Come in tutte le chiese, anche nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia la celebrazione della Coena Domini del Giovedì Santo (1 aprile) si è tenuta senza la lavanda dei piedi, uno dei riti più significativi che la Settimana Santa 2021 si è vista privare dalla pandemia. E’ il segno per eccellenza della “Chiesa del servizio” nell’incarnare i «sentimenti di Gesù che lo portano a lavare i piedi dei discepoli come un servo». Lo ha ricordato, nell’omelia della Coena Domini in San Lorenzo, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti.
Piegarsi verso il prossimo. «Il Vangelo del Giovedì Santo – ha proseguito il presule – esorta i discepoli a chinarsi e lavarsi i piedi gli uni agli altri. Il Giovedì Santo ci insegna come vivere e da dove iniziare a vivere: la vita vera non è quella di stare in piedi, fermi nel proprio orgoglio; la vita secondo il Vangelo è piegarsi verso i fratelli e le sorelle, iniziando dai più deboli. È una vita che viene dal cielo, eppure è una vita così umana. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che si chini verso di noi, come anche noi di chinarci verso i fratelli e le sorelle».
Un modo di vivere. «Il Giovedì Santo – ha sottolineato il cardinale Bassetti – è davvero un giorno umano: il giorno dell’amore di Gesù che scende così in basso fino ai piedi dei suoi amici. E tutti siamo suoi amici, anche Giuda, colui che lo sta per tradire. Da parte di Gesù nessuno è nemico, tutto per lui è amore. Lavare i piedi per Gesù non è un gesto, è un modo di vivere. Si è comportato così in ogni istante della sua vita».
Il nutrimento disceso dal Cielo. All’inizio dell’omelia il cardinale ha ricordato il gesto compiuto da Cristo nel distribuire il pane ai suoi discepoli nell’ultima cena e le parole di Gesù: «“Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. In verità, per Gesù, è un desiderio da sempre; ma quella sera ha ancora più bisogno di stare con noi. Si mise a tavola con i dodici, prese il pane e lo distribuì loro dicendo: “Questo è il mio corpo, che è per voi”. La stessa cosa fece con il calice del vino: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per tutti”. Quel pane e quel vino sono il nutrimento disceso dal Cielo per noi pellegrini sulle strade di questo mondo. Ci rendono più simili a Gesù, ci orientano a vivere come lui viveva, fanno sorgere in noi sentimenti di bontà e di servizio, di tenerezza, di amore, di perdono. Gli stessi sentimenti che lo portano a lavare i piedi dei discepoli come un servo».
L’adorazione eucaristica. «Terminata la cena, Gesù si incammina verso l’orto degli ulivi. Qui si inginocchia ancora, anzi si stende a terra e suda sangue, per il dolore e l’angoscia. Chiede solidarietà e preghiera ai tre discepoli che l’accompagnano, Pietro, Giacomo e Giovanni, ma li trova addormentati. Non si rendevano conto del dramma che stava per compiersi. Lasciamoci coinvolgere, almeno un poco da quest’uomo che ci ama tutti di un amore mai visto sulla terra. E mentre ci fermiamo davanti a Lui, presente nell’Eucarestia, diciamogli la nostra amicizia. Oggi, più che noi, è il Signore ad avere bisogno di compagnia. Ascoltiamo la sua implorazione: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me”. “O voi che passate per la via considerate e vedete se c’è un dolore simile al mio”. Chiniamoci su di lui e non lasciamogli mancare la consolazione della nostra vicinanza. Oggi, giornata Eucaristica e sacerdotale, istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio, domina l’amore che si esprimerà nell’adorazione – ha ricordato il cardinale avviandosi alla conclusione –. Adoriamo, amiamo, godiamo l’Eucarestia. Oggi Gesù ci lascia un insegnamento, un esempio, un testamento, un comandamento. Corrispondiamo a tanto amore con il nostro amore!».
Al termine della Coena Domini è seguita l’adorazione eucaristica all’altare della reposizione animata dai seminaristi.