«Carissimi fratelli ristretti, la mia non è una visita di cortesia e neppure frutto di un invito ufficiale. Ho sentito il bisogno di essere per un po’ in mezzo a voi. Naturalmente, come i tempi del coronavirus ce lo consentono, con mascherina e guanti. E questo mi mette un po’ a disagio». Con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha salutato una rappresentanza di detenuti, di detenute e del personale di sorveglianza della Casa Circondariale in località Capanne di Perugia, nella mattinata del 18 aprile. Il cardinale è stato accolto dalla direttrice Bernardina Di Mario e dal comandante della Polizia penitenziaria Fulvio Brillo. La direttrice Di Mario, nel rivolgere il saluto di benvenuto all’ospite, ha sottolineato quanto l’arcivescovo di Perugia sia vicino e sensibile al mondo carcerario, anche attraverso la sua periodica presenza sia in occasioni belle che meno belle, condividendo con questa realtà, spesso relegata ai margini della società, le gioie e le sofferenze che la vita riserva come nel tempo del Covid-19.
Vite dei guariti profondamente segnate. «Gli altri anni, nella settimana prima di Pasqua, il Giovedì Santo – ha proseguito il cardinale Bassetti –, sono sempre venuto per la celebrazione della Cena del Signore e la lavanda dei piedi. Quest’anno vengo nella settimana di Pasqua, nel sabato che precede la domenica in Albis, seconda di Pasqua, quando coloro che erano stati battezzati nella notte del Sabato Santo, deponevano la loro veste bianca, che avevano indossato per tutta la settimana. È indubbio che stiamo attraversando tempi difficili. Il coronavirus è un nemico impietoso, che in tanti casi distrugge la vita. Ieri sono stato a visitare il grande ospedale della Misericordia di Perugia, che non è lontano da voi. Ho ascoltato la testimonianza dei medici, ho saluto gli infermieri e gli operatori sanitari. Ho potuto parlare, attraverso contatto telematico, con alcuni malati. Li ho confortati, ho pregato con loro, li ho benedetti. Ho fatto gli auguri ad un uomo ed una donna, che penso siano in via di guarigione, le cui vite però rimarranno profondamente segnate».
La libertà il più grande dono di Dio. «So quanto sia difficile, ed anche a me è costato tanto dover abbandonare il proprio impegno, la propria missione, e rinchiudermi in casa; ma io tutto sommato vivo in un episcopio grande… Penso ad alcune famiglie che conosco e che vivono, con tre o quattro bambini, in 60/70 metri quadrati: senza terrazza, senza possibilità di uscire. Penso soprattutto a voi. Sempre ho pregato per voi, come tante volte vi ho assicurato, ora la mia preghiera, avendo anche più tempo libero, nonostante le preoccupazioni per la nostra Diocesi e per l’Italia, è più supplice. Penso a tanti di voi, ristretti in spazi, certamente limitati, lontani dai vostri cari e dagli affetti più belli e naturali. Privati della vostra famiglia e della vostra libertà. La libertà, come dice Dante, è il più grande dono che Dio ci abbia fatto, creandoci».
I dimenticati dalla società. «Cari fratelli, spesso dimenticati dalla società – ha evidenziato il presule –, che risentite fra le vostre fragilità anche questa pena dell’abbandono, per voi in particolare i problemi, in questo tragico contingente, si sono certamente aggravati. Io ringrazio ancora la direzione e coloro che accudiscono il carcere, perché nella mia lunga esperienza ho sempre trovato in essi un cuore buono; ma purtroppo nessuno può fare miracoli».
Una situazione ancor più problematica. «Soprattutto in questo periodo, sono molto preoccupato anche per la grave crisi economica, che già accentuata dalla pandemia – ha detto il cardinale –, si abbatterà su tutta la nazione. I rischi per la salute, la necessaria mancanza di contatti con l’esterno, e per voi le visite e i permessi aboliti, come pure la mancanza di possibilità di qualche lavoro, fa sì che il carcere diventi ancor più problematico di quanto non lo fosse già nel passato. Forse anche come Chiesa, dovremo trovare nuove forme suggerite dall’amore e dalla fantasia, e soprattutto dal Vangelo. Ho visto, girando per l’Italia, in qualche Diocesi, delle case in cui si accolgono i carcerati quando arrivano verso il fine pena, oppure coloro che, ottenuto il permesso, non hanno la possibilità di tornare in famiglia. Credo che anche da parte della nostra Diocesi sarà opportuno pensare a tali iniziative di carità, perché particolarmente i carcerati possano sentirsi amati, rispettati e accolti».
Il pensiero corre veloce verso Capanne. «Vi sono vicino, vi penso quotidianamente – ha concluso Bassetti, rivolgendosi ai detenuti e alle detenute presenti –. Tutte le mattine, quando mi reco a pregare nella mia Cappella, il pensiero corre veloce verso Capanne. Per me voi ci siete, siete nel cuore del vostro Vescovo. Mi dia il Signore la forza, nonostante la fragilità dei miei 78 anni, di poter fare ancora qualche cosa di buono per voi, fratelli e sorelle carissimi».