
SicutErat raccoglie articoli scritti da Paolo Malaguti per l’Osservatore Romano, nei quali l’autore racconta dell’educazione cattolica ricevuta dalla sua famiglia, che viveva in provincia e nella quale si comunicava principalmente con il dialetto, anche se all’autore non è mai stato insegnato. Ciò che invece gli fu tramandata pienamente è la religiosità, un rapporto con la fede informale, mediato da codici e credenze magari non perfettamente comprensibili ma non per questo inautentici: la fede dei suoi nonni era fatta di stupore, di apparizioni, di diavoli e ostie consacrate, di misteri e di pranzi in famiglia.
Nel suo immaginario la fede era vissuta con due diverse anime: da un lato la dimensione familiare, venata di elementi fantastici e ricordi che rimandavano quasi alla mitologia, e dall’altro il catechismo, che era più ordinato, più comprensibile e forse per questo meno affascinante. Entrambe le dimensioni sono state fondamentali durante la crescita di Paolo Malaguti: la radice familiare, però, lo commuoveva di più. Ricorda, ad esempio, i fioretti di maggio a cui partecipava con molto slancio anche perché poteva ambire a cose molte semplici e forse insignificanti agli occhi di un adulto, come avere una corona del rosario che si illuminava al buio, che era per lui una grande emozione.
Malaguti si è nutrito per tutta la sua infanzia di molte preghiere biascicate in un latinorum carico di autenticità e devozione, delle quali ancora oggi apprezza la dimensione rituale, abitudinaria e non occasionale: la preghiera così diventa un appuntamento fisso con Qualcuno e se ne sente la mancanza quando non si riesce ad esserci.
A cura della Libreria delle Volte