Perugia: Solennità di san Lorenzo diacono e martire, titolare della cattedrale perugina. L’omelia del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti: «“Il Signore ama chi dona con gioia”… L’insegnamento di san Lorenzo è ancora oggi straordinariamente attuale»

Carissimi Fratelli e Sorelle,

con grande gioia e con rinnovata gratitudine al Signore celebriamo oggi la festa del titolare della chiesa cattedrale, il diacono e martire Lorenzo. Una festa antichissima di un santo che la Chiesa venera, con grande devozione, sin dai primi secoli e il cui insegnamento è ancora oggi straordinariamente attuale. Lorenzo è stato, prima di tutto, diacono e martire. Egli ha saputo incarnare magistralmente la virtù della carità ed è stato un esemplare testimone della fede in Gesù Cristo. La carità e la testimonianza – che Lorenzo ha vissuto con semplicità e soprattutto con gioia – rappresentano le due grandi bussole che orientano, da sempre, la vita dei cristiani e della Chiesa perusino-pievese.

In questo giorno di festa, voglio salutare e ringraziare i Canonici della cattedrale, tutti coloro che in essa operano per il decoro del culto, i sacerdoti qui convenuti dalla città e da diverse parti del mondo, i diaconi, i consacrati e quanti sono in formazione per l’ordine sacro. Rivolgo inoltre un saluto affettuoso anche alle autorità civili presenti. E infine porgo un abbraccio paterno a tutti i fratelli e le sorelle nella fede che sono qui in Cattedrale a rendere omaggio a san Lorenzo. La cattedrale, infatti, è il cuore della vita liturgica diocesana ed è anche il cuore di quella carità operosa che nasce dalla preghiera e dalla meditazione della Parola di Dio.

Le letture di oggi ci parlano del sacrificio della propria vita, sino al dono totale della propria vita come fu per san Lorenzo, il quale, dopo aver donato tutto ai poveri, donò se stesso come olocausto a Dio gradito. Nelle immagini del seme e del seminatore scorgiamo due atteggiamenti evangelici: la semina abbondante, generosa e gioiosa che ogni discepolo del Signore è chiamato ad attuare nella propria vita, senza calcoli e senza misura, e la morte fruttuosa del discepolo che si fa seme egli stesso per la vita del mondo. La sequela di Gesù esige la totale donazione di sé, come il seme che si lascia consumare fino ad aprirsi per generare nuova vita.

Nel simbolo del seme fruttuoso vediamo l’immagine stessa del Signore, che, rinchiuso nel profondo delle viscere della terra, è risorto glorioso a vita nuova; una vita imperitura, promessa a tutti i discepoli fedeli, che già pregustano la realtà nuova nel pane eucaristico, frutto della morte e risurrezione del Signore, come ci ha ricordato l’evangelista Giovanni: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

 

Le opere di bene che, silenziosamente e quotidianamente, si sviluppano tra la nostra gente… in tutte quelle periferie ove l’esistenza umana è più fragile e sofferta.

A conclusione della visita pastorale, che mi ha dato l’occasione di conoscere a fondo la vita delle parrocchie e le molteplici istituzioni religiose presenti sul nostro territorio, voglio ringraziare il Signore per tutte quelle opere di bene che, silenziosamente e quotidianamente, si sviluppano tra la nostra gente. I sacerdoti con i diaconi, i religiosi e i laici impegnati compiono veri miracoli di amore nel venire incontro alle tante necessità del popolo di Dio, specialmente verso quanti sono in difficoltà: penso alle famiglie sofferenti a motivo di divisioni o a problemi economici; penso ai giovani delusi da una società arida, dove germogliano poche speranze; penso agli anziani e ai malati che ho visitato in gran numero, generalmente ben accuditi in famiglia o nelle case di riposo, ma spesso rinchiusi nella propria solitudine, senza quella consolazione che meriterebbero dopo una vita di fatiche e di sacrifici. Insieme alle parrocchie c’è poi un mondo di volontariato che opera, con discrezione, ma efficacemente, in tutte quelle periferie ove l’esistenza umana è più fragile e sofferta.

 

La preoccupazione per la situazione di precarietà lavorativa di molti operai di alcune grandi aziende perugine e umbre.

Accanto a questi momenti di gioia, non posso però nascondere la mia profonda preoccupazione per la situazione di precarietà lavorativa nella quale si sono venuti a trovare, in queste settimane, molti operai di alcune grandi aziende perugine e umbre. Una preoccupazione che si trasforma immediatamente in angoscia quando penso che accanto ad ogni lavoratore precario si cela l’esistenza di una famiglia. Questo è uno snodo centrale. Il rapporto tra famiglia e lavoro è la questione in gran parte insoluta della nostra società. Occorre fare di tutto perché non manchi mai il lavoro e il pane sulle mense di tante famiglie. Perché una persona senza lavoro perde la dignità; mentre una famiglia senza un lavoro perde, a poco a poco, la speranza. Come pastore, e nel nome di San Lorenzo, rivendico con forza la necessità del “pane e della grazia”: di questo ha bisogno l’uomo, come diceva Giorgio La Pira.

 

Affrontare la sfida dell’immigrazione con profonda consapevolezza, grande coraggio e immensa carità.

Altro motivo di angoscia per me pastore della Chiesa, ma anche cittadino consapevole della necessità della ricerca del bene comune per il suo Paese, è la situazione che riguarda i migranti e i rifugiati. Alcuni dei quali sono ospitati nelle strutture ricettive della nostra diocesi. Alcuni mesi fa, presentando qui a Perugia una mostra dal titolo “I Migranti. La sfida dell’incontro” ho detto che questa sfida “va affrontata con una profonda consapevolezza, grande coraggio e immensa carità”. Consapevolezza, coraggio e carità che però “non bisogna mai disgiungere dalla dimensione della responsabilità. Responsabilità verso chi soffre e chi fugge; responsabilità verso chi accoglie e porge la mano”.

 

Non correre il rischio di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana.

Questo è un altro snodo decisivo. Ribadisco ancora oggi, di fronte alla “piaga aberrante” della tratta di esseri umani, come l’ha definita Papa Francesco, il più netto rifiuto ad ogni “forma di schiavitù moderna”. Ma rivendico, con altrettanto vigore, la necessità di un’etica della responsabilità e del rispetto della legge. Proprio per difendere l’interesse del più debole, non possiamo correre il rischio – neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità – di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana. Dobbiamo promuovere, come ci insegna il Papa quotidianamente, la cultura dell’accoglienza e dell’incontro che si contrappone a quella dell’indifferenza e dello scarto. Ma dobbiamo farlo con grande senso di responsabilità verso tutti.

 

L’auspicio per un rinnovato slancio missionario di tutta la comunità diocesana partendo dalla carità dell’annuncio della Parola e dell’educazione alla fede, soprattutto delle nuove generazioni.

Carissimi fratelli e sorelle, la grande calura di questi giorni deve invitarci a riflettere anche sull’ardore del nostro impegno di cristiani. Se benedico Dio per le tante attività pastorali e caritative che ho potuto toccare con mano in questi cinque anni di visita pastorale, dall’altra parte non posso non augurarmi un rinnovato slancio missionario di tutta la comunità diocesana. Il primo gesto di carità è quello dell’annuncio della Parola di Dio; è quello dell’educazione alla fede, soprattutto delle nuove generazioni, che stanno drammaticamente perdendo le loro radici culturali e religiose, ossessionate dalle mode passeggere. Nella preparazione al prossimo Sinodo dei Vescovi, sul tema “i giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, vorrei che il tema della trasmissione della fede fosse al centro delle nostre riflessioni comunitarie per tentare nuove vie di evangelizzazione compatibili con i caratteri della sensibilità del mondo di oggi.

Auguro a me e a tutti voi che arda nel nostro cuore, come fu per il diacono e martire san Lorenzo, quell’amore per il Signore e per la sua Chiesa che, anche se priva di ricchezze esteriori, porta sempre con sé il tesoro della vita di grazia, l’unico consistente capitale capace di renderci ricchi per l’eternità. Sia lodato Gesù Cristo!

+ Gualtiero Card. Bassetti

Arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve