
L’arcivescovo: «Sotto il manto di Maria poniamo in particolare, con forza, la richiesta di pace
«Sono tre anni che mi sopportate, quindi è giusto iniziare anche questa celebrazione chiedendo perdono al Signore, e io lo chiedo a voi per i miei limiti, le mie povertà. Chiediamo al Signore, con la sua misericordia, che ci aiuti a camminare insieme come credenti, come uomini e donne di questo tempo che sanno riconoscersi, stimarsi, aiutarsi». Con queste parole dal tono anche scherzoso, l’arcivescovo Ivan Maffeis, che ha ricevuto l’ordinazione episcopale con ingresso in Diocesi l’11 settembre 2022, tre anni fa, ha introdotto la solenne celebrazione eucaristica della Festa della Madonna delle Grazie nella cattedrale di Perugia, la sera del 12 settembre. Celebrazione che ha visto la cattedrale gremita di fedeli e come concelebrante il vicario generale don Simone Sorbaioli e numerosi sacerdoti raccoltisi attorno al loro Pastore per invocare la protezione della Madonna delle Grazie sulla città e sul mondo intero. Preghiera di affidamento alla Beata Vergine che è avvenuta, come è consuetudine, ai piedi della splendida icona mariana dipinta da un allievo del Perugino su una colonna della cattedrale. La celebrazione è stata preceduta dall’ostensione del Santo Anello (nota ai perugini come “calata”), animata dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, di San Giuseppe e del Santo Anello. Dinanzi all’antico monile che per la pietà popolare ricorda lo sposalizio della Vergine, i devoti potranno raccogliersi in preghiera anche nei giorni 13 e il 14 settembre, Festa della Famiglia in cattedrale promossa dall’Ufficio diocesano di Pastorale familiare e dalla menzionata Confraternita.
Nel commentare, nell’omelia, il Vangelo delle Nozze di Cana, l’arcivescovo ha parlato della «tradizione cristiana» che «sembra risolversi in una sorta di anfora vuota, in un retaggio inutile e perfino ingombrante del passato. Credo che per tanti, oggi, i segni, le parole dell’esperienza cristiana rischiano di apparire come un castello di carte di cui si stenta a cogliere la verità e la bellezza».
«Anche come credenti, se ci guardiamo dentro – ha proseguito –, avvertiamo che senza un’adesione personale di fede, senza una risposta che metta in gioco la nostra vita, la proposta cristiana rimane come quelle anfore, svuotata dal rumore del mondo, prosciugata da orizzonti effimeri, resa arida da preoccupazioni eccessive. È una crisi di appartenenza che impoverisce la Chiesa, ma impoverisce anche la stessa società, impoverisce i legami comunitari. Rispetto a questa situazione, il Vangelo riapre la partita, ci fa capire che dove il Signore Gesù è accolto alla mensa della vita, lui si rivela come acqua viva che può ripetere a noi, come ieri alla samaritana che ha sete, chi berrà l’acqua che gli darò non avrà più sete in eterno diventando lui stesso una sorgente di acqua. È il Signore Gesù l’acqua che disseta quella domanda di vita che ciascuno porta nel cuore, e che la ricchezza della tradizione cristiana è espressa in tante forme: il latte, la musica, fino ai vertici della carità. È il Signore il vino buono, il vino della gioia e della festa. Gioia e festa che nascono da un’azione coltivata con Dio. È il vino della gratuità che ci educa a fare della nostra vita un dono, a far spazio all’altro, a camminare insieme».
Mons. Maffeis ha poi annunciato la visita pastorale alle comunità, a partire dal prossimo 23 novembre, nel presentare la sua terza lettera pastorale dal titolo “Come ad amici di casa”, distribuita ai fedeli al termine della celebrazione. Nel leggere alcuni passaggi della lettera ha commentato: «Sono fiducioso perché il vino buono qui non manca, profuma nel servizio fedele e silenzioso di tanti che portano avanti le responsabilità che la vita ha loro affidato: in famiglia, nel lavoro, nelle istituzioni civili, nella Chiesa. Quante volte in questi tre anni ho toccato con mano con gratitudine i tanti segni della visita di Dio in mezzo a noi: in sacerdoti, in diaconi, in religiosi e religiose, in tanti laici. Sono persone umili, consapevoli delle loro fragilità e proprio per questo capaci di compassione, di comprensione. Persone luminose, dal cuore aperto, educate alla preghiera, all’incontro con il Vangelo, all’amore per gli altri. Con il loro vissuto disegnano il volto della nostra Chiesa e contribuiscono a rendere la Città dell’Uomo una città in cui abitare, in cui ciascuno trovi casa».
«Alla Madonna delle Grazie torniamo ad affidarci con fiducia, perché le realtà di Dio non vengano meno sulla tavola della nostra vita, non venga meno il vino buono della speranza, della gioia, della fraternità. Sotto il manto di Maria, nostra sorella e nostra Madre, poniamo in particolare, con forza, la richiesta di pace, questa richiesta che sale incessante da ogni uomo che sia degno di questo nome». Ha auspicato l’arcivescovo al termine dell’omelia.
Fotogallery