La croce è senza dubbio il culmine dell’amore di Dio». Lo scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo articolo dal titolo “La croce sintesi di tutto”, per Il Settimanale de «L’Osservatore Romano» in edicola Venerdì Santo 30 marzo. «Ma c’è un verbo – prosegue il presule – che sintetizza meglio di altri questo amore infinito: consegnare. Il Padre consegna il figlio per amore. Il Figlio dà tutto sé stesso: si consegna agli apostoli; al sinedrio; fino a consegnarsi a chi lo inchioda sulla croce».
La Trinità del Masaccio.
«E tutto questo in un dolore atroce – evidenzia il cardinale –, razionalmente incomprensibile per gli uomini. Ma sulla croce non c’è solo il Figlio con tutto il suo amore umano e divino: c’è anche il Padre e lo Spirito santo. È l’immagine della Trinità raffigurata del Masaccio nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze: dove c’è il crocifisso, c’è anche il Padre che regge la croce con le stesse espressioni del Figlio. Il ricordo dell’affresco del Masaccio mi ha accompagnato negli ultimi giorni dove ho toccato con mano la sofferenza degli uomini in due occasioni».
Le croci della Siria e dell’Iraq.
«Presentando a Roma alcune opere di carità per la Siria – racconta Bassetti –, sono rimaste dentro di me, come degli aculei, le parole del cardinale Zenari, nunzio apostolico, rappresentante pontificio in quel paese martoriato dalla guerra: “La Siria è un inferno sulla terra”, un luogo dove si sta compiendo una drammatica “strage degli innocenti”. La morte prodotta dalle armi si combina tragicamente con la morte morale della disperazione quotidiana: ad Aleppo vivono migliaia di bambini “randagi”, senza genitori, abbandonati da tutti e che muoiono per il freddo, la fame e l’assenza di cure. Qualche giorno dopo sono stato in Libano dove ho incontrato alcune famiglie irachene e siriane. Anche in quell’occasione si è stagliata davanti ai miei occhi la sofferenza innocente di un’infanzia violata e negata dall’avidità dei potenti».
La tragedia degli uomini che si dividono in nome del potere.
«Quando si guarda un bimbo di tre anni che ha delle occhiaie nere incavate come un vecchio moribondo e che non è più capace di un sorriso – commenta il cardinale –, si ha la sensazione di guardare l’abisso funereo della tragedia umana: la tragedia degli uomini che si dividono in nome del potere, che combattono delle guerre fratricide e che distruggono ogni forma di umanità».
La croce, l’albero della nostra salvezza, la Pasqua del Signore crocifisso.
«Questa tragedia è la sofferenza degli uomini sulla croce – conclude il porporato –. Ma proprio quella croce, quel segno di infamia e di dolore, è ormai diventata la croce gloriosa con il sacrificio di Gesù. Nonostante tutte le sofferenze, la croce è il segno dell’amore infinito di Dio per gli uomini, è l’albero della nostra salvezza, come scrivevano i padri della Chiesa, è la Pasqua del Signore crocifisso e morto per noi, del Signore risorto. È un tempo di festa e di speranza perché, come scriveva don Primo Mazzolari, “finalmente usciamo incontro alla primavera” e “incontro alla vita che è Cristo”».