Carissimi sacerdoti, diaconi, seminaristi, consacrati, fedeli laici, autorità di ogni genere e grado, da sempre, la figura giovane di san Lorenzo è un richiamo forte, non solo per i credenti, ma anche per tutta la nostra città. Egli, secondo il calendario geronimiano, subì il martirio a Roma sulla via Tiburtina il 10 agosto del 258, quattro giorni dopo rispetto al collegio dei diaconi romani martirizzati assieme a Papa Sisto II. La liturgia definisce il diacono Lorenzo: “colui che diede la sua vita per la Chiesa, meritando la corona del martirio per raggiungere in letizia il Signore”. L’antifona dei vespri si collega a questo sacrificio della vita: “sono felice perché ho meritato di diventare vittima di Cristo”.
Tutti noi, fratelli, siamo chiamati a seguire gli insegnamenti di Lorenzo e ad imitarlo nel suo amore ai poveri. Per questi motivi la Chiesa di Roma celebra Lorenzo come il terzo Patrono dopo gli Apostoli Pietro e Paolo. E noi possiamo cantare col prefazio di oggi: “Alla scuola di Cristo, Lorenzo, discepolo vero e fedele, col suo martirio diede agli uomini la suprema prova d’amore”.
Alla luce di questi insegnamenti, dopo 10 anni di ministero episcopale fra voi carissimi fratelli e sorelle, quali sono, oggi, i miei pensieri? Come prima cosa sento di dovervi dire, ancora una volta, amate questa nostra città, siate perciò costruttivi, comunicando, nonostante tutto, gioiosa speranza, edificando insieme una comunità in cui regni la pace. Una pace costruttiva, capace di suscitare amicizia, una pace che rianimi i cuori e risvegli intelligenza e buona volontà. Bisogna ricreare un clima che porti fiducia e che ci solleciti a lavorare insieme, per costruire una città solida e compatta, senza bisogno di mura o peggio di muri.
Tutti, io per primo, abbiamo bisogno di far sosta, riflettere, rientrare in noi stessi per poi riprendere il nostro cammino. Per attuare un progetto pensato, da portare avanti assieme.
Io penso che ormai non esista alternativa: o ci si incontra e camminiamo insieme, oppure ci si scontra. O si è solidali e ci fidiamo gli uni degli altri o c’è davvero il rischio che possano dilagare ingiustizia e corruzione. E qui mi rivolgo in particolare ai credenti: o siamo uomini e donne di comunione, o contribuiamo forse noi, per primi, a frammentare il tessuto umano e sociale.
Si tratta non solo di un diritto, ma di una vocazione legata al battesimo: chi si vanta di avere fede, operi concretamente sul piano spirituale, culturale, sociale, politico, immettendo nel vivere privato e nelle istituzioni il cemento dell’amore e della totale onestà.
Sono infine convinto che oggi non basti nemmeno rinchiudersi nell’ambito del volontariato e della Caritas. I valori evangelici vanno tradotti anche nell’impegno costruttivo del governo della città. Dice il Concilio: “i principi della fede devono essere trasformati in valori per l’uomo e per la città e devono risultare visibili ed appetibili, anche per coloro che non credono”.
Sì, i cristiani, ed è la loro vocazione, sono chiamati a compiere ogni passo che possa restituire un’anima alla città e alle sue istituzioni.
Carissimo Maurizio, spinto dal desiderio di servire Gesù in ogni fratello, hai deciso di accedere all’ordine del diaconato, col consenso di tua moglie Carmelita e dei tuoi figli. Proprio nella tua missione di sposo e padre e del servizio alla tua comunità parrocchiale, hai sentito anche la chiamata a configurare la tua vita a Cristo servo, umile e obbediente.
Caro fratello, cosa significa essere diacono? Lo dico per te, lo dico per i diaconi qui presenti… lo dico per tutti noi: cosa significa essere diaconi?
Significa essere servi; ma servi di chi? Servi perché? Proprio San Lorenzo è una stupenda icona di diacono, su cui possiamo riflettere. Lorenzo aveva scelto Gesù nei poveri, per questo vinse le fiamme! La fede in Gesù e il desiderio di contemplare il suo volto erano radicati in lui.
Carissimi fratelli e sorelle, quando guardandoci intorno nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie noi troviamo persone ripiegate su se stesse o segnate da tristezza è perché quelle vite sono state prima segnate dalla pochezza della loro fede. Ma non può essere così per i discepoli del Risorto, per loro non può esserci spirituale tristezza, perché sono chiamati ad essere servi della gioia.
Scrive san Paolo: “Noi siamo i servi della vostra gioia”. Maurizio carissimo, attraverso l’ordinazione diaconale sarai innanzitutto a servizio della gioia dei fratelli. Ma lo sarai se prima di tutto dentro di te zampillerà come acqua viva la consapevolezza di appartenere a Cristo.
Sarai il servo del pane eucaristico: tu distribuirai il pane, che è il corpo di Gesù, per saziare la fame dei fratelli, per radunare in unità i dispersi; per chiamare a vicinanza i lontani, per ridare vita, perdono e speranza a chi si era smarrito. Servo del corpo di Cristo; servo della Parola, annunciandola e interpretandola, affinché essa possa accompagnare il cammino dell’esistenza dei fratelli. Imita dunque Lorenzo, non allontanandoti mai dall’esperienza personale del Signore, perciò la tua preghiera comunitaria e personale sia l’alimento della tua vita.
E sii per ogni persona, soprattutto per coloro che noi consideriamo “i lontani”, strumento di misericordia, di perdono e di pace. Possa tu, Caro fratello, essere la mano tesa di Dio verso ogni distanza e lontananza. Sappi sempre usare la verità nella carità, perché la verità senza la carità non tiene conto delle fragilità delle persone.
Caro Maurizio, nella Chiesa non servono dei manichini vestiti con abiti clericali: servono delle persone umanamente ricche, servono cuori traboccanti, persone generose. Serve, in una parola, umanità, che esprima simpatia, amore, vicinanza alla gente. Credo che la nostra amata Chiesa perusino-pievese abbia bisogno di preti, di diaconi, di laici, di giovani con questa caratura. Ieri 270 giovani della nostra Arcidiocesi sono giunti, sotto la pioggia, a Santiago di Compostela. Ho inviato loro un messaggio e li ho incoraggiati a illuminare la nostra Chiesa col sole che sprizza dalle loro giovani esistenze. Chiedo per tutti noi una sola grazia: che possiamo avere, come san Lorenzo, il coraggio di giocarci la vita e sul Vangelo di giocarci la pelle. Amen!