«Mi è caro ritrovarci qui, nella nostra cattedrale, in un tempo di apprensione per le nostre comunità. Abbiamo vissuto mesi drammatici, segnati dalla sofferenza e dalla solitudine. Impossibilitati nel ministero ordinario, ma seguendo, nei modi possibili, l’angoscia della nostra gente. Siamo stati nel dolore per la malattia e per la morte di tante persone conosciute. Anche io ho vissuto giorni di dramma, ma grazie a Dio ho superato la prova. Vi ringrazio per la vicinanza e le preghiere». Con queste parole, pronunciate con tono di voce commossa, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha esordito nell’omelia della Messa Crismale, celebrata nella cattedrale di Perugia, il pomeriggio del 31 marzo; omelia consultabile integralmente sul sito: www.diocesi.perugia.it. Concelebranti il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e numerosi sacerdoti presenti nel rispetto delle norme sanitarie per il contenimento della pandemia.
Lo scopo principale dell’Apocalisse. Nel commentare le letture della celebrazione eucaristica in cui i presbiteri hanno rinnovato le promesse sacerdotali e sono stati benedetti gli Olii degli infermi, dei catecumeni e del Sacro Crisma, il cardinale si è soffermato sul libro dell’Apocalisse, che «è stato scritto – ha sottolineato – in un momento di grave crisi, e le parole che abbiamo ascoltato “non sono tanto un proclama sugli ultimi tempi, ma una riflessione sapienziale sul senso di Cristo crocifisso e la sua risurrezione”. Le pagine di questo libro, allora, non servono per sapere quello che accadrà, o come accadrà, ma per orientarci a vivere ciò che sta già accadendo: questo è lo scopo principale dell’Apocalisse, offrire ai fedeli una chiave di lettura, un senso alla crisi. (Era così che il Prof. La Pira interpretava l’Apocalisse, che chiama la “bussola”)».
La fatica di tanti parroci, catechisti… «Ma quale chiave di lettura, quale sguardo sapienziale sono praticabili per questo tempo così difficile? – si è chiesto Bassetti –. Permettetemi di ricordare anche a voi, cari presbiteri, quanto ho già detto al Consiglio Permanente della CEI. Affermavo, lo scorso 22 marzo, che “lo sguardo attento sulla realtà attuale invoca una particolare presenza di speranza della comunità ecclesiale accanto agli uomini e alle donne del nostro tempo. Stiamo vivendo un momento pastorale complicato per le nostre Chiese e le nostre parrocchie. La fatica di tanti – parroci, catechisti, educatori, operatori pastorali – è, scrivevo, evidente”. Se è inutile ripetere o spiegare quanto voi sapete già benissimo, perché lo vivete sul campo e in prima persona, lasciate almeno che io ringrazi tutti voi, carissimi sacerdoti, diaconi, come anche i religiosi e i laici consacrati, per il prezioso servizio che svolgete silenziosamente e quotidianamente nella Chiesa, a favore del popolo di Dio, e di tanti che vi sono affidati».
La speranza la virtù più in crisi. «Ma torniamo a quella riflessione sapienziale sulla speranza che proprio ora ci è necessaria. Infatti, quando siamo colpiti dai tanti lutti per il Covid, dalla sofferenza di coloro che sono ricoverati negli ospedali, o dalla crisi economica che non risparmia nessuno, possiamo ancora alzare lo sguardo con speranza. Se è stato scritto qualche anno fa (da un confratello Vescovo scomparso nel 2019, Enrico Masseroni, in un testo di meditazioni ai presbiteri, Vi ho dato l’esempio, Paoline 2006) che “oggi è proprio la speranza la virtù più in crisi”, questa pandemia ci sta facendo rendere conto – ribaltando quella giusta constatazione – che oggi la speranza è la virtù della crisi, cioè quella più necessaria per la crisi che stiamo attraversando. È vero, anche le nostre comunità cristiane hanno attraversato quella “sindrome della stanchezza” che può assumere varie forme e si vedeva già in qualcuna delle sette chiese dell’Apocalisse, come nella mediocrità della chiesa di Laodicea, a cui il Risorto rimprovera la tiepidezza. Ma la prova che stiamo vivendo, paradossalmente, ci insegna a fidarci di Dio e a guardare avanti».
La speranza frutto della prova. Il cardinale Bassetti, avviandosi alla conclusione, ha citato ancora il libro dell’Apocalisse, soffermandosi sulla pagina che parla della possibilità di «ritrovare la speranza… Ma la speranza non è solo un dono – ha evidenziato –: è il frutto stesso della prova. Delle tribolazioni che stiamo attraversando non dobbiamo avere paura, cari fratelli e sorelle, perché – come scrive l’Apostolo – “la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza” (Rm 5,3-4). È questo il mio augurio: che a nessuno di noi manchi la pazienza, e che la speranza sia presto donata dal Risorto a chi è messo alla prova».