E’ tornato alla Casa del Padre mons. Gustavo Coletti, parroco emerito di Ponte Pattoli, il primo sacerdote dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve deceduto per il Covid-19 la notte scorsa, presso l’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” del capoluogo umbro. Le esequie si terranno nella chiesa del nosocomio perugino, nel pomeriggio di mercoledì 11 novembre, riservate ad una rappresentanza del presbiterio diocesano. Successivamente il feretro raggiungerà i centri abitati di Ponte Pattoli e Casa del Diavolo per poi essere tumulato nella tomba di famiglia a Rancolfo.
Profondo è il cordoglio espresso dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi, a nome anche dell’intero Clero perugino-pievese, alla famiglia Coletti e a tutta la comunità parrocchiale di Ponte Pattoli guidata pastoralmente da don Gustavo per più di mezzo secolo. Fu uno dei “magnifici sette” seminaristi perugini – così titolava il periodico dell’epoca del Seminario nell’annunciare l’ordinazione presbiterale di ben sette giovani, nell’anno 1965, epoca in cui c’era una fioritura di vocazioni. Don Gustavo era nato a Perugia il 22 agosto 1938 e compiuti gli studi teologici fu ordinato sacerdote il 27 giugno 1965. Ea da alcuni anni a “riposo” come parroco, ma sempre attivo in parrocchia nell’ascoltare le persone, confortandole e sostenendole nel momento del bisogno materiale e spirituale. Per le sue non comuni doti di uomo e di sacerdote è stato nominato da papa Giovanni Paolo II cappellano di Sua Santità con il titolo di “monsignore”.
A tracciare un breve significativo ricordo di don Gustavo Coletti, è uno dei suoi ragazzi “convertiti” al Vangelo e alla Chiesa, nel caso specifico fino alla vocazione-chiamata al sacerdozio: don Riccardo Pascolini, parroco a Perugia città e coordinatore e responsabile di diversi Uffici e servizi diocesani.
“Don Gustavo è stato per tanti giovani e adulti il prete “per te”, non solo anagrammando la parola “prete” – racconta con voce commossa don Riccardo –. E’ stato il sacerdote della semplicità di un sorriso, dell’accoglienza, della prossimità. La semplicità del “vecchio parroco di campagna”, come spesso si definiva lui stesso, lo ha contraddistinto per tutta la sua vita trascorsa per la quasi totalità al servizio di Dio e della Chiesa, entrando giovanissimo (all’età di undici anni) in Seminario. La famiglia, per don Gustavo, era tutta la parrocchia, non solo quella di origine. La sua “famiglia” di Ponte Pattoli lo è stata tale per più di cinquanta anni. Era il prete dell’amicizia e di una predicazione forte, carismatica, puntuale. La sua semplicità è stata la chiave con cui ha “conquistato” fin dall’inizio tutta la comunità locale. Ponte Pattoli si è sviluppato molto anche a livello sociale dopo l’arrivo del giovane don Gustavo da Ponte San Giovanni dove era stato cappellano. Tante le iniziative pastorali e non solo, da lui messe in atto, dai famosi campeggi e campi scuola estivi alle attività di animazione e di catechesi. Un uomo e un sacerdote – conclude don Riccardo – che è sempre stato presente e di riferimento per tutta la comunità senza mai pretendere niente”.
Ricordano mons. Gustavo Coletti due laiche impegnate in parrocchia e nel dare vita al “Gruppo di preghiere ed opere della Divina Misericordia”, Graziella e Daniela. “Don Gustavo – raccontano – è stato e continuerà ad essere il nostro “pastore” per sempre. La sua ricchezza interiore esulava da ogni comportamento o proposito cristiano, guardando oltre i confini religiosi, stando sempre attento alle esigenze di ogni singolo parrocchiano senza mai essere invadente, ma entrando quasi in punta di piedi nella vita di ognuno. Era alla portata di tutti per l’amore che ha sempre avuto per i giovani e per il modo diverso di interpretare la liturgia. Questo nuovo modo di sacerdote, si è rivelato vincente, rendendo i giovani e i meno giovani partecipi e consapevoli dell’importanza di essere a stretto contatto con una guida che ha dato loro un’impronta nuova dal punto di vista umano e di crescita spirituale. E’ stato per tutti un padre, un amico senza sminuire la figura del sacerdote. E’ stato un sacerdote molto attento ai più deboli, agli ammalati, agli anziani… ‘Il sacerdozio non è da considerarsi un lavoro, principalmente si diventa sacerdoti per vocazione’, ci diceva spesso don Gustano”, concludono Graziella e Daniela.