«Compito della Caritas è promuovere la carità perché tutta la comunità sappia compiere gesti di prossimità e condivisione ma è anche denunciare le ingiustizie, le inefficienze, perché sempre di più può fare la comunità ecclesiale e quella civile per dare sollievo e speranza a chi soffre». Così il direttore della Caritas diocesana di Perugia-città della Pieve, diacono Giancarlo Pecetti, conclude la nota di presentazione del Secondo Rapporto sulle Povertà dal titolo: “Oltre i numeri, 1000 volti incontrati. La presenza della Chiesa accanto ai poveri”. A cura dell’Osservatorio della Caritas diocesana diretto dall’economista Pierluigi Grasselli, il Rapporto è stato presentato il 20 giugno 2017, presso il “Villaggio della Carità” di Perugia. Il merito di aver reso ancor più “scientifico” e “analitico” questo Rapporto, contribuendo non poco a dare una valida chiave di lettura del fenomeno e come contrastarlo nelle opportuni sedi istituzionali con il sostegno anche della Chiesa, va al gruppo di lavoro dell’Osservatorio composto da Silvia Bagnarelli, Nicola Falocci e Daniela Monni magistralmente guidato dal prof. Grasselli. Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, neo presidente della Cei, nell’incoraggiare l’opera di ricerca di quest’Osservatorio, come evidenzia nella presentazione il direttore della Caritas diocesana, è sempre più convinto che «non possiamo limitarci alla assistenza, alla cura, alla vicinanza degli ultimi, c’è urgenza di una attenzione autentica anche da parte della politica, ai problemi della povertà».
Da questo studio emerge che «davanti ad una crescente pressione della domanda, dopo aver ascoltato chi bussa – scrive il diacono Pecetti –, la Caritas cerca di mettere in campo una molteplicità di interventi che non sono soltanto erogazione di sussidi economici, ma anche consulenze professionali, mediche ed erogazione di beni e servizi, attraverso gli Empori sostenuti dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Anche il rapporto 2016 si concentra sull’analisi dei dati relativi al Centro di Ascolto (CdA) diocesano ma è proseguita nel corso del 2016 la formazione dei CdA periferici e l’attivazione di rilevazioni anche in alcune zone di periferia, con il coinvolgimento sempre maggiore delle parrocchie non solo per andare incontro ai poveri, ma anche nell’utilizzo dello strumento OSPOweb».
Il Rapporto, spiega il direttore della Caritas è «uno strumento che ha il compito non solo di tenere traccia degli interventi ma anche di rendere sempre meno INVISIBILI coloro che bussano, e che per la Caritas non sono solo numeri ma volti, storie di vita da accompagnare». I “volti incontrati” al CdA diocesano nel 2016, come evidenzia lo stesso titolo del Rapporto, sono stati, per l’esattezza, 1.071 rispetto agli 835 dell’anno precedente e ai 777 del 2014, quindi, in costante crescita sia quelli italiani (dai 266 del 2014 ai 279 del 2016) che quelli stranieri (dai 424 del 2014 ai 747 del 2016), mentre le persone con doppia cittadinanza o non specificata sono diminuite (dalle 87 del 2014 alle 45 del 2016). I primi dieci Paesi di provenienza dei cittadini esteri sono: Marocco, Ecuador, Nigeria, Albania, Camerun, Perù, Romania, Filippine, Ucraina e Costa d’Avorio. Gli utenti maschi nel 2016 sono stati 472 (145 gli italiani) e le femmine 599 (134 le italiane). Le classi di età con maggiori utenti italiani e stranieri, sia maschi che femmine, sono quelle dai 25 ai 64 anni e per i primi anche dai 65 ai 74 anni, mentre per i secondi dai 19 ai 24 anni. Questo testimonia che le persone più adulte, che si sono rivolte nel 2016 al CdA diocesano, sono quelle italiane, mentre le più giovani sono quelle straniere. Dato che è confermato anche dalla “condizione professionale” degli utenti: quella di “pensionato” è la seconda condizione per gli italiani dopo quella di “disoccupato in cerca di prima/nuova occupazione” (la prima in assoluto anche per gli stranieri). Per quanto riguarda il livello di istruzione degli utenti, prevalgono in modo netto quelli inferiori (licenza elementare e media). Tra i principali bisogni espressi dalle persone che si sono recate al CdA diocesano, oltre a quelli relativi al lavoro (47,0% italiani e 59,0% stranieri), ci sono i problemi economici (57,3% italiani e 54,4% stranieri), le problematiche abitative (23,7% italiani e 15,7% stranieri), i problemi familiari (9,3% italiani e 7,9% stranieri), le dipendenze (4,7% italiani e 0,1% stranieri), i problemi di salute (3,6% italiani e 0,1% stranieri) e di migrazione/immigrazione (0,4% italiani e 10,8 stranieri). Rispetto al 2015 diminuiscono in valori percentuali i problemi occupazionali/lavoro (dal 69,1% al 55,1%), economici (dal 58,7% al 54,2%), di salute (dal 4,1% all’1,1%), familiari (dall’8,4% all’8,3%) e le dipendenze (dall’1,7 all’1,3%), mentre aumentano le problematiche abitative (dal 8,5% all’17,8%) e i bisogni in migrazione/immigrazione (dall’1,6% al 7,7%).
Le voci più significative degli interventi del CdA diocesano per cittadinanza sono quelle dell’ascolto (47,0% italiani e 44,3% stranieri), dei sussidi economici per utenze domestiche, affitto e tasse (30,3% italiani e 24,8% stranieri), dei beni e servizi materiali attraverso gli Empori della Solidarietà e in piccola misura i servizi di mensa (12,9% italiani e 17,6% stranieri), della consulenza professionale (4,3% italiani e 6,8% stranieri) e della sanità (2,8% italiani e 3,6% stranieri).
La condizione occupazionale, anche se ha registrato nel 2016 rispetto al 2015 una sensibile diminuzione di “bisogno” da parte degli utenti del CdA diocesano (-14,0%), è chiaramente determinante per la formazione della povertà in termini reddituali, ampiamente diffusa presso le persone considerate in questo Rapporto, e da esse segnalata. Come il gruppo di lavoro dell’Osservatorio diocesano ha rilevato, sul fronte occupazionale risultano maggiormente colpiti gli stranieri, oggetto delle svariate forme di sottoinquadramento, sottoccupazione e precarietà, denunciate tra le molteplici tipologie di bisogni. In corrispondenza, si avverte il rilievo di un assetto efficiente dei servizi per l’impiego, in netto contrasto con lo stato di allarmante precarietà in cui attualmente essi versano.
I dati analizzati da questo Secondo Rapporto mostrano l’importante ruolo svolto dalla Caritas nel cercare di fronteggiare le manifestazioni della povertà reddituale e della collegata povertà alimentare, da cui risulta colpito un numero crescente di fasce di popolazione. In ogni caso, s’impone una presa in carico di tipo ‘globale’, che tenga conto del percorso di vita individuale, così come del contesto in cui si è determinata la condizione di disagio, su cui basare la costruzione di strategie soggettive per un percorso autonomo di uscita dalla condizione di povertà.
Alla luce di queste considerazioni, sembra di poter ritenere appropriata la recente svolta realizzatasi nell’impegno del Governo italiano per il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. Già da settembre 2016 si è avviata l’estensione all’intero territorio nazionale del SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva), per il quale in Umbria il Governo regionale ha stanziato risorse proprie addizionali.
«Nel Rapporto – spiega il prof. Grasselli – è contenuto a più riprese un richiamo per una gestione collaborativa e partecipata da parte di Regione ed Enti locali (all’opera in Umbria, e in particolare a Perugia, dato il territorio a cui si riferisce il Rapporto) dell’attuazione del nuovo welfare contro povertà ed esclusione sociale, con le organizzazioni private, in particolare non profit, come la Caritas, che a vario titolo perseguono questo impegno. Tale collaborazione, come il Rapporto evidenzia, è prevista: dalle linee guida ministeriali elaborate per il SIA, dal Disegno di Legge delega15-3-2017, n.33, dal Memorandum d’intesa tra il Governo e l’Alleanza contro la Povertà, in merito all’attuazione di tale Legge, firmato il 14 aprile 2017. Nell’elaborare questo Secondo Rapporto non potevamo non tenere conto di questi provvedimenti, sia per la natura degli stessi, che dovrebbero avere respiro comunitario, sia per l’assenza di partecipazione registratasi nelle recenti esperienze umbre di pianificazione sociale».
Il Rapporto sulle Povertà 2016 si conclude con due storie-testimonianze di vita di cittadine estere, Bianca e Marisol, e con l’evidenziare alcune indicazioni avanzate sulla advocacy di Caritas, secondo Caritas Europa. L’advocacy della Caritas ha una duplice dimensione: “critica”, di denuncia dell’ingiustizia, con pressione sui governi per scelte politiche orientate al bene comune, e “positiva”, con offerta di proposte di azione per cambiare le condizioni in cui operano le nostre società. E innanzitutto per aprire alla speranza, nella prospettiva della costruzione di un “focolare comune per l’insieme della famiglia umana”.
Per i cristiani, “l’amore del prossimo proclamato dal nostro Signore Gesù Cristo e l’aiuto rivolto a coloro che sono nel bisogno (Luca,10; Matteo,25) è connesso all’appello alla giustizia delle Beatitudini (Matteo,5)”. Anche a causa della latitanza della classe politica nell’affrontare le sfide sociali, “la dimensione politica della carità è cresciuta in importanza in questi ultimi anni nelle Caritas”. Sotto questo profilo, si parla di esercizio della advocacy da parte di Caritas, interpretata come “l’incontro e la condivisione, vissuti nella quotidianità e nella prossimità, con le persone in condizioni di povertà”, nella luce della fede cristiana.