«Dare una sede dignitosa alla Caritas, perché la Carità è il fondamento della vita della Parrocchia, è quello che è stato fatto a Città della Pieve nel ristrutturare i locali in disuso da tempo del complesso del Santuario diocesano della Madonna di Fatima». Lo ha sottolineato all’inizio del suo intervento il cardinale Gualtiero Bassetti, nel pomeriggio della solennità dell’Immacolata Concezione (8 dicembre), all’inaugurazione della nuova sede Caritas parrocchiale con il Centro di ascolto e il servizio di distribuzione prodotti alimentari di prima necessità, vestiti e materiale scolastico e ludico per bambini, alla presenza del sindaco Fausto Risini, del direttore della Caritas diocesana il diacono Giancarlo Pecetti, del parroco don Simone Sorbaioli e di numerosi parrocchiani. «Sono ambienti decorosi, rispettosi e pieni di calore umano – ha proseguito il cardinale –. Come ci preoccupiamo dell’oratorio e delle sale per il catechismo, così le persone in difficoltà devono trovare quel rispetto e quell’accoglienza che esse meritano e che rende anche la Caritas più accettabile perché chiedere un aiuto è un atto di umiltà».
Il sindaco Risini, nel portare il saluto dell’Amministrazione comunale, ha detto che «fa onore a questa città, che vuole essere accogliente e sente la necessità della Carità, una sede della Caritas messa accuratamente a nuovo. Questa sede è anche in un luogo appartato, dove per certi aspetti viene salvaguardata la riservatezza. La Caritas incarna valori condivisi anche dalla comunità civile».
Il parroco don Sorbaioli, che ha fortemente voluto questo luogo di Carità insieme a una decina di volontari ben motivati, ha evidenziato «l’intesa che c’è da anni tra la Chiesa locale e le Istituzioni civili pievesi, le cui strutture comunali, in primis i Servizi sociali, ci danno il loro supporto. Questo determina un’attenzione condivisa alle necessità delle persone più in difficoltà. Stiamo cercando sempre di più di creare una rete per unire le forze in ambito di interventi socio-caritativi».
Gli operatori volontari della Caritas, nel ringraziare quanti si sono adoperati per la realizzazione della nuova sede, hanno detto: «Cerchiamo di aiutare chi è in difficoltà fornendogli alimenti e vestiti, oltre a sostenere diverse famiglie nel pagamento delle utenze domestiche e nell’acquisto di medicinali. Ma la cosa più grande che facciamo è il sorriso nell’accogliere e nell’ascoltare le persone, che ricambiano il nostro aiuto portandoci dei piccoli doni».
Don Sorbaioli, nell’evidenziare l’impegno profuso dai volontari in quest’opera di Carità, che svolgono due volte alla settimana (mercoledì e sabato, dalle ore 9 alle 11), ha spiegato come hanno realizzato questa sede che si sviluppa su una superficie di circa 150 mq tra Centro di ascolto e il Servizio di distribuzione-emporio. «Innanzitutto – ha precisato – con una donazione di una famiglia pievese, che ha finanziato la maggior parte dei lavori strutturali e con l’impiego delle offerte che arrivano in Caritas, in particolare quelle raccolte durante i funerali che i familiari del defunto donano alla Parrocchia. Penso che sia significativo che quest’opera di Carità porti anche il nome e il ricordo dei fratelli defunti della nostra comunità».
Il direttore della Caritas diocesana, nel ringraziare i volontari, ha ricordato a tutti i presenti che «quando riceviamo i poveri teniamo sempre in mente quattro parole: accoglienza, ascolto, conoscenza dei problemi e discernimento di come possiamo aiutare, dando soprattutto speranza, la persona angosciata, distrutta… e qualche volta anche aggressiva perché disperata».
Significativa è stata la testimonianza del prof. Mauro Antini, primario oncologico emerito dell’Ospedale S. Eugenio di Roma, pievese di adozione. La sua è stata una «testimonianza di Carità laica, di un uomo non rigorosamente di chiesa», si è definito Antini, ma che «partecipa nel suo piccolo alla dimensione umana della vita. Che cosa è che alla fine unisce gli uomini? La Solidarietà in senso laico e la Carità in senso cristiano. Non importa capire che la Carità è la sorella della Fede e della Speranza. A me fa piacere pensare che dietro al concetto di Carità ci sia un tentativo di restituire a persone che si trovano nel bisogno il senso stesso della motivazione di vita, cioè recuperare quella caratteristica di pensare faticosamente positivamente nei riguardi del futuro, perché in questo ci si sente un po’ assistiti e contemporaneamente amati. Questo è raro che succeda all’interno di un ospedale, dove prevale il tecnicismo e poco il contatto umano che sta alla base di tutto: chiamiamolo Solidarietà, chiamiamolo Carità, perché dare dà più gioia che ricevere».