Nel rispetto delle norme sanitarie per prevenire il contagio da Covid-19 (da lunedì 8 febbraio Perugia e provincia sono “zona rossa”), nel capoluogo umbro si è svolta la 43a Giornata per la Vita indetta annualmente in Italia della Cei.
Domenica pomeriggio 7 febbraio, presso “Casa San Vincenzo”, si è tenuto un incontro in streaming (trasmesso sul canale YouTube del settimanale cattolico umbro La Voce) sul tema della Giornata: “Libertà e Vita”. Sono intervenuti i coniugi Roberta e Luca Convito, responsabili dell’Ufficio diocesano per la pastorale familiare, la professoressa Assuntina Morresi, presidente del Movimento per la Vita (MpV) dell’Umbria, il medico Stefano Cusco, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute e membro della sezione perugina dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI), don Marco Briziarelli, direttore della Caritas diocesana, suor Giuliana e suor Maria Luisa, delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paola, la congregazione religiosa che gestisce la “Casa”. Si tratta dell’opera segno diocesana che da più di un quarto di secolo accoglie donne con minori o singole in gravi difficoltà, incluse coloro che sono in attesa di dare alla luce una creatura.
“Casa San Vincenzo” ha accolto in 25 anni più di 1.200 persone di cui un quarto minori. Attualmente possono essere ospitate non più di dieci persone per un medio-lungo soggiorno, il tempo necessario per essere aiutate a ricostruirsi una vita seguendo un “progetto personalizzato” a seconda se le ospiti sono studentesse, lavoratrici o in cerca di occupazione. Si accede alla struttura dopo essersi recate al Centro di Ascolto diocesano della Caritas. Nella gestione di “Casa San Vincenzo” le Figlie della Carità ricevono la collaborazione della stessa Caritas, del Volontariato Vincenziano, di parrocchie attraverso i loro volontari e di non pochi “piccoli” e “grandi” privati benefattori. Questa “Casa” resta sempre un punto di riferimento per chi poi la lascia: è come se fosse, per quante vi hanno trovato accoglienza nei momenti difficili, la loro “famiglia di origine” dove spesso le nonne (in questo caso le suore) badano ai nipoti quando le mamme sono impossibilitate a farlo per motivi di lavoro straordinario o nei giorni festivi.
“Casa San Vincenzo”, hanno sottolineato gli intervenuti, «è un luogo di cura alla vita…, nel custodirla, accoglierla, accompagnarla e curarla fin dal primo momento in cui una ospite varca la porta». Quest’opera segno della Chiesa diocesana, come ha evidenziato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti nel suo video messaggio trasmesso all’inizio dell’incontro, rappresenta concretamente il luogo dove viene custodita e alimentata la vita del prossimo. «La vita – ha commentato il cardinale ricordando la sua esperienza con il Covid – è il più grande dono che il Signore ha fatto all’umanità…». Rivolgendosi poi ai giovani – la “Casa San Vincenzo” ne ha accolte e continua ad accoglierne tante – il cardinale, riflettendo sul tema della 43a Giornata, ha detto: «La libertà non va sciupata e non prendete strade che portano al nulla. Usate questa vostra libertà per farvi carico degli altri. Gli altri non sono estranei, gli altri sono te stesso e quello che fai a loro di bene, purtroppo anche di male, lo fai a te. Il Signore ti dona la vita, ti dona la libertà, perché a tua volta di questa tua vita e di questa tua libertà possa farne dono».
Ha portato la sua testimonianza anche la signora Paola, la cuoca di “Casa San Vincenzo”, nel raccontare episodi dove traspare tanto calore, tanta umanità tra ospiti e quanti si prendono cura di loro anche nel preparare le varie pietanze e i momenti di festa come i compleanni. Ma non mancano, purtroppo, i momenti più tristi, che si vivono spesso al loro arrivo, quando le ospiti sono digiune da giorni insieme alle loro creature.
«Ogni ospite – hanno evidenziato suor Giuliana e suor Maria Luisa – è per noi Figlie della Carità un dono del Signore. In questa casa si vive lo spirito di Betlemme, del Natale ogni volta che arriva una ospite con la sua creatura o è in attesa di partorire, perché non trova posto altrove, come è accaduto alla Santa Famiglia di Nazareth. A “Casa San Vincenzo” accogliamo vite che altri rifiutano».