Perugia: Celebrata la solennità di sant’Ercolano, vescovo e martire, defensor civitatis. Il cardinale Gualtiero Bassetti: «Ercolano testimoniò il Vangelo di Cristo con la vita ed il suo esempio rimane ancora oggi più che mai significativo». L’appello del presule ad un maggiore impegno nella vita sociale e politica, «soprattutto per perseguire il bene comune»

«Sono trascorsi 1470 anni dal martirio del santo Patrono e defensor civitatis. Ercolano. Era il 7 novembre 547 (come narrano le cronache), quando i Goti di Totila assediarono Perugia ed il vescovo Ercolano la difese fino al sacrificio estremo della vita, prendendosi cura della povera gente indifesa ed oppressa. Testimoniò il Vangelo di Cristo con la vita ed il suo esempio rimane ancora oggi più che mai significativo». Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha esordito nell’omelia della solennità di sant’Ercolano, vescovo e martire, defensor civitatis, patrono della città e dell’Università di Perugia, domenica 5 novembre, nella suggestiva chiesa duecentesca a forma ottagonale intitolata al Santo, scrigno prezioso di storia e d’arte di proprietà del Sodalizio di San Martino, benemerita istituzione socio-caritativa laica risalente al ‘500. In Sant’Ercolano si trova il “sacrario militare della città”, il monumento ai caduti in guerra, e alla solenne celebrazione in onore del Patrono, oltre al sindaco Andrea Romizi, ad alcuni membri dell’Amministrazione comunale e del Sodalizio di San Martino, era presente una rappresentanza dell’“Associazione degli orfani dei caduti in guerra”, che celebra quest’anno il suo centesimo anniversario, guidata dalla presidente Rosanna Tonnetti.

Il cardinale Bassetti, che ha concelebrato l’Eucaristia insieme al rettore della chiesa di Sant’Ercolano, don Francesco Benussi, si è domandato «qual è oggi il messaggio di sant’Ercolano? Il messaggio dei Santi e soprattutto di un Pastore – ha evidenziato il presule – è il messaggio del Vangelo». Il porporato si è soffermato su due aspetti di questo messaggio rivolto ai cristiani: «custodite la fede e conservate la pace».

 

Custodite la fede.

L’arcivescovo ha ricordato ai fedeli che «la fede non è un fatto scontato, ma il primo tesoro da mettere al sicuro, la perla preziosa da chiudere nello scrigno. “Custodire la fede” significa riconoscere la bellezza di uno sguardo nuovo sugli orizzonti del mondo… Custodire significa crescere, perché la vera fede è la vita della nostra vita ed essa cresce, con le diverse primavere della nostra esistenza, per illuminarla e per gratificarla. Essa non deve arrestarsi sul torrente della preadolescenza, dando addio alla comunità nel giorno della cresima; neppure deve arrestarsi nel turbine della prova quando la croce si abbatte sulla nostra esistenza. Custodire, per i genitori, per i catechisti significa educare alla fede come visione originale dell’esistenza e trasmettere il testimone alle nuove generazioni con la forza convincente della Parola e della vita. Custodire significa far fruttificare la fede: questa infatti non è una teoria filosofica né una astratta visione della vita, bensì un modo nuovo di essere ed operare. Ricordo le parole del papa Giovanni Paolo II, oggi santo come Ercolano. “Una fede che non diventa cultura, che non si incarna nella vita, è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”».

 

Conservate la pace.

Nel soffermarsi  sul secondo aspetto del messaggio di Ercolano, “Conservate la pace!”, il cardinale ha detto che «la pace» è «soprattutto là dove ci sono ferite aperte o discordie talvolta nascoste. Conservare la pace e la concordia nella piccola comunità familiare, quando si profilano le ombre dell’incomprensione e dei limiti. Il coraggio della pace si impone anche quando il matrimonio è andato in frantumi e richiede il permanere del rispetto verso l’altro per non defraudare i figli di essere amati dal cuore dei genitori e non surrogati da paternità e maternità surrettizie».

 

La concordia e la pace sintesi di una politica intelligente e previdente.

«Grande vigilanza per salvare la concordia e la pace – ha sottolineato l’arcivescovo avviandosi alla conclusione – è necessaria nella vita sociale e politica; soprattutto per perseguire il bene comune, che è il bene di tutti. La concordia è lo stile di una politica alta, che guarda al futuro di una città e sa riconoscere le istanze costruttive provenienti da qualsiasi parte. La concordia e la pace sono la sintesi di una politica intelligente e previdente, capace di aprire direzioni nuove senza rassegnarsi ad un amaro declino. Sono la pace e la concordia che, nel rispetto di ogni persona, rivelano lo stato di salute di una città, che voglia chiamarsi comunità civile e soprattutto comunità cristiana. Perché anche oggi ci sia pace e concordia nella nostra città di Perugia, sant’Ercolano, attraverso il suo ultimo successore, chiede di mettere alla porta “quell’uomo contro” che si nasconde dentro di noi, paludato di presunta intelligenza, perché critico nei confronti di tutti e di tutto; il vero nemico della pace e della concordia è “quell’uomo contro” il quale, invece di acquistare con gli anni la sapienza di un cuore misericordioso, comprensivo e magnanimo, lascia crescere la durezza dell’intolleranza del sospetto e del rifiuto dell’altro».