Ricevuto il “mandato” dal vescovo Salvi, partiti la notte scorsa per Santiago de Compostela 103 giovani pellegrini entusiasti di fare in fraternità una nuova esperienza di fede. Il presule: «Insieme siete capaci di qualcosa…, da soli non fareste neanche un chilometro»

Un’atmosfera gioiosa, dentro e fuori la chiesa di Santa Maria della Speranza di Olmo (Pg), domenica sera 24 luglio, vigilia della festa liturgica di san Giacomo il Maggiore, ha salutato 103 giovani partecipanti al pellegrinaggio a Santiago de Compostela organizzato dalla Pastorale Giovanile in collaborazione con quella Universitaria e il Comitato zonale Anspi. Insieme al clima di festa si è percepito in ciascun pellegrino la consapevolezza che a breve avrebbe iniziato un lungo viaggio (il rientro è previsto il 4 agosto) senza cellulare, con in tasca non più di dieci euro al giorno e nello zaino, oltre allo stretto necessario, la corona del rosario, il libro delle preghiere e tanta buona volontà di condividere con altri una nuova esperienza di fede all’insegna della carità. Ovviamente non mancheranno i momenti di svago e le escursioni durante i 120 chilometri a piedi dal Portogallo a Compostela.
Ben 2.683 sono i chilometri che separano la chiesa parrocchiale della frazione perugina di Olmo dal santuario di Santiago, così è scritto sul “cippo” in muratura realizzato da due parrocchiani in prossimità del complesso di Santa Maria della Speranza a memoria di questo inizio di cammino dove i 103 giovani pellegrini hanno posato per la “foto-ricordo” prima della partenza in autobus avvenuta alle 23 di domenica. A precederli davanti al “cippo” sono stati il vescovo ed amministratore diocesano mons. Marco Salvi, il direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile don Luca Delunghi, il parroco di Olmo mons. Fabio Quaresima, che non ha nascosto il suo sentimento di gioia e gratitudine per la scelta della sua parrocchia come luogo di inizio del cammino verso Santiago, e i sacerdoti accompagnatori don Riccardo Pascolini, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria, don Marco Briziarelli, direttore della Caritas diocesana, e tre dei sacerdoti ordinati lo scorso anno, don Vittorio Bigini don Daniele Malatacca e don Michael Tiritiello.
Il pellegrinaggio ha avuto inizio con la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Salvi al cui termine il presule ha benedetto i giovani e conferito loro il “mandato di pellegrino”, esortando ciascuno a vivere intensamente l’esperienza comunitaria della propria “fraternità” non solo nei momenti di preghiera e spiritualità. Ben dieci sono le fraternità che caratterizzano il pellegrinaggio, ciascuna formata da una decina di pellegrini con due referenti denominati “Pietro”, per i ragazzi, e “Maria”, per le ragazze. A tutti loro mons. Salvi si è rivolto nel commentare il Vangelo della domenica collegandolo all’esperienza del pellegrinaggio. Il presule si è soffermato sull’importanza della preghiera, richiamandosi al discepolo che disse a Gesù: “Signore insegnaci a pregare”.
La preghiera non è una contrattazione sindacale. «Come è vera – ha commentato mons. Salvi – anche per noi questa richiesta», perché «abbiamo ridotto la preghiera ad una contrattazione sindacale, ad un “do ut des”, io ti do del mio tempo perché tu possa ricompensarmi. Le tre letture di questa domenica ci ricordano il senso, il significato della preghiera che è un colloquio, un rapporto, una relazione, non una richiesta. È una domanda fatta fra un’amante ed un amato. L’amante è Dio che ti vuole bene, che ha premura per la tua vita, vuole che tu viva nella pienezza e tu sei l’oggetto di questo amore affidandoti alla presenza buona del Padre. Da solo sei sempre con il sedere per terra, non riesci a darti quel significato che il tuo cuore vuole, perché il nostro cuore grida di senso, di significato di bellezza e ti accorgi che da te non lo puoi conquistare. La preghiera è rivolgersi a quell’amante, che è Dio, per la tua vita, che ti doni questa pienezza».
Gustare il pellegrinaggio. «Cari ragazzi e ragazze, che fortuna che avete a camminare insieme, perché da soli non fareste neanche un chilometro. Quell’insieme che siete vi permette di essere capaci di qualcosa che non sarebbe stato nella vostra volontà. La preghiera non è una formula che si ripete meccanicamente, ma è un offrire se stessi a Colui che ti ama. E allora anche il camminare diventa preghiera come il mangiare, il parlare. Tutto, anche il gesto più piccolo e banale, diventa sapore dell’Eterno, santificato. Per questo sappiate gustare il pellegrinaggio, perché quando arriverete alla meta per abbracciare l’apostolo Giacomo e gli direte “amico raccomandaci a Dio”, è come se si terminasse un percorso capendo quello che è il senso e il significato della vita. La vita stessa acquista un sapore diverso, quello che ho sperimentato anch’io tanti anni fa, sul finire degli anni ’70, giungendo giovane pellegrino a Santiago de Compostela».