’impatto del servizio civile nel loro futuro lavorativo. Questo è stato possibile attraverso una pubblicazione scientifica con la Franco Angeli Editore, una valutazione di impatto con valutatori di livello nazionale. Abbiamo scoperto che oltre la metà dei giovani (le ragazze sono state il 70%) hanno trovato occupazione nei tre mesi successivi, e quindi possiamo dire che i giovani, attraverso il Servizio civile hanno utilizzato una benzina a veloce consumo, cioè subito hanno potuto attivare la rete di conoscenze e competenze che hanno costruito con gli altri. Abbiamo visto che in realtà le competenze leggere (ovvero comunicative e relative alla risoluzione di problematiche) sono quelle che hanno consentito a questi ragazzi – per il oltre il 50% – di lavorare nel terzo settore, non solo nella cooperazione sociale ma nel mondo più ampio dell’impresa sociale e delle reti del terzo settore».

 

La cooperazione prova oggi ad offrire opportunità di crescita, di impresa, di occupazione vera e buona.

A parlare di «una responsabilità che va oltre le nostre imprese», nel favorire opportunità di lavoro per i giovani, è stato il presidente di Confcooperative Umbria Andrea Fora, «perché la cooperazione è intergenerazionale, non è di proprietà nostra – ha evidenziato –, ma la grande responsabilità in questo Paese è quella di creare opportunità che possano essere trasmesse di generazione in generazione. Oggi i nostri ragazzi escono dall’Italia, tanti non tornano, non riuscendo ad offrire loro opportunità di crescita umana e professionale. Proviamo oggi con la cooperazione e con le reti associative a offrire opportunità di crescita, di impresa e di occupazione vera e buona per tutti coloro che hanno voglia di sperimentarsi in capacità e professionalità». Sull’importanza del convegno, Andre Fora ha detto: «è un richiamo alla città, alle istituzioni, alle nostre coscienze addormentate che non hanno la capacità di parlare ai nostri ragazzi. Siamo tutti un po’ addormentati nell’idea che tutto possa andare avanti così e niente può cambiare, invece nella nostra città ci sono tante possibilità e opportunità. Noi già a partire dalle prossime settimane lanceremo una grande call ai ragazzi che vogliono costituirsi in impresa cooperativa, li affiancheremo, lo stiamo facendo in tutta Italia, abbiamo aperto 18 spazi per fare impresa giovanile e lo faremo anche a Perugia».

 

Il Progetto Policoro in Umbria per avviare strade di inserimento al lavoro.

Il moderatore del convegno, Massimiliano Marianelli, ha illustrato il Progetto Policoro, che la Chiesa italiana, con papa Giovanni Paolo II, «ha fatto nascere nella città di Policoro (in Basilicata, n.d.r.) e che mette al centro il tema del lavoro per la crescita della persona e per la sua realizzazione – ha commentato Marianelli –. Il Convegno si inserisce in questo contesto e lo si evince dal suo titolo, purtroppo aggiungendo tra parentesi il lavoro che non c’è, per rispondere alla realtà locale. Su questo è l’impegno del Progetto Policoro dell’Umbria, che da un anno, soprattutto con l’aiuto costante di don Riccardo Pascolini, dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, che sta seguendo il nostro coordinamento regionale, cerca di iniziare nuovi percorsi per avviare strade di inserimento al lavoro». Come? Risponde sempre Maiarelli: «attraverso degli animatori che localmente si inseriscono in tutta la rete del territorio, creando delle filiere nelle diverse realtà che aderiscono al Progetto e non solo consentendo ai giovani di cercare nuova opportunità, ma promuovendo l’autoimprenditorialità come una forma di crescita e realizzazione per la persona».

 

L’alternanza scuola, lavoro apprendistato. Le imprese più piccole esortate ad assumere giovani.

La conclusione dei lavoro del convegno è stata affidata al consulente del Ministero del Lavoro Maurizio Drezzadore. «Ciò a cui il Ministero sta lavorando – ha detto – è una strategia nazionale delle competenze, per così dire, cioè una varietà di azioni che agiscano nei momenti di maggiore difficoltà nel sistema del mercato del lavoro. Una di queste strategie è rivolta particolarmente ai giovani e tende ad introdurre – attraverso l’alternanza scuola lavoro e l’apprendistato – degli strumenti di formazione in contesto di impresa che per lungo tempo si sono discussi, ma mai hanno trovato applicazione nella scuola e nei sistemi formativi italiani. In particolare attraverso questi strumenti di alternanza e apprendistato, il governo ha fatto un’offerta a tutti i giovani che fanno i percorsi della scuola secondaria superiore, di essere attenti e protagonisti di questa fase dove ci si avvicina all’impresa per conseguire, attraverso un percorso formativo dentro questi contesti, che sono nuovi, il titolo professionale o il diploma di maturità che è l’ossatura della loro scelta formativa». Inoltre, ha sottolineato Drezzadore, «c’è poi un ambito della strategia della formazione che è rivolta al mondo adulto, un mondo cioè che è chiamato ad adeguare le proprie capacità in un momento in cui forte è il cambiamento del sistema economico, con “Industria 4.0. Da parte del Governo si è voluto proporre alcune significative linee di sviluppo e crescita del sistema economico italiano e delle imprese, ma si è voluto anche costruire un capitolo ad hoc per riqualificare le competenze dell’ambiente lavorativo. Le imprese avranno delle modalità di agevolazione per sviluppare le competenze, che oggi è elemento di importanza per agganciare percorsi di crescita e di progresso che non riusciremmo altrimenti a ricordare. Bisogna anche dire che c’è un’esigenza di riqualificare l’intero sistema produttivo». Al riguardo il consulente del Ministero del Lavoro ha ricordato che «il nostro Paese è caratterizzato da piccola e piccolissima impresa, che ha avuto elementi grande successo se pensiamo che fin dall’America sono venuti a studiare il modello italiano negli anni ‘80 e che gran parte del benessere prodotto nel nostro Paese nasce dalla scelta di creare un tessuto di piccole imprese che si è sviluppato in molti territori. Oggi, però, c’è da dire che la dimensione piccola o micro del sistema imprenditoriale italiano deve fare i conti con un sistema molto complesso come la globalizzazione e i mercati internazionali. Allora serve che le imprese, soprattutto le più piccole, abbiano questa voglia di aprirsi e di fare scelte anche nell’assunzione dei giovani, con processi di miglioramento della qualità delle competenze, con scelte che puntino ai titoli più elevati del mercato del lavoro ma anche dei titoli di istruzione». Questi ultimi, ha concluso Drezzadore, «possano dare in particolare opportunità di occupazione a chi oggi è più impegnato nei percorsi di formazione e dedica molto tempo e dedizione a migliorare le proprie possibilità future di competenze lavorative».