L’arcivescovo mons. Ivan Maffeis ha presieduto in cattedrale la solenne celebrazione della festa della Madonna delle Grazie. Il presule nella sua prima omelia: «Come a Cana, anche oggi la Madre della Misericordia contribuisce a restituire serenità e fiducia sulla mensa della nostra vita»

La prima omelia. «Sono particolarmente contento di essere qui questa sera e di iniziare il servizio episcopale celebrando con voi e per voi l’Eucarestia in questa festa, dedicata alla Madonna delle Grazie». Così ha esordito nella sua prima omelia l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve mons. Ivan Maffeis, omelia, il cui testo integrale è consultabile sul sito: www.diocesi.perugia.it , pronunciata in occasione della festa della Madonna delle Grazie, che a Perugia si tiene nel giorno del Ss. Nome di Maria, il 12 settembre, nella cattedrale di San Lorenzo dove il giorno precedente aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. «Cosa potrebbe esserci – ha proseguito il presule – di più dolce dell’essere accolti, fin dal nostro ingresso in Cattedrale, dalla Madre orante, le cui mani esprimono un gesto di protezione, custodia e benedizione? Come a Cana, anche oggi la Madre della Misericordia contribuisce a restituire serenità e fiducia sulla mensa della nostra vita».

Le Nozze di Cana. «Nell’episodio evangelico, la prima cosa che colpisce – ha fatto notare mons. Maffeis – è l’attenzione di Maria, il suo sguardo pronto a cogliere e a leggere la situazione (“Non hanno vino”)… Maria ci testimonia come la relazione con il Signore, la comunione con Cristo Gesù, renda capaci di accorgersi degli altri, aiuti a sentirsi corresponsabili di quanto vivono. Permette di sentire la loro mancanza di vino, quel vino che è simbolo della festa, della libertà, della scioltezza interiore, della verità, dell’abbondanza dei doni di Dio. Manca il vino quando viene meno la freschezza, la concordia, la fiducia; quando i problemi e le preoccupazioni che ci sono nella vita di oggi, che offuscano e confondono, quando ci si adatta all’opacità, al disordine, al peccato; quando la tristezza toglie gusto e colore all’esistenza; quando le responsabilità assunte sono trascinate come un peso insopportabile; quando lo stesso rapporto con Dio scivola nella stanchezza o, addirittura, nella paura… Quante volte siamo frenati dal compiere il bene che starebbe nelle nostre possibilità dal pensiero che tanto è inutile, che non servirà a cambiare le cose, che niente e nessuno ci ringrazierà…».

L’inizio della comunità cristiana. «“Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”: è l’inizio della comunità cristiana, della Chiesa, di un’umanità che oggi e sempre trova senso e salvezza affidandosi al Cristo con quella misteriosa adesione che è la fede. Preghiamo per la nostra Chiesa – ha concluso mons. Maffeis –, perché si conformi sempre più a Maria, alla maternità spirituale che l’ha resa attenta e sensibile nel cogliere i bisogni dei commensali e sollecita nell’orientare tutto al Cristo. Dall’incontro con lui fluisce la carità, che diventa presenza amorosa e operosa, segno e strumento attraverso il quale passa in abbondanza il vino nuovo della grazia del Vangelo, destinata a trasformare in profondità ogni ambito della vita umana».

I concelebranti e la preghiera di invocazione a Maria. A concelebrare c’erano il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo emerito, e il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi; celebrazione conclusa con la recita della preghiera di invocazione alla Beata Vergine da parte dell’arcivescovo e l’omaggio floreale dello stesso presule alla venerata icona della Madonna delle Grazie dipinta da un allievo del Perugino su una colonna della cattedrale.

La “reposizione” del Sant’Anello. I celebranti si sono poi recati davanti al Sant’Anello, raccogliendosi in preghiera ed assistendo alla “reposizione” dell’antico reliquiario in argento e rame che lo contiene; Sant’anello ritenuto dalla pietà popolare l’anello con cui la Beata Vergine Maria fu sposata a san Giuseppe. Mons. Maffeis ha assistito alla “reposizione”, animata dalla confraternita del Ss. Sacramento, di San Giuseppe e del Sant’Anello, portandosi, con una scala, a otto metri d’altezza sopra l’altare della cappella dove si trova la cassaforte del reliquiario.