“Benvenuto, Paolo!”. Quella scritta a caratteri cubitali su un palazzo della piazza della cattedrale di San Martino di Lucca, un segno visivo e non poco originale per salutare ma anche per esprimere tutto il calore e l’accoglienza familiare di una comunità diocesana al suo nuovo pastore, l’arcivescovo mons. Paolo Giulietti, è motivo di orgoglio per tutta l’Umbria. Un figlio della Chiesa di Perugia-Città della Pieve chiamato da papa Francesco alla guida dell’Arcidiocesi di Lucca, che ha fatto il suo ingresso ufficiale domenica 12 maggio, accompagnato nel suo pellegrinaggio a piedi prima di giungere in San Martino da centinaia di fedeli. Tra questi una folta delegazione della Confraternita di San Jacopo di Compostela di Perugia, a testimonianza del legame umano e spirituale che mons. Giulietti ha saputo tessere con loro per anni percorrendo il “Cammino di Santiago” e non solo, la stessa “Via Francigena” insieme a tanti giovani ai quali ha detto: «dobbiamo continuare a camminare insieme come Chiesa». Ad accompagnare mons. Giulietti a Lucca c’erano anche più di duecento perugini provenienti in gran parte dalle comunità parrocchiali dell’Unità pastorale di Ponte San Giovanni, dove il presule era stato prima parroco e poi amministratore pastorale, felici di condividere la gioia di “don Paolo”, ma anche tristi perché consapevoli di non poterlo avere più tra loro.
Alla solenne concelebrazione eucaristica di inizio ministero episcopale di mons. Giulietti in terra toscana hanno preso parte anche il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu, mons. Marco Salvi, il vescovo ausiliare di Perugia, successore di mons. Giulietti, e mons. Mario Ceccobelli, vescovo emerito di Gubbio e predecessore di mons. Giulietti nell’incarico di vicario generale.
Molti abbracci e strette di mano mons. Giulietti li ha riservati ai suoi amici, sacerdoti e laici, venuti dall’Umbria, ma l’abbraccio più commovente in cattedrale è stato quello con il papà, che vivrà a Lucca con lui.
A salutare con un «abbraccio fraterno» i perugini presenti, tra cui anche il primo cittadino del capoluogo umbro, è stato all’inizio della celebrazione l’amministratore apostolico dell’Arcidiocesi di Lucca mons. Italo Castellani, predecessore di mons. Giulietti.
Il neo arcivescovo di Lucca ha incentrato la sua prima omelia pronunciata nella cattedrale di San Martino commentando il Vangelo della domenica, esortando sacerdoti e fedeli ad ascoltare e a seguire Cristo nella missione, soffermandosi sulla collegialità e sull’unione nella Chiesa. «Di questa collegialità è segno sacramentale il Presbitero – ha evidenziato –, che deve dare l’immagine di una Chiesa che cammina insieme e si vuol bene, che ricerca costantemente la collaborazione. Tutti quanti siamo chiamati a collaborare insieme in un’epoca di individualismi, di particolarismi ed anche di campanilismi. Siamo invitati a riconoscere che siamo tanti campanili, tante realtà diverse, ma una sola Chiesa. Essere insieme discepoli di Gesù è essenziale, perché se l’ascolto della Parola non ci convoca all’unità, se non ci fa camminare insieme, siamo degli ascoltatori non disponibili fino in fondo al discepolato».
Mons. Giulietti ha concluso ricordando le tre “c” indicate dal Vangelo di domenica: «conversione, corresponsabilità e collegialità. Con loro – ha sottolineato – camminiamo insieme nei prossimi anni». Poi ha svelato con il suo volto sorridente, ricevendo diversi prolungati applausi, una quarta “c” non menzionata dalla Parola di Dio ascoltata, quella del “concime”. Si è ironicamente identificato in questa parola, perché nell’intercalare lucchese il concime è chiamato “perugino”, per spiegare il suo rapporto con la Chiesa di Lucca. «E’ evidente – ha detto – che la pianta (la Chiesa, n.d.r.) vale più del concime. E questo perugino che vi è arrivato è proprio per voi lucchesi e si deve disperdere nel terreno perché solo così la pianta se ne potrà giovare». Ma nel contempo, ha aggiunto, «la pianta ha bisogno del perugino, attenzione! Per fare frutto serve lo zappare del divino agricoltore, ma anche un po’ del perugino, quindi approfittatene». Nel fare la sua ultima osservazione, mons. Giulietti ha detto: «La felicità del perugino sta nei frutti della pianta. Insieme, accogliendo la Parola, ciascuno, dando una mano alla nostra Chiesa per essere evangelica, anche con questo piccolo apporto che oggi vi arriva, speriamo che la pianta antica, gloriosa, bella, benedetta dal Signore unita al Padre, perché nessuno la strappi mai dalle sue mani, della Chiesa di Lucca, possa portare frutti copiosi di bene per la salvezza del mondo».
Com. stampa a cura di Riccardo Liguori con la collaborazione di Francesco Carlini, Stella Cerasa e Lorenzo Maffei