Don Oreste Benzi, è stato «il prete degli ultimi, il sacerdote “dalla tonaca lisa”, un Filippo Neri dei nostri tempi». Utilizza queste parole il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti per ricordare, a dieci dalla morte, il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, nel suo ultimo articolo, nella rubrica Dialoghi, sul Il Settimanale de «L’Osservatore Romano», in edicola il 10 novembre e consultabile online all’indirizzo: http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/ITA_2017_045_0911.pdf.
Il pastorale in legno fatto con le carcasse dei barconi dei migranti.
Il titolo dell’articolo, il «legno di Gesù», è un diretto riferimento al regalo «inaspettato» che i ragazzi della cooperativa sociale “Ro’ la formichina” della Comunità Papa Giovanni XXIII hanno fatto al prelato perugino: «un pastorale fatto con il legno recuperato dalle carcasse dei barconi dei migranti» che porta questa scritta: «È un legno che ha portato tanta sofferenza, tanta speranza, proprio come il legno della croce di Gesù”». Don Benzi, scrive Bassetti, «ha conosciuto questa sofferenza e questa speranza, abbracciando gli ultimi e poveri, per amore a Cristo». In quel pastorale vi sono dunque «due grandi messaggi: il primo riguarda l’eredità spirituale di don Benzi; il secondo si riferisce al ruolo della Chiesa nell’Italia odierna».
L’eredità: la cura dei giovani e la liberazione delle schiave della prostituzione.
Il cardinale si sofferma prima di tutto sui giovani: «Sin dai primi anni di sacerdozio ai giovani ha offerto un «incontro simpatico con Cristo». «Per questo nel 1961 dà vita alla casa Madonna delle Vette ad Alba di Canazei dove organizza soggiorni estivi per moltissimi giovani. In una di queste vacanze, in cui era riuscito a portare dei ragazzi con disabilità, si scontra con il falso moralismo di una società perbenista: quei giovani vengono rifiutati perché davano una brutta immagine della località turistica».
Poi mette in evidenza la grande opera di don Benzi con le «donne vittime della tratta, le nuove “schiave”». Scrive Bassetti: «Diciamolo con franchezza: quest’opera è uno schiaffo in pieno volto a una società ipocrita, che non solo chiude gli occhi davanti a un tale scempio, ma ne fa un mercimonio nel buio, nel segreto inconfessabile di una passione avida e ricattatoria. Perché, come diceva don Oreste, “nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare”. Incontrandole con il suo rosario in mano, ha salvato dal racket della prostituzione circa settemila donne».
Il ruolo creativo e costruttivo della Chiesa italiana nella società odierna.
«L’ardore inquieto e appassionato» di don Benzi, evidenzia il cardinale Bassetti concludendo l’articolo, ha anticipato, in primo luogo, «il sogno di Francesco: quello di vedere una Chiesa “inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti” senza essere “ossessionata” dall’ingordigia del carrierismo e del potere e dalla mondanità spirituale. In secondo luogo, però, questa Chiesa «inquieta», che crede nel rispetto delle prerogative delle istituzioni civili, senza chiedere privilegi o benefici, non aspira a rinchiudersi in un’oasi protetta, in un privato socialmente irrilevante. Ma, all’opposto, ambisce, senza paura, a un ruolo creativo e costruttivo nella società, partendo dalla cura dei «bisogni umani», come disse Paolo VI nel discorso di chiusura del Vaticano II. Questa è la Chiesa pastorale che ci lascia in eredità don Benzi e che si fonda su quel pastorale di legno simbolo di sofferenza e speranza. Il legno di Gesù».
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